Vedendo l’aspetto corrucciato di Ingold, il ragazzo ricordò che, con ogni probabilità, quel tizio veniva da un altro mondo dove ancora usavano le spade — gli sarebbe comunque piaciuto sapere dove aveva pescato quel bambino — e dove forse nessuno aveva ancora inventato il motore a scoppio.
«Sai cos’è una macchina?»
«Il termine non mi è nuovo. Naturalmente nel nostro mondo non le abbiamo.»
«Naturalmente…»
Ingold si avvicinò con calma alle scale ed entrò in casa. Attraversò la stanza fino alla camera da letto dove depose il bambino sul materasso lurido e pieno di protuberanze. Il bambino iniziò immediatamente con il liberarsi della coperta che lo avvolgeva, manifestando l’intenzione di volersi girare per forza e finire con lo spaccarsi la testa sul pavimento di cemento.
«Ma chi sei?», insistette Rudy, appoggiandosi allo stipite della porta.
«Te l’ho detto! Il mio nome è Ingold. Questo deve bastarti…»
Il vecchio si piegò per impedire al Principe Tir di avvicinarsi alla sponda del letto. Poi lanciò un’occhiata al di sopra della spalla destra.
«Non mi hai detto il tuo nome,» sussurrò.
«Uh… Hai ragione… Rudy… Rudy Solis. Dove l’hai preso quel bambino?»
«Lo sto proteggendo dai nostri nemici», affermò tranquillamente Ingold.
Meraviglioso, pensò Rudy. Prima la pompa della benzina e adesso questo…
Il bambino dimostrava più o meno sei mesi, aveva una faccia come un bocciolo di rosa, i capelli neri e crespi, e gli occhi di un profondo blu, lo stesso colore del cielo in una limpida mattina d’estate.
Ingold lo spostò al centro del letto, da dove però ricominciò subito a rotolare verso il bordo. Il vecchio allora si tolse il mantello impregnato di fumo e lo distese come un tappeto sul pavimento. Sotto indossava una tunica di lana bianca rattoppata e macchiata, stretta in vita da una cintura di cuoio e da un’altra striscia lenta sul fianco che reggeva il fodero della spada oltre a quello rovinato di un corto pugnale.
Ingold alzò di nuovo il bambino e lo mise giù sul mantello steso sul pavimento.
«Là», disse. «Ora vuoi rimanere dove ti ho messo, e dormire come tutti i bambini per bene?»
Il Principe Altir Endorion gli rispose in maniera chiara ed inconfutabile.
«Bene», disse Ingold e si girò verso la porta.
«Di chi è questo bimbo?», chiese ancora una volta Rudy, incrociando le braccia e fissando i suoi due inattesi ospiti. Per la prima volta, la rabbia od uno sforzo per contenerla fece tendere i muscoli del volto del vecchio.
«È il figlio di un amico,» rispose con gelida calma. «Un amico che ora è probabilmente morto!»
Ci fu un attimo di silenzio. Ingold fissò i polsi della sua tunica stinta e si sfiorò le vecchie cicatrici che spiccavano sugli avambracci muscolosi. Quando alzò di nuovo lo sguardo, l’ormai familiare espressione sardonica era tornata sul suo volto.
«Non posso pensare che tu mi creda, naturalmente.»
«Bene! Adesso che l’hai detto tu… No, non ti credo!»
«Ottimo!» Ingold si avvicinò sorridendo a Rudy nella stretta stanza. «Meglio così: è molto meglio per te non credere. Chiudi la porta, vuoi? Per favore.»
«Non ti credo per un solo motivo,» disse Rudy seguendolo dalla sala alla cucina. «Se vieni da un altro universo come dici, come fai a parlare inglese?»
«Ohoo… Ma io non lo parlo.» Ingold aprì uno dei pacchi di birra sul mobile della cucina e ne estrasse una lattina per sé ed una per il ragazzo. «Parlare inglese… questo è il punto. Tu lo senti nella tua mente come fosse la tua lingua… ma se venissi sul mio mondo, userei sempre la stessa lingua e tu la capiresti lo stesso.»
