«Quant’è che sei qui?» domandò il Tiranno.
Sennar non ne aveva idea. Per quel che ne sapeva, poteva essere chiuso lì dentro da un anno, o forse solo da un’ora.
«Te lo dico io: è quasi un mese. In tutto questo tempo non hai detto nulla. Non posso più attendere.»
Nella cella calò un silenzio minaccioso.
«Non so cosa ti spinga a ostinarti nel tuo silenzio» riprese il Tiranno. «Sinceramente è un atteggiamento che non capisco.»
«Non puoi capire cosa siano la lealtà e il sacrificio» disse Sennar.
«Non sottovalutarmi» ribatté il Tiranno. «Io ti conosco bene, ti ho capito, sai? Noi siamo molto simili.» Sennar sentì i suoi passi echeggiare nella cella. «Tu invece non mi conosci e credi che io voglia solo il potere, che sia questa la ragione che mi ha spinto ad agire. O magari per vendetta, per i torti che ho subito. Ma sbagli. Anch’io, prima di arrivare qui, ho vagato a lungo, ho cercato una risposta alle stesse domande che ora ti stai ponendo tu. Perché credi che fossi entrato nel Consiglio? Volevo cambiare il mondo, non desideravo altro. La risposta in realtà era davanti a me, chiara come si è presentata a te, ma non volevo accettarla. C’è molto di buono a questo mondo, c’è ancora qualcosa che si può salvare... Basta crederci, non mi devo arrendere... Ecco cosa mi ripetevo.»
Sennar si accorse che aveva iniziato a tremare. Provava la netta sensazione che qualcosa si stesse insinuando nella sua testa e ne aveva paura. Perché il Tiranno gli parlava in quel modo?
«Ma alla fine mi sono dovuto arrendere, così come spero farai tu, perché la verità non si può negare in eterno. Non c’è nulla da salvare. Ti dirò di più, nessuno vuole essere salvato. La natura delle razze di questa terra è assassina, quello che vogliono è poter odiare e uccidere. Perciò la guerra non ha mai abbandonato queste lande e mai le abbandonerà: perché tutte le razze cedono alla voluttà della morte e quando si assaggia il sangue una volta, non se ne può più fare a meno. Mi capisci, vero?»
Sennar cercò di scuotere la testa, ma una fitta di dolore glielo impedì. Gli sembrava di intuire che cosa sarebbe accaduto di lì a poco, che cosa stava già accadendo, ed era invaso dal terrore. Cercò fra i suoi ricordi un incantesimo che gli permettesse di resistere a quella tortura, ma non lo trovò.
«So che ami qualcuno, lo sento. L’amore è quanto di più effimero esista. Non è per noi. Forse la donna a cui pensi adesso avrà creduto per un istante, nell’estasi del piacere, di amarti, ma è un’illusione. L’amore inizia e finisce nel godimento carnale, il resto è nulla. Te lo dico perché anch’io ho amato molto, e invano. Abbandona quest’amore, se non vuoi soffrire, e unisciti a me.»
«Lasciami in pace!» urlò Sennar. Intuì che il Tiranno adesso era accanto a lui, vicinissimo.
«Tutta questa sofferenza non ha senso, lo sai anche tu. Io posso penetrare nella tua mente, e lo farò se non parli. Non per infliggerti dolore, bensì perché quel che ho intrapreso è troppo importante e nessuno potrà fermarmi. Ma soffrirai, e non voglio. Ti ammiro, te l’ho già detto, e ti stimo. Dimmi perché eri nella mia Terra, dimmi cosa tramavi. Il tuo silenzio non ha senso. Questo mondo non merita neppure una tua lacrima e colei che ami non merita il tuo sangue.»
«Mi hanno già fatto questo discorso, e non ci ho mai creduto» disse Sennar.
Si sforzava di sorridere, ma era terrorizzato. Era un mago e per un po’ avrebbe potuto opporsi, ma per quanto? La sua magia non era neanche comparabile con quella del Tiranno. Avrebbe violato i suoi pensieri, li avrebbe svelati a uno a uno, la sua anima, tutti i suoi segreti...
Il Tiranno prese tra le mani il volto di Sennar, coperto di sudore. «Tenti di resistermi?» disse.
