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Gil rise amara.

«Il mio problema è proprio la Laurea in Filosofia,» disse. «Quale giovane, promettente dottore, o peggio dentista, sposerebbe una esperta di Storia Medievale? Nessuno oserebbe mai dichiararlo apertamente, ma questo è quello che pensano i miei genitori.»

Gil continuò a guidare per un bel po’ in silenzio.

Le sagome scure delle colline circondavano la piccola macchina mentre le prime stelle si accendevano sullo sfondo di velluto blu del cielo serale: erano tante piccole luci brillanti in lontananza. Osservando quella morbida oscurità, Rudy riuscì ancora a distinguere i punti di riferimento di molti dei suoi viaggi tra quelle colline: pietre, alberi, particolari ondulazioni del terreno… Gli occhi verdi di qualche piccolo animale brillarono per un attimo e poi svanirono insieme all’ombra della bestiola che si allontanò rapidamente al di là della superficie scura della strada.

«Così ti hanno cacciata soltanto perché volevi prendere una Laurea in Filosofia?»

Gil alzò le spalle.

«Veramente non mi hanno cacciata. Sono stata io a non voler più tornare in quella casa e, se devo essere sincera, non ne sento affatto la mancanza!»

«Ne sei sicura? Per me è esattamente l’opposto.» Rudy si appoggiò contro lo sportello con il gomito fuori del finestrino dal quale entrava il vento freddo della corsa che gli sferzava i lunghi capelli. «Voglio dire… si: la casa di mia madre è come una fermata di autobus. Bambini piccoli, gatti, sorelle, piatti sporchi… e poi i fidanzati delle mie sorelle: li stavo dimenticando. Vivono nel vicolo accanto al nostro… Però, in tutta questa confusione, è sempre un bel posto dove tornare. Un posto dove sarò sempre bene accetto, anche se per farmi sentire devo sempre gridare. Impazzirei se dovessi viverci, ma al tempo stesso non posso fare a meno di tornarci qualche volta!»

Gil sorrise dinanzi a quel quadro che Rudy le aveva descritto così coloritamente, anche se le passò per la mente una punta di critica, abituata com’era all’ordine asettico che regnava a casa di sua madre.

«E tu invece hai lasciato i tuoi solamente per studiare?», chiese ancora Rudy, stupito per il fatto che qualcuno avesse potuto fare una cosa simile.

«Non c’era nulla che mi trattenesse là», rispose Gil. «Ed amo ciò che studio. Loro non sono mai riusciti a capire che non ho mai voluto fare o essere qualcosa di diverso…»

Un altro lungo silenzio. Davanti a loro, la gialla luce dei fari ondeggiava nel buio. Il ponte del lungo cavalcavia stradale si stagliava contro lo sfondo più pallido delle colline, ed il Maggiolino lo superò con il motore che ruggiva ed ansimava.

Rudy si raddrizzò sul sedile e prese ad osservare il viso di Gil, magro e delicato. La linea della sua bocca celava una generosità repressa, così come gli occhi nascondevano a malapena la natura romantica e sognatrice delle ragazza.

«È divertente», disse dopo aver terminato quell’esame.

«Il fatto che a nessuno piace andare a scuola?»

La voce di Gil era fredda, sarcastica, ma Rudy riuscì a sorprenderla.

«No. È divertente il fatto che tu avresti voluto avere tutto», rispose con calma. «Io per esempio, non ho mai voluto essere, fare, od avere qualcosa di particolare. Perlomeno qualcosa che mi costringesse a buttar via tutto il resto… Mi suona strano quello che hai detto.»

«Lo è!», convenne Gil, e la sua attenzione ritornò alla strada.

«È all’Università che hai incontrato Ingold?»

Gil scosse il capo. Sebbene lo Stregone non avesse mostrato fastidio nell’essere considerato dal ragazzo un candidato per la stanza da letto, Gil non voleva discuterne in questo momento. E con lui, poi.

Rudy però insistette.

«Puoi dirmi come diavolo fa? È veramente uno che riesce a camminare sul fuoco come dice?»

«No», disse Gil in tono evasivo.

