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«Troppi problemi da esaminare per un pezzaccio di pane… magari anche raffermo!»

«Certo! Inoltre, è terribilmente pericoloso. Qualsiasi intervento, per quanto piccolo, sulla struttura dell’universo, è rischioso. Per questo raramente cambiamo le forme: la maggior parte degli Stregoni di alto rango conosce il principio della trasformazione in animale — con la mente e con il cuore di un animale — ma pochi, pochissimi, hanno osato metterlo in pratica. Un Arcimago potrebbe anche farlo, a rischio della sua stessa vita… ma…»

Ingold si interruppe alzando di scatto una mano, e Rudy sentì il lontano borbottio di un motore nell’aria quieta e calda del pomeriggio.

«È la mia amica», affermò Ingold. Quindi si alzò scuotendosi l’erba secca e i rametti dalla tunica. Rudy lo imitò non appena un polveroso Maggiolino Volkswagen rosso apparve tra le curve delle colline. La macchina avanzò avvolta da un’impalpabile nuvola di polvere, traballando lentamente a causa dei solchi che tormentavano il sentiero. Finalmente si fermò a pochi passi dai due uomini e ne scese una ragazza.

Lanciò un’occhiata sospettosa a Rudy e si fermò: sembrava sorpresa di trovare lì un estraneo, per giunta sconosciuto. Ingold però le si avvicinò tendendole le braccia in segno di benvenuto.

«Gil», disse, «questo è Rudy Solis. Pensa che io sia pazzo… Rudy, Gil Patterson. È lei il mio contatto in questo mondo.»

I due si guardarono scambiandosi un’occhiata attenta.

Gil avrebbe quasi preferito incontrare una pattuglia della Polizia Stradale. Quel teppistello invece aveva scritto in faccia «fan degli Hell’s Angels»: jeans macchiati di grasso, una sudicia maglietta bianca, stivali di cuoio rovinati. I capelli scuri, dalla leggera sfumatura rossastra, gli cadevano sulle spalle, ed anche i suoi occhi blu, sormontati da folte sopracciglia scure, avevano un’espressione presuntuosa mentre la osservavano per poi non curarsi apparentemente più di lei. Gil notò anche un segno sul naso di Rudy, un rigonfiamento dovuto senza dubbio a qualche rissa. Per completare il quadro poco edificante, non poteva mancare un tatuaggio: uno stendardo sopra una torcia fiammeggiante inciso sul polso sinistro.

Un vero e proprio distintivo…

Alta e snella, ma non bella, pensò Rudy, osservandola. Se si tratta di una prostituta, ha più dello spettro… Lo sguardo del ragazzo si soffermò sui vecchi jeans, sulla camicia blu a quadri, sull’assenza di trucco. Le mani però erano delicate, anche se le unghie erano rosicchiate. Gli occhi però erano un po’ troppo chiari ed avevano un’espressione assente e svagata. Ingold: dove l’hai scovata?

Lo Stregone intervenne come se non si fosse accorto di nulla.

«Rudy ha avuto dei guai con la sua macchina. Potresti riportarlo con te quando tornerai in città? Consideralo un favore fatto a me.»

Ingold allungò una mano e l’appoggiò delicatamente sulla spalla della ragazza sussurrandole poi a bassa voce:

«Va tutto bene. Lui non mi crede, Gil…»

Lei sospirò e si costrinse a rilassarsi.

«Va bene», assentì.

Rudy aveva osservato la scena annoiato.

«Potete anche risparmiarvi questi convenevoli. Non ho bisogno di alcun favore!»

Gli occhi grigio pallido della ragazza si strinsero impercettibilmente, ma la mano di Ingold le afferrò gentilmente una spalla trattenendola, mentre le si rivolgeva in tono più naturale:

«No, va tutto bene!»

Rudy si rilassò a sua volta, quasi senza rendersene conto, e si avvicinò alla ragazza che aveva iniziato a scaricare dalla macchina un mucchio composito di provviste tra cui uno stufato di carne e dei pannolini per bambini.

«Posso darti una mano?»

