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Con un cenno chiamò Nihal e la mezzelfo avanzò verso di lui.

«Te la sei meritata» disse Tareph. «Ricorda questa battaglia, quando sarai davanti al Tiranno, perché egli allora avrà in pugno qualcosa in grado di soggiogarti. Ma tu, per la salvezza tua, di chi ami e della gente di questo mondo, dovrai essere fredda e compiere il tuo dovere.» Le mise in mano la pietra e Nihal la guardò.

«Be’?» chiese il guardiano. «Non avevi fretta? Il tuo amico ti aspetta, circondato dai nemici e allo stremo delle forze, a due miglia da qui. La mia pietra ti ci condurrà.»

Nihal lo guardò con riconoscenza.

«Fai quel che devi» disse lui con un sorriso, il primo senza malizia.

Nihal recitò le parole rituali e pose la settima pietra nel suo alveo. Tutto quel che c’era intorno a lei vorticò e del santuario non restò che la nuda roccia. Avrebbe potuto credere di aver sognato, se non fosse stato per la pietra, che brillava al suo posto insieme alle altre.

Iniziò a correre più rapida che poté, mentre l’amuleto le indicava con chiarezza la via da seguire.

Sennar stava svolgendo bene il suo compito. Non appena Nihal era corsa via, aveva iniziato a lanciare lampi colorati, blande magie offensive per attirare i nemici sviandoli dalla mezzelfo.

D’un tratto, gli alberi intorno al mago si erano spaccati con uno schianto e ne erano emersi altri fammin, almeno una decina.

Troppi per lui.

Ne pietrificò quanti più poteva con un incantesimo ed evocò una barriera per imprigionarne altri, infine si dedicò ai nemici rimasti. Tre fammin, troppi comunque, ma forse poteva farcela.

Combatté con la spada, difendendosi al contempo con una barriera magica e cercando di lanciare qualche incantesimo offensivo. Non era facile recitare più formule contemporaneamente e presto sentì che le forze lo abbandonavano.

Cancellò dalla sua mente ogni pensiero estraneo alla battaglia e non vi furono più né rimorso né dolore, nemmeno la furia delle prime battute del combattimento. Riuscì ad abbattere un avversario. Ne restavano due. La barriera intorno ai fammin iniziò a dare cenni di cedimento. Fu allora che un lampo verdognolo rischiarò il buio e abbatté uno dei nemici davanti a lui.

«Sennar!»

Il mago si voltò ed ebbe appena il tempo di vedere Nihal che avanzava con la spada in pugno, prima di cadere a terra, esausto. Sentì il rumore di spade che cozzavano, il suono della lama che penetrava la carne, infine un tonfo.

«Dobbiamo scappare. Ce la fai a correre?»

Sennar si limitò ad annuire. Nihal gli passò un braccio intorno alla schiena e lo aiutò ad alzarsi.

«Ti hanno vista, non possiamo lasciarli in vita» disse Sennar, mentre si sollevava da terra.

In quel momento la barriera si infranse e i fammin che fino a quel momento vi erano confinati si sparsero intorno a loro urlando.

Nihal sollevò il mago di peso e i due cominciarono a correre a capofitto tra gli alberi.

Sentivano i nemici alle calcagna e iniziarono a piovere frecce. Sennar provò ad alzare una barriera, ma le sue forze magiche erano quasi del tutto esaurite.

Procedevano a zigzag, inciampando e rialzandosi. Si imposero di continuare anche se le gambe non riuscivano più a sostenerli, ma il vantaggio che avevano sui nemici diminuiva a ogni passo. A un tratto, Nihal sentì il corpo di Sennar contrarsi e accasciarsi con un mugolio di dolore.

Si voltò di scatto e inorridì. Nella gamba del mago era conficcata una lancia che l’aveva trapassata da parte a parte. Il sangue che usciva dalla ferita si sparse sulla roccia in mille rivoli, mentre Sennar si ripiegava su se stesso.

Nihal lo sollevò da terra e lo costrinse a camminare. «Coraggio! Dobbiamo andare!» urlò, mentre le lacrime iniziavano a rigarle il volto.

Una smorfia di dolore si disegnò sul volto di Sennar e il mago cadde di nuovo a terra. «Lasciami qui...» mormorò.

