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«... mentre ero nel ventre del mare ho fatto una promessa...»

Nihal studiò la lancia, per cercare il modo di estrarla dalla gamba senza far troppo male a Sennar.

Non appena la sfiorò, il mago lanciò un urlo di dolore.

«... ho promesso che ti avrei amata...»

Nihal si bloccò e avvicinò il capo al volto di Sennar.

«... perché ti ho amata sempre e tu non lo sai...»

«Non dirlo...»

«... ti ho amata da quando ti ho vinto il pugnale sulla terrazza di Salazar, e ora muoio...»

«Non morirai, non dirlo nemmeno per scherzo!» esclamò lei, ma Sennar aveva chiuso gli occhi.

Nihal si fece coraggio, afferrò saldamente la lancia e la estrasse dalla ferita. L’urlo di Sennar fendette il vuoto della sala.

La mezzelfo iniziò a recitare la formula di guarigione più potente che conoscesse. Sennar ora respirava appena. Quando gli pose di nuovo la mano sul collo, sentì che il battito era lento e debole. Proseguì imperterrita.

Nihal non si arrese e continuò a recitare incantesimi per tutta la notte, uno di seguito all’altro, tentando persino magie che non aveva mai provato ma che aveva sentito formulare da Sennar. Non si concesse un attimo di tregua e non si lasciò scoraggiare dal fatto che la ferita non dava segni di miglioramento. Per la prima volta in vita sua, lottò con tutta l’anima e con tutto il coraggio di cui era capace.

A poco a poco, il sangue si fermò e si rapprese sullo squarcio, e il respiro di Sennar si fece più lento e regolare. La mattina, il mago aveva ripreso un po’ di colore e sembrava che il dolore fosse diminuito. Nihal si fermò e si asciugò il sudore dalla fronte. Era sfinita, ma Sennar stava meglio, forse la sua battaglia non era stata inutile.

La mezzelfo si avventurò fuori dal santuario per cercare qualche pianta medicinale. Ricordava l’aspetto di alcune di quelle che Laio aveva usato per lei, quando era stata ferita alla spalla, e le cercò ovunque. Si mosse furtiva e ne trovò un paio; erano un po’ avvizzite, ma meglio che niente. Incontrò persino un rivoletto d’acqua. Era fangosa, ma Nihal non ci fece caso e riempì la fiasca che aveva con sé.

Quando fece ritorno e vide che le frasche all’ingresso del santuario erano ancora come le aveva lasciate, trasse un sospiro di sollievo. Nessuno aveva scoperto Sennar.

Il mago giaceva sull’altare. Il suo respiro era tornato normale e il battito del cuore era forte e regolare. Nihal guardò la gamba. La lancia aveva rotto l’osso e Sennar aveva perso molto sangue, ma la ferita non sembrava mortale.

Nihal accese un piccolo fuoco e lo usò per riscaldare l’acqua. Quindi fece un impacco con le erbe che aveva trovato e lo applicò sulla ferita. Sennar sospirò di sollievo.

Continuò a curarlo finché si accorse che il mago si era addormentato. Solo allora si concesse anche lei un po’ di riposo e sognò di lui e della loro infanzia a Salazar.

Fu svegliata da un rumore di passi sopra la sua testa. Trasalì e sguainò la spada. I passi però proseguirono oltre e lei si tranquillizzò. Fu allora che alzò lo sguardo verso l’altare e vide che Sennar aveva gli occhi aperti. Balzò in piedi. «Sennar!» urlò.

Il mago si voltò verso di lei e le sorrise debolmente.

Nihal corse da lui e lo abbracciò. «Ho avuto paura che morissi...»

«Anch’io» ammise Sennar.

Nihal lo curò senza sosta per il resto della giornata. Sennar si sentiva molto debole, però la gamba non gli faceva male, era come addormentata. Quando guardò la ferita, scoprì che era un brutto taglio, ma convenne con Nihal che non era mortale.

«Sei stata davvero brava» le disse con un sorriso. «La tua strada è quella della magia, altro che spade.»

Lei rise, senza smettere di recitare l’incantesimo di guarigione.

Dunque, pensò il mago, la sua ora non era ancora arrivata. Non ricordava cosa fosse avvenuto da quando Nihal lo aveva trascinato nel santuario; rammentava solo di essersi sentito male e di avere creduto di essere sul punto di morire.

La serata trascorse tranquilla. Mangiarono, parlarono e risero, inebriati dallo scampato pericolo.

