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«Dunque, abbiamo tre giorni per percorrere tutta la costa della Terra del Mare» esordì Sennar. Il giovane Cavaliere strabuzzò gli occhi. «Per questo dovremo viaggiare a ogni ora del giorno e della notte, senza sosta.»

«Ma... il mio drago non può sostenere un volo troppo lungo...» ribatté Aymar.

Sennar lo interruppe con un gesto della mano. «Lo so, conosco i Draghi Azzurri. Il fatto è che ti avrò a disposizione per tre soli giorni, e il tempo è determinante in questa missione. Ti prego quindi di fare del tuo meglio.»

L’altro annuì, poco convinto.

Sennar stava per salire sul drago, quando Aymar lo fermò. «Signore, il mio drago non vi terrà in groppa se non glielo chiedo io.»

Sennar sorrise. «Sono un mago, vedrai che mi terrà» disse, e infatti, quando montò su con un balzo, il drago non diede alcun segno di irritazione. Quindi si voltò verso il giovane, fermo a terra a guardarlo perplesso. «Prima partiamo, prima arriveremo» lo esortò.

Allora il Cavaliere si decise e montò a sua volta sul drago. Fu un’operazione insolitamente complessa e Aymar la coronò con successo solo al secondo tentativo. Una volta in groppa, sembrò impacciato, teneva la schiena innaturalmente dritta. I dubbi di Sennar aumentarono.

«Tutto a posto?» provò a chiedere.

«Certo» balbettò il ragazzo. Diede un deciso strattone alle briglie e l’unico risultato che ottenne fu un brontolio scocciato del drago. Aymar strattonò ancora le briglie, finché il drago non ruggì inferocito. «Non mi era mai capitato... è che sono Cavaliere da poco...» provò a giustificarsi.

Sì, come no? «Permetti?» fece Sennar.

Aymar arrossì fino alla radice dei capelli. «Certo.»

Il mago si piegò sul collo del drago e gli mormorò all’orecchio qualche parola. «Prova ora, ma con delicatezza» disse poi al ragazzo.

Aymar tirò le briglie e stavolta riuscirono finalmente a partire.

«Ci vogliono pazienza e polso, ma anche rispetto» spiegò Sennar.

Aymar incassò. «Vi ringrazio infinitamente» mormorò.

«Un’ultima cosa...» aggiunse Sennar. «Dammi pure del "tu".»

«Come volete» rispose il Cavaliere.

Sennar fu di parola. Esigette che volassero più veloci possibile e quando il sole andò a morire nel mare, e il giorno cedette il passo alla notte, volle proseguire. Fu un viaggio estenuante, una corsa contro il tempo. Solo a notte inoltrata si fermarono, quando erano ormai nel deserto centrale.

Dovettero accamparsi sotto le stelle e il freddo era pungente. Non appena fu sicuro di non essere visto, Sennar controllò l’amuleto e tirò un sospiro di sollievo. Le foglie erano ancora intatte.

Il mago si svegliò che il sole non si era ancora levato, ma si limitava a imbiancare pallidamente l’orizzonte. Aymar dormiva accanto a lui, la testa appoggiata al lungo collo del drago.

Sennar lo scosse, ma quel primo invito non ebbe effetto. Il drago aprì gli occhi, il Cavaliere invece restò immobile, con un’espressione di sonno beato dipinta sul volto.

Ma che razza di Cavaliere è, uno che non si sveglia al tocco di un estraneo?

Sennar insistette e fu molto meno delicato. Il ragazzo si svegliò di soprassalto e la sua mano corse d’istinto alla spada, senza per altro trovarla.

«Calma, sono io» disse il mago spazientito.

Aymar si stropicciò gli occhi, poi si guardò attorno. «Non è ancora l’alba...»

Sennar levò gli occhi al cielo. «Te l’ho già spiegato, puoi stare con me solo tre giorni e gradirei che sfruttassimo al meglio questo tempo.»

Il ragazzo avvampò. «Avete ragione, perdonatemi.» Iniziò a prepararsi, ma era evidente che cascava dal sonno.

Per Nihal hanno fatto mille storie; un incapace come questo, invece, è diventato Cavaliere di Drago senza problemi.

Riuscirono infine a partire. Il mago calcolò che era in viaggio già da tredici giorni e ancora non era giunto alla meta. Pensò a Nihal; ormai doveva essersi ripresa e probabilmente era impaziente di rimettersi in marcia. Sennar non avrebbe voluto essere nei panni di Laio, in quei giorni.