Cercò di mettere insieme una spiegazione ragionevole, almeno tanto da ingannare Rudy ed impedirgli di fare altre domande. La cosa però le riusciva estremamente difficile, e non si sentiva nello stato d’animo di rispondere ancora. A dispetto delle luci che di quando in quando incrociavano sull’autostrada semi deserta, Gil si sentì consapevole come non mai del peso e della profondità della notte che l’avvolgeva, e dell’oscurità che premeva su di loro mentre correvano nel buio. Si scoprì a desiderare ardentemente che Rudy chiudesse il finestrino invece di appoggiarvisi contro lasciando che il vento profumato della notte estiva entrasse liberamente.

I cartelli stradali si susseguivano rapidi, ed i loro colori vistosi brillavano alla luce dei fari; occasionalmente, qualche altra macchina li incrociava con gli abbaglianti che sembravano occhi gialli piantati selvaggiamente nel buio. Gil ripensò alla lunga strada verso casa, la stessa strada che aveva visto in un sogno allucinante la scorsa notte e che le aveva mostrato la via da seguire. Aveva completato a fatica un capitolo della tesi, costretta a farlo dal fatto che quelle pagine erano essenziali per tenere il suo seminario. La sua mente però sembrava fuggire senza controllo da un pensiero all’altro, impedendole di concentrarsi, tornando sempre a quella silenziosa baracca isolata, al saluto con la spada sguainata…

«Tu credi veramente in lui!»

La ragazza si girò ed incontrò lo sguardo di Rudy.

«Tu credi ciecamente in lui!», ripeté il giovane a bassa voce, ma non per accusarla: era una semplice constatazione.

«Si!», disse Gil. «Si!»

Rudy distolse lo sguardo da lei e guardò fuori dal finestrino.

«Fantastico!»

«Lo so, è pazzesco…», iniziò a dire Gil.

«Non quando lui parla…» Rudy si girò di nuovo verso di lei contraddicendola, e puntandole contro un dito quasi volesse accusarla di negare l’evidenza. «È l’uomo più maledettamente credibile che abbia mai incontrato!»

«Tu non lo hai mai visto traversare il Vuoto,» rispose Gil semplicemente, «io si.»

Quella risposta bloccò Rudy. Fu tentato di replicare, anch’io, ma sapeva che si trattava di un’allucinazione, nata da un lampo di luce solare e figlia di un mal di testa da sbornia. Quell’immagine però continuava a tornargli alla mente, seppure in maniera confusa: il luccicante bagliore che riempiva l’aria tutt’intorno…

Ma io non ho potuto vedere queste cose, protestò con se stesso: è avvenuto tutto nella mia testa…

Come un’eco, gli sembrò di ascoltare la voce di Ingold dire:

Sai che lo hai visto. Ebbene, so di averlo visto, di aver visto Ingold ed il Vuoto… ma se era una allucinazione da sbornia, come faceva lui a saperlo?

Rudy sospirò: si sentiva esausto e non capiva, né avrebbe saputo confidare a qualcuno quella stanchezza.

«Non so più a cosa diavolo credere!»

«Scegli una strada e credi in essa», disse Gil. «Anche se è importante solamente per te. Lui ritornerà nel suo mondo questa notte insieme a Tir, e se ne andranno… forse per sempre.»

«È veramente una bella storia», replicò Rudy. «Perché uno Stregone porterebbe un Principe rapito in questo mondo, e poi di nuovo indietro, in chissà quale altro luogo?»

Gil scosse le spalle continuando a tenere gli occhi fissi sulla strada.

Rudy continuò.

«E ancora, se ritornerà in un luogo dove riavrà i suoi poteri magici, perché mi ha chiesto dei fiammiferi? Non ne avrebbe certo avuto bisogno!»

«No, non dovrebbe averne bisogno,» convenne Gil con dolcezza. Poi, fu improvvisamente colpita da quanto Rudy le aveva appena detto. «Pensi forse che possa averne bisogno?»

«Non lo so. So soltanto che, poco prima che partissimo, mi ha chiesto dei fiammiferi.» La voce di Rudy esprimeva la soddisfazione di aver reso la pariglia a quella ragazza con qualcosa che anche lei non capiva. «Ma perché ne avrebbe dovuto aver bisogno?»