Reis tremava, era inquieta. Nella sua ansia di ferire Ido, si era evidentemente spinta troppo in là.
Lo gnomo ancora non riusciva a credere a ciò che aveva appena sentito. Erano troppe le cose che non gli tornavano nel racconto di quella vecchia. «Qual era il destino di cui hai parlato a Soana?» chiese. «Cosa voleva da te il Tiranno?»
«Nulla» tagliò corto Reis.
«Eppure ti fece condurre alla Rocca scortata da un suo Cavaliere...»
«Non ha niente a che fare con la tua ricerca, non ti riguarda.»
«Sei stata sua prigioniera?» insistette Ido.
«Per poco. Fuggii.»
«Non si scappa dalle segrete della Rocca. Quello è un luogo di morte.»
Reis roteò i suoi occhi biancastri, come a cercare una via di fuga.
«Cos’hai visto alla Rocca? Perché non ne vuoi parlare?» quasi urlò Ido. D’istinto, portò la mano all’elsa della spada. Se quella megera sapeva qualcosa del Tiranno, lui non sarebbe uscito da lì senza averlo sentito.
«Non osare minacciarmi!» strillò la vecchia.
Ido sguainò l’arma. «Che cosa sai del Tiranno?» chiese scandendo le parole e in un tono più calmo, questa volta. Reis non gli rispose. Lui allora rinfoderò l’arma e si diresse a passi tranquilli verso l’uscita. Era quasi giunto alla porta, quando si voltò. «Farò convocare il Consiglio domani stesso. Non lascerò il destino del Mondo Emerso nelle mani di una traditrice.»
Con sommo stupore di Ido, la vecchia iniziò a piangere. «Perché vuoi costringermi a rivangare ciò che ho sepolto a fondo nel mio cuore? Perché vuoi conoscere la mia colpa?»
Reis singhiozzava, ma Ido non aveva pietà di lei. Sentiva qualcosa di oscuro promanare da quella vecchia, qualcosa di sordido, l’odio di cui Soana gli aveva raccontato.
«Parla» intimò, mentre tornava verso il tavolo.
Reis lo fissò con gli occhi arrossati dal pianto. «Nel mio passato si distende una lunga ombra, che come un male assassino ha succhiato via la mia gioia.»
Si alzò e prese alcune erbe da un barattolo. Tornò a sedersi, con un gesto della mano accese un fuocherello azzurro nel braciere e vi gettò le erbe. Si levò un fumo denso e bluastro, che Reis governava con gesti calmi delle mani.
Il volto di una giovane venne disegnandosi nel fumo. I contorni erano confusi, ma appariva di una bellezza accecante. Era uno gnomo. Solo dopo qualche istante Ido capì che doveva trattarsi di Reis e fissò sconcertato la vecchia distrutta dagli anni che aveva di fronte.
«Non sono sempre stata come mi vedi ora» disse infatti la maga. «Un tempo il mio aspetto era ben diverso. Fu allora che conobbi Aster. Era un giovane bellissimo e sembrava dedito a tutto ciò che è bene. Era consigliere, come mio padre, e io mi innamorai perdutamente della sua fulgida bellezza. Nella mia ingenuità, credetti che anche lui mi amasse e gli donai il mio cuore. Tutto quello che volevo era compiacerlo, vederlo realizzare i suoi sogni. Impetrai quindi per lui presso mio padre, lo aiutai nella sua ascesa. Ci misi molto a capire. Troppo. E quando accadde era già tardi.»
Ido sentì lo stomaco contrarsi. Non voleva credere a ciò che la ragione gli suggeriva. «Troppo tardi per cosa? Chi è Aster?»
«Aster non esiste più» rispose la vecchia con un sussurro. «Ora esiste solo il Tiranno.»
Ido restò immobile al suo posto, muto.
«Fu mio padre, infine, ad aprirmi gli occhi» proseguì Reis. «Vidi quanto orrore fosse celato sotto il velo della sua pelle diafana, vidi che il suo aspetto angelico celava le sembianze di un mostro. Mio padre piegò il mio cuore restio con le sue parole e mi sottrasse a quel giogo. Quando seppi la verità, quando capii che ero stata ingannata, usata al servizio del male, rinnegai Aster e gli gettai in faccia il mio odio, perché nulla di sincero c’era nel suo amore, perché si era servito di me per costruire il suo potere. Ero stata così stolta e ingenua da cadere nella sua trappola, da credere alle sue lusinghe e ai suoi abbracci. Essergli sfuggita, aver rifiutato quell’amore impuro, non bastò a scacciare dalla mia anima il rimorso che mi lacerava giorno dopo giorno, che mi faceva odiare la mia bellezza, la stessa bellezza che mi aveva esaltata agli occhi di quell’uomo.»
