La marcia ebbe inizio e le truppe giunsero in vista del confine che il sole era ancora basso all’orizzonte. I soldati si fermarono. Lungo la linea del fronte erano già schierati gli eserciti arrivati fin lì da ogni dove. A circa un miglio di distanza, i nemici, un insieme eterogeneo di fammin, uomini, gnomi e la moltitudine dei morti, osservavano la lunga linea scura dei loro avversari, probabilmente chiedendosi che cosa avessero intenzione di fare.
Per l’intero tragitto, Nihal aveva sentito aumentare il potere dell’amuleto a mano a mano che si avvicinavano alla Grande Terra. Ora brillava in tutto il suo fulgore sotto l’armatura e lo stemma di Nammen.
Raven si accostò a lei. Era la prima volta che Nihal lo vedeva sul suo drago, un possente animale color verde spento, vecchio forse, segnato da mille cicatrici e che doveva conoscere alla perfezione il campo di battaglia.
«Sarebbe compito mio fare il discorso prima dello scontro, ma ti cedo quest’incombenza. Se non fosse stato per te, non saremmo qui ora» disse il Supremo Generale, e con un gesto la invitò a rivolgersi all’esercito schierato davanti a lei.
Nihal arrossì e si voltò a guardare Ido, alle sue spalle. Lo gnomo le sorrise. La mezzelfo si fece avanti, titubante, mentre cercava le parole da dire. Era confusa ed emozionata; l’unica cosa chiara nella sua mente era il volto di Sennar. Levò gli occhi e vide che i soldati la guardavano, in attesa.
Nihal prese fiato. «Oggi è un giorno importante. Il più importante nella nostra storia. Oggi abbiamo la possibilità di conquistare la pace. Molti di noi hanno conosciuto solo la barbarie della guerra e per tanti anni non hanno fatto altro che combattere. Oggi possiamo spezzare il cerchio dell’odio, possiamo finalmente raggiungere la pace cui agogniamo. In questi anni molti hanno sofferto. Io sono una mezzelfo. Il mio popolo ha pagato il prezzo più alto in questa guerra: è stato cancellato dalla faccia della terra. È per questo che combattiamo, contro l’odio, contro la crudeltà, contro chi uccide per il gusto di farlo. Se lo vogliamo, questa sarà l’ultima battaglia, il sangue che verseremo sarà l’ultimo che bagnerà la nostra terra. Da domani tutto potrà essere diverso. Ognuno di noi ha un motivo che lo spinge a combattere, ognuno di noi ha una fiammella che illumina la sua vita e le dà un senso. Vorrei che oggi tutte queste fiammelle confluissero nell’unico grande desiderio di pace, che ogni colpo che ciascuno di noi vibrerà sul nemico non sia guidato dalla vendetta, ma solo dall’aspirazione alla pace.»
Nihal tacque. Ido, dal suo posto, le sorrise e annuì, e lei seppe che il suo maestro aveva capito. In quelle parole era racchiuso tutto il percorso che Nihal aveva compiuto in quegli anni.
Il silenziò calò sull’uditorio, poi un unico grido si levò da un capo all’altro delle truppe e si propagò agli altri reparti, dove generali e Cavalieri avevano tenuto i loro discorsi. Poco distante, Nihal intravide anche le truppe di Zalenia, comandate da un uomo protetto da una leggera armatura e fiero sul suo cavallo. Il grido infiammò in una sola voce tutto lo schieramento, dall’ultima propaggine della Terra del Mare, sul delta del Saar, fino al confine estremo della Terra del Sole, ai margini del deserto, e a quell’urlo il cuore dei nemici, per la prima volta, tremò.
Nihal si calò l’elmo sul volto e invitò Soana a salire su Oarf. Mentre si apprestavano a partire, insieme a Ido in groppa a Vesa, la mezzelfo ebbe un presentimento e voltò il capo alla sua sinistra.
Su una rupe, vide una figura solitaria che aveva qualcosa di demoniaco. Era vecchia e curva, le vesti lacere volavano nella brezza di quell’alba lugubre, assieme ai lunghissimi capelli gialli.
Era Reis. La maga levò un pugno verso il cielo, in direzione della Rocca.