«Forse per un po’ ci riuscirai, ma io sono più potente di quanto immagini e sono pronto a tutto. Non ti lascerò in pace finché non avrò saputo quello che voglio; ogni tuo pensiero sarà mio, ogni tuo desiderio. Io diventerò te, Sennar, e non avrai segreti per me, non ci sarà angolo della tua anima dove le mie dita non arriveranno.»
D’un tratto gli occhi del Tiranno emanarono un bagliore e si puntarono in quelli di Sennar. Il mago cadde in preda a un terrore folle. Quegli occhi non erano umani, nel loro verde sconvolgente covava una crudeltà senza pari. Infine, il Tiranno mostrava il suo volto spietato, quello che Sennar aveva invocato per tutta la durata di quella conversazione e che ora non avrebbe mai voluto scoprire. Sentiva che la sua mente veniva forzata, che il Tiranno tentava di penetrarvi, ma resisteva. Urlò con tutto il fiato dei suoi polmoni.
36
Prima della battaglia
L’ultima parte del viaggio di Nihal fu amara. La mezzelfo scoprì che la Terra dell’Acqua era quasi tutta in mano nemica, fatta eccezione per un brandello di terra a nordest, a ridosso del confine con la Terra del Mare, che opponeva un’ultima e fragile resistenza.
Per il resto, la regione era caduta in rovina ed era già una landa in agonia. Erano molti i rivi prosciugati, forse ancor più quelli infetti; i boschi mostravano già i primi segni di distruzione, i villaggi rasi al suolo. Quante ninfe potevano essere sopravvissute?
Nihal iniziò a temere che non vi fossero più Terre libere. Ricordò l’ultima battaglia che aveva combattuto, i fantasmi che seminavano morte e terrore tra i soldati. Era un esercito a cui non si poteva resistere a lungo. Forse la sua missione era già finita.
Procedette comunque più velocemente che poté, marciò fino a sfinirsi e le ci vollero poco più di due settimane per entrare nei territori liberi. Anche lì le cose non andavano bene. La gente pativa la fame, i raccolti erano scarsi, ma almeno vigeva ancora la libertà.
Appena giunta nella Terra del Mare, Nihal si recò in un accampamento, dove mandò a Soana un messaggio, per avvisarla del suo arrivo, e si procurò una cavalcatura.
Il giorno in cui Nihal arrivò alla base, circa una settimana dopo, nevicava fitto. Del resto, era ormai quasi dicembre. Era un anno che era partita.
Nihal scese da cavallo, bussò e si aprì una porticina dalla quale si affacciarono due occhi indagatori.
«Chi va là?»
«Nihal della Torre di Salazar, Cavaliere di Drago. Torno dal mio viaggio. Dovreste essere stati avvisati.»
La porticina si chiuse di botto e si udì il rumore di catenacci e chiavistelli che venivano aperti, quindi i pesanti battenti si schiusero. «Bentornata tra noi» disse la guardia con un sorriso, e l’abbracciò.
Nihal lasciò il cavallo e si addentrò nella base. Un’aria cupa sovrastava il campo e i volti che la guardavano erano stanchi. Molti le si fecero incontro e la salutarono con una stretta di mano o un abbraccio.
Nihal cercò Sennar con lo sguardo, nonostante il cuore le dicesse che non era lì. Dopo aver camminato fra due ali di soldati, vide qualcuno in piedi in fondo all’accampamento, che l’attendeva.
Nihal mormorò piano il suo nome, poi camminò verso di lui sempre più velocemente, fino a correre e buttargli le braccia al collo.
«Sennar?» chiese subito.
«Credevamo che fosse con te» ripose Ido.
Il cuore le si strinse e Nihal cercò rifugio fra le braccia del suo maestro.
La casa di Ido era come la ricordava, solo molto più disordinata di un tempo. Fino a quando avevano vissuto insieme, Nihal l’aveva tenuta un po’ in ordine; ora evidentemente Ido aveva rinunciato del tutto alle apparenze.
Era lo gnomo, invece, a non essere più lo stesso. Nihal non se n’era accorta subito, perché era troppo felice di incontrarlo e scoprire che era ancora vivo, ma Ido aveva un occhio chiuso e attraversato da una lunga cicatrice.
Da principio rimasero seduti l’uno di fronte all’altra, davanti a due bicchieri colmi di birra, in silenzio. Fu Ido il primo a cedere al peso dei dubbi che aleggiavano fra loro.
«Cos’è successo a Laio?» chiese lo gnomo.