Ah, si?, pensò Rudy cinicamente. E suppongo che tu sappia anche come fare la pubblicità per qualche marca di birra?!
«Sfortunatamente non ho alcun modo per provartelo,» continuò placidamente Ingold, mentre si sedeva su un angolo del sudicio tavolo di formica. La luce dorata del mattino penetrò da una delle finestre e si riflesse come una fiamma sull’elsa della sua spada.
«Universi diversi obbediscono a leggi fisiche diverse. Il tuo, tranne che in questo momento nel quale è in stretto collegamento con il mio, è troppo lontano dalla Fonte, dal centro del Potere. Le leggi fisiche qui sono fin troppo rigide, determinate, irreversibili, e non possono venire alterate da… certe altre leggi…»
Diede un’occhiata fuori dalla finestra sulla sua destra, studiando il dislivello del terreno lontano, e giudicando dall’angolazione del sole che ora fosse. L’espressione intensa dei suoi occhi, diede corpo ai timori di Rudy: quel vecchio era calmo, troppo reale.
Il ragazzo aveva incontrato fin troppa gente che viveva dietro una maschera: vivendo nella California del Sud, non se ne può fare a meno. Giovani e vecchi, tutti i Fratelli di Atlantide avevano la stessa identica espressione concentrata quando erano in costume: sapevano di essere osservati e si comportavano di conseguenza…
Questo vecchio sparviero invece sembrava non interessarsi affatto alla presenza di Rudy, tranne che come compagno casuale in una situazione uguale a qualsiasi altra.
Rudy si ritrovò a pensare:
O è veramente ciò che dice di essere, o sto sognando tutto…
Si sentì indignato per essere costretto a credere ad una delle due ipotesi, e quella rabbia cominciò a cancellare il ricordo confuso della luce e dei colori che, forse, aveva creduto di vedere.
Stai attento ragazzo, disse a se stesso. Il vecchio non ha mostrato ancora tutto quello che è in grado di fare… Se non stati attento, è capace di sopraffarti…
Così chiese:
«Ma tu, nel tuo mondo, sei veramente uno Stregone?»
Il modo in cui era vestito non poteva essere adatto a niente altro.
Ingold esitò, poi la sua attenzione ritornò su Rudy. Annuì.
«Si!», rispose lentamente.
Il ragazzo si appoggiò al mobile e bevve un sorso della sua birra.
«E sei potente?»
Ingold si strinse nelle spalle, e sembrò rilassarsi quasi fosse stato tranquillizzato dall’incredulità di Rudy.
«Dicono che lo sia…»
«Ma non riesci a compiere nessuna magia qui?»
Rudy formulò la domanda senza attendersi una risposta affermativa. Gli emuli di Mago Merlino sulla Terra non avevano mai operato al di fuori di un ambiente loro congeniale…
I sostituti di Merlino però non sorridevano, anzi si nascondevano per timore di essere considerati degli impostori.
«No… non è possibile…»
Rudy non riusciva a classificare quell’individuo. Qualcosa in quella serena sicurezza però, lo indusse a fare un’altra domanda.
«Come puoi essere un Mago, senza Magia?»
Ingold terminò la sua birra, accartocciò senza sforzo la lattina tra le mani, e la gettò in un angolo della stanza.
«Oh! La Stregoneria — quella vera — ha poco a che fare, con la Magia.»
Rudy rifletté su quelle parole che toccavano corde insospettate dentro la sua mente, risuonando come gli accordi di un motivo scordato, ma mai veramente dimenticato.
«Si, ma…», iniziò, per poi fermarsi. «Cos’è la Stregoneria?», chiese quindi in tono più calmo. «E cos’è la Magia?»
«Cosa non è?»
La risposta di Ingold colpì ancora più profondamente Rudy, che rimase in silenzio, interdetto, lottando contro l’improvvisa comprensione di qualcosa che ancora non riusciva a definire: sembrava impossibile, ma quell’uomo sapeva cosa fosse la Magia!
«Non ti capisco.»
«Credo proprio di si, invece…»
La voce di Ingold era bassa.