«È pericoloso. Non voglio.»
Sennar si inginocchiò accanto a Nihal e le prese le mani. «Non ti permetterò di andartene da qui prima che la tua spalla sia del tutto guarita.» Si sforzò di sorridere. «Cosa vuoi che sia entrare in un santuario, per uno che è sceso nel Mondo Sommerso?»
Lei non ricambiò il sorriso. «Sembra un ricatto...»
«Cerco solo di aiutarti.»
Nihal rimase in silenzio e Sennar le strinse le mani con più forza. «Giurami che non rischierai più del dovuto, giurami che se l’incantesimo non funziona tornerai da me» disse lei alla fine.
Sennar deglutì. «Te lo prometto.» Poi si alzò. «Forza, controlliamo questo amuleto e vediamo dove dovrò andare» disse, sforzandosi di sembrare allegro.
Nihal esitò qualche istante, poi prese il medaglione.
Sennar la vide chiudere gli occhi e concentrarsi. Quando la mezzelfo parlò, la sua voce era strana, come se provenisse da un abisso. «Nel mare, dove la roccia abbraccia le onde e le onde consumano la roccia. Ci sono alti spruzzi di schiuma e vento, un forte vento che ulula tra le feritoie. La costa. Due ombre nere che si stagliano a pochi passi. Due torri. No, due alte figure, due guglie.» Nihal riaprì gli occhi.
«È tutto?» chiese Sennar deluso.
«Sì, non ho visto altro.»
Sennar sospirò. «Non sai indicarmi una direzione?»
Nihal chiuse di nuovo gli occhi, ma Sennar vide le sue guance arrossarsi per lo sforzo e la interruppe. «Lascia stare se sei stanca» disse.
Nihal aprì gli occhi. «Devi seguire il corso del sole, mentre sorge.»
«A est...»
«Quella parola, "guglie", ce l’ho stampata in mente. Credo che sia importante» aggiunse Nihal.
«Me ne ricorderò.» Sennar si alzò. «Vado a cercare delle erbe nel bosco» disse.
Uscì a passo deciso dalla grotta, come se volesse allontanarsi dalla menzogna che aveva raccontato a Nihal e dall’enormità della decisione che aveva preso.
Sennar rimase a lungo davanti alla pietra, nel freddo pungente del tramonto. Aveva bisogno di parlare con Megisto, da solo.
Mentre aspettava che scendesse la notte, ripensava all’amuleto. Aveva mentito a Nihal, non conosceva un incantesimo che potesse sigillarlo.
A poco a poco, la pietra riprese vita. Megisto non parve stupito di vedere Sennar. «Devi parlarmi?» chiese, nel tono di chi conosceva già la risposta.
Sennar annuì, poi ripeté tutto d’un fiato quello che aveva detto a Nihal.
Megisto ascoltò con attenzione. Quando Sennar ebbe terminato, restò in silenzio. «Non esiste alcuna magia, né proibita né del Consiglio, che possa intrappolare un tale potere» disse poi.
Sennar abbassò lo sguardo. Avrebbe dovuto immaginare che non poteva mentire a quel vecchio. «Ma posso rallentarne gli effetti, e se rinnovo la formula di continuo...»
«È molto rischioso» tagliò corto Megisto.
Il mago cominciava a innervosirsi. Non erano quelle le parole che aveva bisogno di sentire. «Vuoi ospitarla mentre non ci sarò o no?»
«Tu vuoi che la rassicuri, che copra il tuo inganno, che le dica che non ci sono rischi.»
Mi guarda nell’animo, scruta cosa penso... «Sì» ammise Sennar.
«Lo farò finché potrò» disse Megisto. «Ma sappi che non approvo.»
«Mi interessa solo che tu lo faccia. Non ho altra scelta.»
Megisto si alzò. «Fa’ attenzione, almeno.»
Sennar partì il giorno successivo, all’alba. Megisto era scomparso e loro tre erano rimasti soli.
Il mago aveva preparato tutto. Aveva infilato i suoi pochi effetti in una sacca e aveva disposto a terra una serie di striscioline ottenute da foglie lunghe e fibrose, di un verde stinto. Su ciascuna, in azzurro, era vergata una runa. L’incantesimo di confinamento più potente che conoscesse.
«Dammi l’amuleto» disse a Nihal.
