Il vecchio li scrutò a uno a uno, con calma, e sorrise del loro stupore. Poi, i suoi occhi vivaci si appuntarono in quelli lucidi di Nihal. «Avevo ragione a credere che ci saremmo rivisti» disse.
«Non sei cambiato, Megisto.» Nihal sorrise. «Io e i miei amici abbiamo bisogno di un ricovero.»
«La mia caverna è fin troppo grande per me. Sarò lieto di ospitarvi.»
Li condusse nella sua grotta e, per prima cosa, Sennar distese Nihal sul giaciglio del vecchio. La mezzelfo aveva la febbre alta e dormì un sonno agitato.
Megisto si diede da fare, scaldò l’acqua sul fuoco e radunò la paglia per i nuovi giacigli. Ovunque si muovesse, era seguito dal sinistro cigolio delle catene che portava alle caviglie e ai polsi.
Sennar lo osservava con stupore. Come può un uomo tanto vecchio muoversi così agilmente con tutto quel peso addosso? Infine distolse gli occhi dal loro ospite e provò a rendersi utile a Nihal in qualche modo, ma Laio lo scostò con gentilezza.
«Credo che sia un lavoro per me» disse con un sorriso.
Con occhio clinico, lo scudiero analizzò le condizioni di Nihal. Infine si rivolse a Megisto e gli chiese se aveva alcune erbe che Sennar non conosceva.
«No, ma so dove crescono. Ti ci accompagnerò, se vuoi» rispose il vecchio.
Laio assentì. Sennar dovette ammettere a malincuore che lo scudiero sembrava essere diventato padrone della situazione, molto più di lui.
«Resti tu qui con lei, vero?» chiese Laio.
«Certo» borbottò il mago.
Lui e Nihal rimasero soli nel silenzio della grotta. Sennar provò ad aiutarla con la sua magia, ma fu inutile.
D’un tratto, Nihal aprì gli occhi, gonfi e arrossati.
«Come ti senti?» chiese subito Sennar.
«Non permettere che diventi una di loro» mormorò lei.
«Cosa stai dicendo?» domandò il mago, benché avesse capito; anche lui non aveva potuto fare a meno di pensarci. Se Nihal fosse morta, sarebbe entrata a far parte delle schiere di fantasmi che combattevano per il Tiranno.
«Piuttosto di permettere che io diventi un fantasma, disperdi per sempre il mio spirito.»
«Non dire sciocchezze» esclamò Sennar.
«La tua magia potrà farlo, no? Devi trovare il modo di farmi morire per sempre...»
«Tu non morirai» disse Sennar, per convincere prima di tutto se stesso.
Ma Nihal era già sprofondata nel sonno.
In quel momento arrivarono Laio e Megisto, carichi di erbe di ogni tipo.
Laio si diede da fare. Fece una poltiglia con le erbe e la spalmò sulla spalla ferita di Nihal. La curò per buona parte della notte, fino a quando la fronte cessò di essere bollente e Nihal si assopì serena.
Megisto posò una mano sulla spalla di Sennar. «Credo che sia tempo che tu e il tuo amico vi riposiate.» Poi preparò una zuppa di castagne e diede loro del pane nero.
Mentre bevevano la zuppa, il mago non riusciva a smettere di osservare l’ospite. Appena arrivato, era troppo stanco e preoccupato per Nihal per pensare a quando aveva sentito quel nome, ma presto se n’era ricordato. Subito dopo il ritorno di Soana, Nihal gli aveva parlato di Megisto e della sua iniziazione alla magia proibita, a cui aveva fatto ricorso per sconfiggere Dola. Sennar squadrò il vecchio; era impossibile riconoscere in quel corpo martoriato dagli anni e dalle catene uno dei più crudeli luogotenenti del Tiranno.
La stanchezza li colse a tradimento non appena ebbero finito di cenare e si coricarono nei giacigli che Megisto aveva preparato per loro.
Sennar però non poteva dormire, continuava a pensare alle parole che Nihal aveva sussurrato nel delirio.
Cosa sono venuto a fare, se non posso aiutarla neppure in una situazione così semplice?
Adesso Sennar doveva ammettere di essere stato ingiusto con Laio. Aveva creduto che sarebbe stato un peso, invece per tutto il viaggio fino alla palude lo scudiero non si era mai lamentato, benché qualche volta, la sera, il mago lo avesse sorpreso a massaggiarsi la schiena dopo le lunghe ore sul dorso del drago. Lo aveva sempre guardato con scetticismo mentre trafficava con le sue erbe, eppure quegli impiastri dai colori improbabili si erano rivelati efficaci contro la febbre di Nihal.