Nihal si voltò e vide le figure dei nemici stagliarsi a poca distanza da loro. C’era un’ultima speranza: l’Incantesimo del Volare. Non l’aveva mai provato, ma ora non aveva altra scelta.

Chiuse gli occhi e recitò la formula che aveva sentito pronunciare da Sennar, mentre cercava di pensare a un posto nelle vicinanze dove potessero rifugiarsi. Le venne in mente solo il santuario. Non era lontano e forse era un luogo sicuro. Si concentrò intensamente e chiese aiuto al potere del talismano. Un istante dopo, scomparvero dalla vista dei loro nemici.

33

LA VERITÀ

Nihal non sentiva altro che il respiro affannoso di Sennar. Il resto era silenzio. Rimase per un po’ a occhi chiusi, perché aveva il terrore che se li avesse aperti avrebbe visto la loro fine: i fammin che li circondavano, gli gnomi con le spade puntate.

Quando alla fine li aprì si accorse che erano innanzi al tunnel che conduceva al santuario. Non ebbe il tempo di gioire, perché vide Sennar a terra, con una mano sulla lancia conficcata nella gamba, e capì che non c’era un minuto da perdere.

«Avanti! Qui saremo al sicuro, è il santuario» disse mentre lo sollevava.

Il mago trattenne un urlo di dolore e si sforzò di sorridere. «Sei diventata una maga provetta» mormorò.

Nihal non rispose e lo aiutò a entrare. Prima di seguirlo, spezzò alcuni rami dagli alberi e camuffò l’ingresso, nella malaugurata ipotesi che i nemici passassero da quelle parti. Quindi estrasse l’amuleto dal corpetto e lo usò per fare luce mentre avanzavano.

Sennar soffriva molto più di quanto desse a vedere. Nihal lo sosteneva e lo incoraggiava, ma il mago aveva il terribile sospetto che la sua ferita non potesse essere curata. Come quella di Laio. Forse era giunto al termine del suo viaggio.

«Hai preso la pietra?» le chiese con voce affannata.

La mezzelfo annuì.

«È stato difficile?»

«Smettila di parlare, sei ferito.»

Sennar sentiva che l’aria iniziava a mancargli. «È una sciocchezza...» mentì.

I contorni delle cose si facevano sempre più sfumati e gli pareva che tutto intorno a lui scomparisse nell’oscurità. Stava morendo, ma non aveva paura. L’unico dolore era lasciare Nihal da sola, proprio ora che aveva più bisogno di lui. E senza aver mantenuto la promessa fatta a Ondine.

«Cerca di resistere, Sennar, la sala dove ho preso la pietra non è lontana» continuava a ripetere Nihal, ma anche la sua voce gli giungeva alle orecchie come un’eco distante.

Prima di morire, Laio aveva detto che gli sembrava di essere sul punto di addormentarsi. Era vero, era come assopirsi, persino il dolore taceva. Le percezioni sfumavano nel nulla, la consapevolezza di sé si allontanava.

«Ecco, manca davvero poco, manca pochissimo. Ti curerò subito, vedrai che presto ti sentirai meglio» lo incoraggiò Nihal.

Sennar non riusciva più a risponderle. La sentì singhiozzare e si accorse che lo stringeva con più forza. «Non piangere...» mormorò dall’abisso in cui stava scivolando.

«Ci siamo!» urlò lei quando sbucarono nella sala. Era illuminata solo dall’amuleto e quella tenue luce non bastava. Nihal accese un piccolo fuoco magico, poi depose Sennar sull’altare e vide lo squarcio sulla sua gamba. Per prima cosa doveva svellere la lancia.

Gli appoggiò la mano sul collo e tirò un sospiro di sollievo quando percepì il battito del cuore. Non era troppo tardi. Sennar respirava a fatica e la sua fronte era imperlata di un sudore gelido.

«Non sono granché come maga, ma questa ferita posso curarla facilmente» gli mormorò all’orecchio, mentre pregava le potenze che abitavano quel luogo di darle la forza di guarirla.

Sennar aprì gli occhi. Non si appuntarono su di lei, sembravano inseguire un sogno lontano, figure fuggevoli. «Ho fatto una promessa...» iniziò.

«Sta’ zitto, non parlare, penso a tutto io» lo interruppe Nihal, premendogli un dito sulle labbra.