Il fumo si dissolse, mentre le lacrime scendevano lungo le gote avvizzite della vecchia. Stordito da quelle rivelazioni, Ido attese che la storia giungesse al termine.
«Il mostro non mi dimenticò. Mi fece catturare e mi condusse alla Rocca.»
La sagoma imponente della Rocca si stagliò nel fumo e sembrò inghiottire ogni altra immagine.
«Mi trascinarono in catene da lui. Ora che non aveva più bisogno di me per stendere le sue avide mani sul mondo, reclamava per sé la mia bellezza, il mio corpo. Allora iniziai l’opera che ora vedi davanti ai tuoi occhi. La mia bellezza scomparve, perché quello fu il mio desiderio più profondo. Lentamente iniziai a invecchiare: le rughe deturparono il mio volto, la pelle si fece grinzosa e mi si afflosciò addosso come un abito vecchio, i capelli ingrigirono. Più invecchiavo, più ero brutta, più gioivo.» Reis si portò una mano al volto e scoppiò in un’aspra risata, gli occhi accesi da una sorta di furore. «Egli mi odiò per quel che feci e tentò con la sua magia di farmi tornare quella di un tempo, ma non poté nulla contro il mio desiderio. Sapeva bene, il Mostro, che non poteva lasciarmi andare, e mi trattenne con la forza presso di lui. Marcii a lungo nelle segrete del suo palazzo, ma riuscii a fuggire, perché anche il Tiranno non può nulla contro la negligenza di una sentinella. Fu allora che mi misi sulle tracce del passato di Sheireen e trovai il talismano.» Reis alzò i suoi occhi vecchi e folli su Ido. «Quando il Tiranno cadrà, sarà per mano mia. Io sola sarò la responsabile della sua rovina» concluse.
Lo gnomo la guardò a lungo, con disprezzo, e sentì un brivido. Aver conosciuto la storia di quella vecchia gettava un’ombra inquietante sulla missione di Nihal. Inoltre, c’era qualcosa che non quadrava, Reis non gli aveva raccontato tutta la verità. Non si sfugge alla Rocca, e se quell’essere debole e avvizzito c’era riuscito, era perché il Tiranno l’aveva permesso. Ma per quale ragione?
«Terrai tutto questo per te» disse la vecchia in tono cupo. «Ciò che ti ho raccontato non uscirà da queste mura.»
«Ovviamente» ribatté lo gnomo, ma le sue intenzioni erano assai diverse.
Quella notte, a Makrat, Ido fu meno concentrato del solito durante l’addestramento. Continuava a rimuginare sulle parole di Reis, sulla storia del giovane consigliere traviato dal male, e non riusciva a smettere di pensare a Debar. Era una sua creatura, per certi versi; Ido aveva insegnato molto a quel giovane abile e dall’aria simpatica. Ora finalmente si spiegava perché il modo di combattere del Cavaliere fosse tanto simile al suo e più ci pensava, più si sentiva soffocare dalla rabbia.
Deinoforo aveva compiuto esattamente il percorso contrario al suo e questo li rendeva stranamente affini. C’era qualcosa che li legava, che li riconduceva di continuo l’uno all’altro. Aver combattuto insieme, aver compiuto scelte diametralmente opposte, essere entrambi mutilati. Forse era questa la spiegazione della sua ossessione per quell’uomo.
Arrivò un colpo inatteso. Lo gnomo perse l’equilibrio e cadde.
«Non sei il solito» disse Parsel mentre lo aiutava a rialzarsi. «Cosa diavolo hai in testa oggi?»
Lo gnomo scosse il capo. «Niente, pensieri.»
Ido si confidò con Soana e le raccontò la storia di Reis. La maga lo ascoltò con attenzione, ma senza tradire alcuna sorpresa. «Lo sapevi?» chiese lo gnomo.
«No, ma lo immaginavo. Mi sembrava strano quell’odio così feroce verso il Tiranno. Tutti noi lo detestiamo, ma non con la sua pervicacia. E non riuscivo neppure a spiegarmi l’aspetto decrepito di Reis: deve avere al massimo dieci o vent’anni più di te.»
Ido provò un brivido di repulsione. «Non so se possiamo fidarci di lei... è stata pur sempre la sua amante» disse. «E questa storia che è fuggita dalle segrete... non si scappa dalla Rocca, è impossibile. Il Tiranno deve averla lasciata andare. Ma perché?»