«È giunta la tua ora, mostro!» urlò con una voce intrisa d’odio. «Voglio vederti giacere nel tuo stesso sangue sgozzato come un vitello! Oggi il tuo regno di terrore è arrivato alla fine!» Si voltò verso Nihal. «Uccidilo Sheireen! Fallo a pezzi, mia creatura! Colei che ti ha creato e che ti ha donato la forza ti ordina di massacrare quel mostro!» Le sue parole terminarono in una risata selvaggia.
Nihal distolse lo sguardo. Non doveva pensare a quella vecchia, solo a ciò che si apprestava a fare. Guardò Ido e lo gnomo annuì.
Si alzarono in volo e sorvolarono il fronte, sotto gli occhi allibiti dei nemici. Soana eresse una barriera magica intorno a Nihal e a Oarf, mentre Ido si preparava a colpire.
Nulla si mosse nelle file avversarie. Erano tutti fermi a guardare verso l’alto, increduli. Nihal volò più veloce che poteva, finché nel campo nemico non ci fossero stati Cavalieri non ci sarebbe stato niente da temere. Per il momento, le truppe del Tiranno erano state prese alla sprovvista. La mezzelfo sentì che i fammin, gli uomini e gli gnomi sotto di lei percepivano l’immenso potere del talismano e capivano che il simbolo bianco sulla sua armatura era presagio di morte. Sorrise. Gli spiriti erano già con lei, la stavano aiutando.
La Rocca apparve innanzi a loro e Oarf si posò a terra, seguito da Vesa. Dense nubi nere vorticavano intorno alla mole della fortezza, oscurando l’alba che cercava di rischiarare quel fatidico mattino. Persino la terra era nera, contaminata dal male che regnava in quel luogo. Non c’era uno stelo d’erba, nulla; solo terra riarsa e screpolata.
Nihal scese dal drago perplessa. Non riusciva a percepire Aster. La Rocca sembrava addormentata, indifferente.
Aster e Sennar erano soli nelle segrete. Era da lungo tempo che si fronteggiavano, nel silenzio più assoluto. Sennar cercava di nascondere il proprio segreto, Aster tentava di carpirglielo, di profanare la sua mente. Ma la lotta era impari. Il giovane mago era stremato, ferito, e il Tiranno era infinitamente potente e determinato.
Fu così che alla fine Sennar sentì la mente esplodergli in un delirio di dolore e colori, e tutta la sofferenza del mondo premergli con violenza alle tempie e nel cuore. Il suo amore, la sua vita, i suoi ricordi, tutto fu messo a nudo, e in fondo a quel turbine di emozioni senza più nome né senso il suo segreto fu svelato.
Fu così che Aster seppe.
Nihal non aveva avuto il tempo di chiedersi la ragione per cui la Rocca era silente. Non appena era scesa sulla Grande Terra, aveva sentito il potere crescere all’improvviso sul petto. Poi, fu come se la Rocca si risvegliasse. Le nubi iniziarono a vorticare più rapide e violente, mentre l’immenso potere del Tiranno si destava. Nihal comprese che Aster sapeva, sentì il suo furore, la sua paura, ma soprattutto la sua determinazione. Non avrebbero potuto nulla contro di lui, se avesse scatenato il suo immenso potere su di loro.
«Recita l’incantesimo di difesa più forte che conosci» mormorò a Soana.
Quindi, senza perdere altro tempo, estrasse il talismano; brillava fulgido e squarciò l’oscurità perpetua e senza luna che copriva da decenni la Grande Terra.
Nihal sentì crescere l’ira e il timore di Aster e capì che presto la barriera eretta da Soana sarebbe stata inutile. «Ael!» La voce della mezzelfo si levò chiara; dal cielo una lama di luce azzurrina illuminò la prima pietra.
«Glael!» continuò Nihal, e stavolta fu un raggio dorato a scendere su di lei. La Rocca iniziò a brillare sempre più intensamente; il Tiranno stava per evocare qualche incantesimo, che avrebbe spazzato via lei, Soana e Ido.
«Sareph! Thoolan! Flar!» gridò ancora Nihal in rapida successione, e scesero dal cielo uno di seguito all’altro un raggio blu, uno azzurro e uno vermiglio.
La Rocca era un profluvio di luce, l’incantesimo evocato da Aster era quasi giunto a compimento. Nihal si impose la calma e continuò imperterrita.
«Tareph! Goriar! Mawas!» urlò, e gli ultimi raggi scesero su di lei, uno marrone, uno nero e uno bianco.
Sul mondo calò una calma assoluta. La Rocca smise di brillare, le nubi si fermarono, il vento si placò e ogni suono cessò.