Fece un passo indietro per camminare accanto a lei, ed insieme seguirono Ingold che si era avviato verso la baracca. Appena il vecchio fu ad una distanza tale da impedirgli di capire, Rudy chiese a bassa voce alla ragazza:

«Chi è?»

Lei lo fissò con quel suo sguardo da maestra di scuola — occhi da zitella che spiccavano su un viso da ragazza — e rispose:

«Che cosa ti ha detto?»

«Che era non so che genere di Stregone, e che proveniva da un altro universo.»

L’imbarazzo portò Gil ad essere brusca.

«È la sua storia.»

Rudy non accettò la risposta.

«Dove lo hai incontrato?»

Gil sospirò.

«È una lunga storia,» disse, quasi ripetendo le parole dello stesso Ingold. «E non ha importanza in verità…»

«Non sarà importante per te, ma lo è per me», replicò Rudy, che gettò un’occhiata verso le ombre cupe della casupola dentro le quali Ingold stava svanendo. «Vedi, quel vecchio mi è simpatico. Puoi stare tranquilla: è la verità! Anche se sta barando… Quello che mi preoccupa è quel bambino, e i danni che può subire.»

Si fermarono ai piedi della scala traballante e Gil osservò attentamente il viso del giovane davanti a lei. Era abbronzato e, a modo suo, affascinante: non certo quello di un macho, né quello di uno sciocco vanesio.

«Credi che lui possa permettere che al bambino accada qualcosa di male?»

Rudy ricordò il comportamento del vecchio verso il bambino, la sua gentile fermezza, il tono caldo e preoccupato quando gli si rivolgeva.

«No!», rispose a bassa voce. «No! Ma cosa fanno qui? E cosa accadrà quando tornerà in città, in mezzo all’altra gente?»

C’era un’inquietudine sincera nella sua voce, e Gil la trovò toccante.

D’altronde, pensò la ragazza, se non avessi fatto quei sogni, la penserei nello stesso modo di Rudy.

Cominciò a giocherellare con le dita.

«Andrà tutto bene…», cercò di rassicurarlo, usando il suo tono più tranquillo.

«Sai cosa succederà?»

Gil annuì.

Rudy la guardò con un’espressione dubbiosa dipinta sul volto. Non era certo soddisfatto, e capì che qualcosa continuava a non quadrare. Comunque, questa ragazza era il contatto di Ingold e, nonostante la sua indubbia perspicacia ed il suo carisma, il vecchio ne aveva veramente bisogno.

Mentre saliva le scale, fu di nuovo assalito dal ricordo dello Stregone che usciva da un’aura di luminosa luce argentea: intanto Gil lo seguiva passo passo. Si girò bruscamente verso di lei chiedendole a bruciapelo:

«Hai fiducia in lui?»

Prima però che Gil potesse rispondere, la porta della baracca si aprì, e ne uscì Ingold che stringeva tra le braccia il bambino rubicondo ed in lacrime. A Gil i bambini non piacevano particolarmente ma, come la maggior parte delle donne come lei, provava un grande interesse per i deboli e gli indifesi. Sfiorò la guancia paffuta e rosea del Principe con prudenza, quasi avesse paura di rompere qualcosa.

«È molto bello…», sussurrò.

«È anche molto bagnato», replicò pragmaticamente Ingold, e ritornò in casa.

Fu Rudy che finì per cambiargli il pannolino: era l’unico ad avere una qualche esperienza in materia. Intanto Gil preparava lo stufato ed il caffé sulla stufa a kerosene, e Ingold si perdeva nell’esame degli interruttori della luce nel tentativo di afferrare il principio della corrente elettrica. Rudy notò, tra le altre cose, che Gil aveva portato con sé un’altra latta di kerosene, anche se, come ricordava bene, la piccola stufa era nascosta sotto un bancone quando era entrato la prima volta, e non c’era alcun segno che la casa fosse stata abitata da anni.

Come faceva Ingold a saperlo?

Gil gli si avvicinò e poggiò sul pavimento accanto a lui una tazza di caffé bollente e schiumoso. Osservò Rudy che stava giocando con Tir, solleticandolo, ed un bel sorriso le illuminò il volto, poi disse: