Incredula, Nihal si avvicinò al tronco e scoprì qualcosa che prima non aveva notato. Su uno dei rami più bassi era appollaiato un piccolo essere luminoso. La mezzelfo aguzzò lo sguardo per cercare di capire di cosa si trattasse e quando lo riconobbe esultò. Finalmente un volto amico!
«Phos!» urlò e corse verso di lui.
Phos non si mosse dal suo posto, ma le rivolse un dolce sorriso. «Ben ritrovata Nihal» disse il folletto.
«Be’, non vieni a salutarmi?» protestò Nihal.
Era Phos, eppure non sembrava lui; era troppo serio per essere il suo amico folletto, troppo triste, troppo malinconico. Era sempre stato buffo, con le orecchie di lunghezza spropositata, i capelli verdi arruffati, le irrequiete ali iridescenti. In quel momento, invece, appariva maestoso e composto. Era Phos e al tempo stesso non lo era.
Il folletto restò al suo posto. «Ti attendevo, Sheireen» disse.
Nihal raggelò. Il talismano le brillava sul petto più che mai. «Come fai a...»
«Perché ti aspettavo, ovvio» rispose lui.
Nihal cominciava a capire. «Vuoi dire che...»
«Il tuo viaggio è finito, questa è l’ultima tappa, poi ti attende solo la battaglia definitiva.»
«Sei tu il guardiano?»
Phos annuì grave.
«Com’è possibile? Tu non sapevi neppure chi fossero i mezzelfi, non mi hai mai parlato dei santuari e...» Nihal si interruppe e lo guardò. «Perché non mi hai mai detto dei santuari?»
Phos incrociò le gambe e in quella posizione parve per un attimo il suo vecchio amico buffo e scanzonato; le sue parole però erano meste. «Per lungo tempo ho ignorato chi io fossi e quale fosse la mia missione. Mio padre è stato il guardiano della pietra di Mawas per lunghi secoli. Non sembra, ma noi folletti siamo molto longevi; io ero già nato quando l’ultimo dei pretendenti al potere venne qui a richiedere i servigi della pietra, più di mille anni fa. Ma egli non era puro e mio padre gliela negò. Difese la pietra strenuamente, fino alla morte, che gli fu inflitta da quell’elfo malvagio. Fu allora che mio padre mi parlò e mi disse parole che io non compresi: "Ti lascio in eredità qualcosa di grande e terribile, che ora dorme nel profondo di questa foresta. Tu veglierai su di esso e al momento giusto starà a te giudicare".
«Io gli chiesi come avrei fatto a vegliare su qualcosa che non sapevo neppure cosa fosse, e lui mi rispose che a tempo debito tutto mi sarebbe stato svelato. Fu così che divenni guardiano e capo dei folletti che qui avevano dimora. Vissi a lungo ignaro; neppure quando ti incontrai mi fu rivelata la verità. Quando però tu iniziasti la ricerca della pietre, qualcosa si svegliò in me e sentii le voci degli altri guardiani chiamarmi al mio dovere. Fu allora che conobbi Mawas. Tornai in questa Terra che avevo abbandonato per trovarla distrutta, ma non mi fermai e giunsi al santuario, dove ti ho attesa per tutto questo tempo.»
«Dove sono gli altri folletti di questa Terra, tutti i tuoi amici?» chiese Nihal.
Le orecchie di Phos si abbassarono e il suo volto si fece più triste. «Sono morti tutti.»
Nihal ripensò alle piccole creature svolazzanti che aveva condotto fuori dalla Terra del Vento, più di tre anni prima. Non poteva credere che non esistessero più.
«Per un po’ ci stabilimmo nella Terra del Sole» riprese a spiegare il folletto «all’epoca in cui noi due ci rivedemmo. Però, come ti dissi allora, i soldati ci decimavano, ci catturavano per usarci come spie. Per questo mi presentai al Consiglio. Nessuno mi ascoltò, fui deriso e allontanato. Tornai al mio villaggio, dalla mia gente, ma la strage continuava, senza che noi potessimo fare nulla. Li ho visti morire tutti, a uno a uno. I boschi dove vivevamo vennero distrutti, noi fummo braccati e scacciati. Alla fine rimasi soltanto io, nella solitudine della foresta dove ci eravamo stabiliti. Soltanto io.» Guardò lontano con un’espressione triste. «Non sapevo cosa fare, dopo che tutto era stato distrutto. Avrei potuto unirmi ad altri gruppi di folletti, ma immaginavo che anche a loro sarebbe toccata la stessa sorte. Fu allora che mi risvegliai e seppi chi ero, e viaggiai per giungere fin qui.»
«Mi dispiace...»
Phos sorrise ancora, un sorriso rassegnato. «È il destino di questo mondo: la distruzione.»
Nihal lo guardò. «No, non è così. Io sto viaggiando proprio perché tutto torni come prima. Insomma, la mia missione non serve a salvare questo mondo?»
«Quel che è andato distrutto non potrà tornare mai più» rispose Phos.
Sì, pensò Nihal, l’aveva sempre saputo. «Ma allora, perché sto facendo tutto questo?» chiese.
«Ciò che fai non serve a salvare qualcosa, o non l’avevi capito?» proseguì Phos imperturbabile. «Il nostro mondo si avvia al disfacimento. I mezzelfi non usciranno dalle loro tombe, i miei compagni non torneranno, la Foresta è stata distrutta e non basteranno magliaia di Padri della Foresta a restituirle il suo splendore. Occorre morire per rinascere.»
Nihal non capiva, si limitava a fissare Phos con uno sguardo interrogativo.
«È dalla morte del seme che nasce l’albero» spiegò il folletto «ed è dalle foglie morte che si innalza la nuova pianta. In natura tutto muore di continuo perché altro possa nascere. Questo mondo deve morire, perché dalle sue ceneri possa nascere qualcosa di diverso. Io faccio parte del vecchio mondo e con me questa foresta; non possiamo più vivere qui, perché tutto ciò a cui appartenevamo è scomparso.»
«Anch’io faccio parte del vecchio mondo, non ci sono più mezzelfi e molti di coloro che amavo sono scomparsi» ribatté Nihal.
Phos scosse la testa. «No, Nihal, tu sei un ponte gettato tra questo mondo morente e quello che nascerà. Tu porti con te, fra le tue mani, la chiave che può condurci alla rinascita. Nessuno è in grado di sapere se avrai la forza di schiudere le porte che ci separano dal futuro, però tu sola puoi farlo. Dalle macerie di cui è stato costellato il tuo cammino si leverà la fenice e una seconda opportunità sarà concessa agli esseri di questo mondo; starà a loro creare un’epoca di pace o una di guerra. Tu rechi con te questa possibilità, stai per dare a questa gente un nuovo inizio. Ecco qual è la tua missione. È un compito difficile, per il quale hai sofferto molto e ancora dovrai soffrire.»
Nihal non volle soffermarsi su quelle parole e le dimenticò in fretta, per non dover cogliere fino in fondo il loro significato. «Dov’è il santuario?» chiese.
«Innanzi ai tuoi occhi» disse Phos. Si sollevò in volo.
Nihal guardò l’albero e capì che era quello il santuario. Aveva percepito la sua potenza dal momento in cui aveva messo piede in quel luogo.
Phos si avvicinò al tronco e a un suo gesto il legno antico si dischiuse, per svelare una brillantissima pietra bianca celata all’interno.
«Nihal, quello che sto per chiederti di fare non ti piacerà, lo so, ma se tieni a mente ciò che ti ho appena detto capirai che non puoi evitarlo.»
Nihal lo guardò preoccupata.
«L’ultima pietra, Mawas, è davanti a te, nel Padre della Foresta. Essa è la sorgente delle Lacrime, come quella che ti diedi anni fa. È il cuore del Padre della Foresta, ciò che lo tiene in vita. Devi prenderla.»
«Ma se è il suo cuore e io glielo strappo, che ne sarà del Padre della Foresta?»
«Sottrarre la pietra per breve tempo non lo ucciderà, ma perché tu possa vivere, dopo avere recitato l’incantesimo contro il Tiranno dovrai infrangere il talismano. In quel momento tutte le pietre verranno distrutte, compresa Mawas. In quel momento il Padre della Foresta morirà.»
«E la Foresta?» chiese Nihal. «Assieme al Padre della Foresta, anche il bosco morirà e non potrà mai più riprendersi.»