Fu la mattina del terzo giorno di permanenza al santuario che Sennar, all’improvviso, ricordò. Dopo anni di dedizione e amore silenziosi, durante i quali aveva rinunciato a ogni speranza di poter essere ricambiato, aveva trovato il coraggio di fare quella confessione. Aveva mantenuto la promessa con la quale si era congedato da Ondine, ma l’aveva fatto solo perché pensava che sarebbe morto. Si sentì un idiota, avrebbe voluto che esistesse un incantesimo per tornare indietro nel tempo, in modo da poter cancellare quella patetica confessione.

Per tutto il giorno quel pensiero lo tormentò, mentre Nihal lo curava, mentre mangiavano, mentre chiacchieravano. La sera infine, davanti al fuoco che illuminava la sala con i suoi bagliori, Sennar decise di parlare. Stava meglio e credeva di essere pronto per sostenere qualsiasi tipo di emozione, per sentirsi dire che era un grande amico, ma che nessuno nel cuore di Nihal avrebbe potuto sostituire Fen.

«Riguardo a quel che è accaduto il giorno che sono stato ferito...» iniziò Sennar sfruttando un momento di silenzio, ma gli mancò subito il coraggio, perché vide Nihal avvampare. «Ecco... io volevo solo... chiarire...» Tacque di nuovo.

Nihal non lo guardava.

«Quando ti ho detto che... insomma, quando ti ho detto... quella cosa... io deliravo» disse infine. «Sì, non sapevo quello che dicevo... ero intontito... scusami. Dimentica quelle parole» concluse, e guardò il fuoco.

Quando alzò gli occhi, Nihal era davanti a lui, vicinissima.

«Mi premevano dentro da tanto tempo» confessò allora lui, mentre vedeva una lacrima scendere sulla guancia di Nihal. «Da quando ci siamo conosciuti, credo. Ma non avrei mai dovuto dirtelo, e meno che mai in quel momento. Scusami. Fai come se nulla fosse.»

Il volto di Nihal sfiorava il suo, i capelli blu lambivano la sua fronte. Sennar abbassò gli occhi.

«Guardami» mormorò lei.

Sennar lo fece. Nihal si avvicinò ancora di più e appoggiò le labbra sulle sue. Rimase così per qualche secondo, poi si scostò.

«Anch’io ti voglio bene, e ti voglio per me» disse lei.

Sennar le prese la testa fra le mani e la baciò. Gli parve di fondersi con lei, dopo averlo desiderato per tanto tempo.

Quando aveva accostato le labbra a quelle di Sennar, Nihal era tornata con il pensiero all’unico bacio che aveva dato in vita sua, a Fen, nel santuario di Thoolan. Ma con Sennar era diverso, era reale.

Ciò che le stava accadendo era nuovo e sconosciuto, eppure antico e noto allo stesso tempo. Nihal sapeva esattamente cosa fare, come se il tocco delle labbra di Sennar avesse risvegliato qualcosa che covava in lei da molto tempo. Poteva essere solo Sennar, ora ne aveva la certezza. Non seppe come, ma si ritrovò anche lei sull’altare, stesa al fianco del mago, mentre continuavano a baciarsi. Lo sentì lamentarsi debolmente e si ricordò della sua gamba ferita.

«Perdonami, io...» iniziò.

«Va tutto bene» la interruppe lui, poi riprese a baciarla.

Fu allora che Nihal ricordò ciò che le aveva detto Aires a proposito della verità, quando le aveva chiesto come si fa a sapere di aver trovato la propria strada: A un tratto la sua verità mi si è imposta, con tanta forza che non potevo rifiutarla. Ora anche Nihal si sentiva così: la verità le si presentava in tutta la sua sorprendente chiarezza, e lei non poteva fare altro che accettarla. Adesso tutto le era chiaro, tutto aveva acquistato un senso: il viaggio, l’angoscia, la ricerca.

Sentiva le braccia di Sennar stringersi intorno ai suoi fianchi e capiva che poteva finalmente riposare in quell’abbraccio pieno di desiderio. Era come se il suo corpo non le appartenesse più; si sentiva diversa, quasi che una parte nascosta di lei d’un tratto fosse stata liberata. Sotto il tocco delle mani di Sennar la sua pelle rinasceva, il suo fisico si rimodellava. Sennar la stava richiamando alla vita; più le sue mani indugiavano su di lei, più Nihal sentiva che il ponte gettato con il suo intimo diveniva solido. E quando infine si vide nuda, capì che quella nudità era un dono, e che aveva valore perché a farglielo era lui.