Sennar tese l’orecchio per cogliere il respiro della mezzelfo. Era preoccupato per lei. Leggeva nei suoi occhi viola che avrebbe sacrificato tutto alla riuscita della missione e intuiva che dentro di lei si era riaperta una ferita che rischiava di risucchiarla verso il fondo. Gli sembrava che Nihal non fosse mai stata così distante da lui. Ripensò alle ultime parole che aveva detto a Ondine, in fondo al mare, e si maledisse perché non riusciva a tenere fede a quella promessa.
Il giorno successivo trascorse lentamente, mentre la neve calava sul bosco. Quando si erano svegliati, Megisto non era più lì, già prigioniero della pietra.
Aveva lasciato tazze di ambrosia e un po’ di pane. Dopo aver bevuto e mangiato, Sennar e Laio si alternarono accanto a Nihal.
Nel pomeriggio, mentre lo scudiero curava la mezzelfo, il mago rifletté sul seguito della missione.
La prossima pietra era quella della Terra del Mare, casa sua. Non poteva dire di conoscerla bene, da piccolo aveva visto solo i campi di battaglia, ma almeno si sarebbero mossi in una Terra che gli era familiare.
La sera Nihal era ancora assopita e sembrava che la febbre fosse diminuita. Megisto entrò nella grotta dopo il tramonto e portò formaggio e pane. Sennar accese il fuoco e i tre si sedettero a mangiare.
Il mago addentò il formaggio e lanciò un’occhiata a Nihal, che dormiva tranquilla, quindi si voltò verso Laio. «Le tue erbe hanno potuto dove la mia magia ha fallito» ammise.
Per poco a Laio non cadde il pane di mano. Il suo sguardo si ravvivò di una luce orgogliosa e Sennar non poté fare a meno di sorridere.
La mattina del terzo giorno della permanenza da Megisto, Nihal aprì gli occhi. Accanto a lei c’era Sennar, mezzo assopito.
«Ci siamo svegliati, finalmente» disse il mago.
Nihal alzò a fatica la testa dal giaciglio. «Da quanto tempo siamo qui? Dobbiamo rimetterci in marcia, non c’è...»
Sennar la interruppe. «Laio non ha permesso che tu morissi, a quanto pare. Non vorrai rendere inutili le sue fatiche.»
Nihal lasciò ricadere la testa. «Sono affamata» disse.
«Appena Laio sarà qui mangeremo.»
Lo scudiero arrivò presto, con qualche bacca e un po’ di noci che aveva trovato nel bosco. Quando vide che Nihal era sveglia, le si gettò al collo, dimenticandosi della ferita. A Nihal sfuggì un gemito. «Oh, scusa, scusa» disse goffo Laio, mentre si staccava da lei, le guance rosse per l’imbarazzo.
Quel pomeriggio, quando rimase sola con Sennar, Nihal iniziò a scalpitare. Disse che stava bene, che avevano perso fin troppo tempo e che era giunta l’ora di ripartire.
«È presto, lo sai anche tu» provò a dissuaderla il mago. «Se ti metti in viaggio adesso, fra pochi giorni starai di nuovo male.»
«La guerra non aspetta i miei comodi. Non posso permettermi di perdere altro tempo» rispose Nihal.
«Non ti sto dicendo questo.»
«È inevitabile, se resto qui.»
«Andrò io al posto tuo.»
Nihal tacque e lo guardò. «Non puoi farlo, e lo sai. Solo io posso indossare il talismano e toccare le pietre.»
«Sono un mago. Non ho più il mio medaglione, ma resto sempre un consigliere.»
«Non capisco come...»
Sennar si voltò. Non poteva guardarla, temeva che lei avrebbe letto la menzogna nei suoi occhi. «Conosco centinaia di incantesimi che sono in grado di sigillare enormi poteri, uno di questi riuscirà di certo a isolare il talismano, almeno per un po’, in modo che io possa portarlo con me.»
«Ma il guardiano...»
«Quando mi vedrà con il talismano, non avrà nulla da obiettare.»
«Non sai dov’è il santuario...» protestò Nihal.
«Me lo indicherai tu.»
Sennar tacque. Un silenzio carico di dubbi avvolse la caverna.