Viaggiarono più rapidi che poterono, miracolosamente senza intoppi, e giunsero a Lome a metà mattina. La città si affacciava sulla mezzaluna del golfo di Lamar ed era uno dei porti principali della Terra del Mare. La caserma verso cui erano diretti si trovava fuori dal caos del centro, sul mare.

«È lì che ho studiato» disse Aymar mentre si avvicinavano.

«Non a Makrat?» obiettò Sennar.

Aymar sorrise. «Anche se facciamo parte dell’Ordine, noi Cavalieri di Drago Azzurro passiamo buona parte del nostro addestramento nella Terra del Mare, come vuole la tradizione.»

La caserma in effetti era diversa da quelle tipiche dell’Ordine, la sua forma slanciata ricordava gli antichi palazzi della Terra del Mare. Molti anni prima, i Cavalieri di Drago Azzurro si erano separati dai Cavalieri di Drago e avevano costituito un piccolo corpo a sé stante. Solo con la pace di Nammen si erano aggregati all’Ordine.

Atterrarono in un’arena che si apriva al centro della costruzione e il drago si accasciò al suolo non appena toccarono terra. Sennar saltò giù e andò subito in giro per la città, in cerca di notizie.

Vagò di locanda in locanda e chiese informazioni a chiunque, ma la sera dovette ritirarsi abbacchiato, perché nessuno gli aveva saputo dire nulla.

Rientrò alla caserma e consumò il suo pasto in silenzio, nella stessa sala in cui veniva servito il rancio ai Cavalieri. Ancora un giorno, un giorno soltanto e poi avrebbe dovuto arrangiarsi da solo. Forse, pensò scoraggiato, aveva già superato il luogo esatto senza accorgersene. Non aveva controllato tutta la costa settentrionale della penisola, e il santuario poteva essere lì. La verità era che stava cercando un ago in un pagliaio.

«Sono alte e sembrano splendere alla luce della luna.»

Aveva puntato troppo in alto. E aveva fallito.

«Da Lamar si vedono in lontananza, stanno in mezzo al mare.»

Non era riuscito a essere utile a Nihal. Non aveva saputo guarirla e ora si era cacciato in quella situazione senza uscita.

«Il vento ulula tra le loro feritoie e il mare innalza spruzzi altissimi.»

Non gli restava che battere palmo a palmo tutta la costa, in attesa di Nihal.

«Da lontano, di notte, sembrano due ombre che si stagliano nell’oscurità, come due torri.»

Sennar si voltò di scatto. Gli erano giunti solo frammenti della discussione dei due soldati al suo fianco, non sapeva nemmeno di cosa stessero conversando, ma quelle ultime parole catturarono la sua attenzione.

«Cosa si alza come una torre?» chiese. Quando Nihal gli aveva parlato del santuario, aveva usato quasi le stesse parole di quel soldato.

L’altro lo guardò un po’ stupito. «I due grandi scogli al largo del golfo di Lamar, le Meridiane del Mare, le Arshet.»

Forse non c’entravano nulla con la sua ricerca... ma forse sì. «Sto cercando un posto simile a quello che mi hai descritto, o almeno credo... Insomma, queste Arshet possono avere qualcosa a che fare con delle "guglie"?» chiese Sennar.

Il soldato sorrise. «Mia nonna dice che arshet è un’antica parola elfica, che significa appunto "guglia". In effetti, le Arshet sono due immensi scogli, alti e appuntiti, e sembrano le guglie di qualche strana costruzione.»

«Grazie, grazie infinite!» urlò Sennar al soldato, mentre già correva dal suo Cavaliere.

5

Sarephen o dell’odio degli uomini

Nihal recuperava le forze rapidamente. Non avrebbe mai voluto ammetterlo, ma aveva davvero bisogno di riposarsi. La mezzelfo sentiva il corpo rigenerarsi, i muscoli riacquistare vigore. Era da quando era stata ferita da Dola che non si prendeva una vera pausa e ora capiva quanto le fosse mancata.

Di giorno era Laio ad accudirla, con i suoi impiastri caldi e puzzolenti; di notte c’era anche Megisto, che le preparava ottime zuppe. Ma Nihal non poteva godere del tutto di quel riposo. Da quando Sennar era partito, sentiva un’impercettibile inquietudine in fondo allo stomaco. Le parole del mago, quando le aveva detto addio, erano state sicure e ottimiste, ma c’era qualcosa nel tono della sua voce che non la convinceva. Il talismano era un pericolo per lui.