La mezzelfo allungò la mano. Nell’istante in cui le dita di Sennar sfiorarono il medaglione, la pietra della Terra dell’Acqua cominciò a oscurarsi e il mago sentì le sue forze scemare. Nascose il talismano nel pugno e cercò di non lasciar trapelare la sua debolezza. Poi si girò e pose il medaglione sulle foglie. Non appena lasciò la presa, la pietra tornò del suo colore naturale.
Sennar avvolse l’amuleto nelle foglie e recitò una cantilena. Quindi lo prese in mano e con un sorriso lo mostrò a Nihal. «Come vedi, adesso è innocuo.»
Nihal non cambiò espressione. «Ripensaci. In due giorni credo di potermi rimettere in piedi.»
Sennar si gettò la sacca da viaggio sulle spalle. «Quando avrò recuperato la pietra, vi chiamerò e vi dirò dove mi trovo. Non temere, andrà tutto per il meglio» disse.
«Sta’ attento» gli raccomandò Laio mentre si salutavano.
Nihal si sporse dal giaciglio e lo abbracciò. Lo baciò sulla guancia e prima di staccarsi gli sussurrò all’orecchio: «Non morire».
Sennar si voltò e si incamminò per la sua strada.
4
Sennar nella Terra del Mare
Dopo aver camminato per quattro giorni sotto la neve, Sennar entrò nella sua Terra e si ritrovò nel Bosco Marino, dove l’odore acre del mare gli riportò alla mente i ricordi della sua infanzia.
Fu il quinto giorno di marcia che si rese conto di quanto fosse grande la menzogna raccontata a Nihal. Nel tirare fuori parte delle provviste, vide uno strano fumo alzarsi dalla tasca. Vi infilò una mano ed estrasse il talismano. Il medaglione aveva iniziato a corrodere le foglie e adesso parte della pietra della Terra dell’Acqua era visibile. Il mago sentì che le sue energie venivano risucchiate verso l’amuleto e di nuovo la pietra si fece torbida e minacciosa.
Sennar non perse tempo. Gettò a terra il medaglione e preparò nuove foglie. Quando ebbe riavvolto il talismano si rimise in marcia.
Nel giro di un giorno e mezzo raggiunse Laia, il villaggio dov’era nata sua madre e che lui non aveva mai visto. Ai suoi occhi si presentò un borgo che gli ricordò il paese in cui aveva trascorso i primi anni della sua vita: piccolo e raccolto, impregnato dell’odore pungente della salsedine. In giro non c’era un’anima e le finestre delle case erano sbarrate.
Il paese si affacciava su una delle affascinanti stranezze di quella Terra: il Piccolo Mare. In corrispondenza di uno dei due grandi golfi che costeggiavano la penisola centrale, il golfo di Barahar, per una rientranza della costa le acque si insinuavano nell’entroterra e si allargavano a formare un piccolo mare interno. Sembrava un vasto lago salato e profumato d’oceano.
Il mago vi giunse di pomeriggio, sotto un cielo grigio che si rispecchiava nelle acque argentate del Piccolo Mare. Minacciava tempesta e si era alzato un forte vento.
Per quella sera Sennar trovò rifugio in una piccola locanda, un edificio in legno e pietra che si protendeva nel mare. Il posto era misero e dimesso, nient’altro che un salone tondo con qualche rozza panca, ma la birra era buona e a buon mercato. Mentre si godeva la vista notturna del Piccolo Mare, con la neve che scendeva lenta sullo specchio d’acqua, Sennar rifletté sulla direzione da prendere. Nihal aveva detto a est, quindi forse il santuario si trovava dall’altra parte della penisola. Doveva raggiungere al più presto la costa e il modo più diretto era recarsi a Barahar, il porto più grande della Terra del Mare. Una volta lì, avrebbe costeggiato il litorale e iniziato a sperare.
Il giorno seguente si alzò di buon mattino e incontrò la locandiera, un donnone rubicondo, con la pelle lucida per il sudore e il seno che erompeva dalla camicia, intenta a lucidare bicchieri con una tale foga che Sennar si domandò come fosse possibile che non si infrangessero. Le chiese subito se conosceva un luogo chiamato "guglie".
«Mi pare di aver sentito parlare di qualcosa del genere, una specie di scoglio» disse lei pensierosa.
«Dove?»
La locandiera scosse la testa. «Non ne ho idea, mi spiace. Non credo che sia da queste parti.»
Sennar riprese il viaggio. Le ultime case di Laia sparirono alle spalle del mago e davanti a lui si dispiegò la vasta pianura innevata che univa il Piccolo Mare alla costa.