Выбрать главу

Tormentato dai suoi pensieri, Rudy rimase lì, nell’oscurità accanto alla porta, una torcia fumante in mano, in attesa…

L’ultimo bagliore delle fiamme stava ormai svanendo, e l’unica luce nella stanza era rimasta quella della torcia di Rudy e della spada lucente di Ingold che lo Stregone teneva dritta davanti a sé, mentre i suoi occhi brillavano di una magica luminosità come quelli di un vecchio lupo. Intorno non si udiva altro che il frusciare degli abiti ed il singhiozzare delle fiamme che si andavano spegnendo e sparpagliandosi. Il vento che spirava gelido attraverso le fessure della porta sembrò arrestarsi e svanire.

Nel medesimo istante nel quale la porta si apriva, Ingold avanzò con la spada che luccicava in un arco di fuoco per affrontare l’ondata dell’Oscurità. Rudy colse appena l’aspetto della forma ondeggiante dell’Ombra: l’enorme bocca famelica contornata di tentacoli squamosi che avanzava coprendo il pavimento con una melma fumante.

Quasi si fosse liberato da un incantesimo, Tir iniziò a piangere, ed il suono della sua voce disperata penetrò nella mente di Rudy come la punta di un ago.

La spada intanto volteggiava spargendo fuoco: la creatura si ritrasse con un movimento stranamente agile per quella massa frusciante, e la sua coda di serpente sfiorò le spalle di Rudy mentre si snodava in una sferzata di oscurità. La Cosa riempì la stanza come una nuvola, ed il suo buio coprì tutto, mentre il suo corpo osceno e gonfio sembrava crescere e pulsare quasi fosse un unico, livido, organo limaccioso. La coda schioccò e riuscì a raggiungere la gola di Ingold producendovi un taglio profondo. Lo Stregone riuscì ad attutire il colpo e si ritrasse mutando le sue sembianze in quelle di un uomo molto più giovane. Nei suoi vestiti scuri poteva a malapena essere scorto, e Rudy continuava a sporgersi tentando di vedere qualcosa, affascinato com’era dal movimento vorticoso della lama e da quelli sinuosi della Cosa che cercava di afferrare lo Stregone.

Gil gridò: «Il fuoco! Il fuoco!»

Quel suono però non significava nulla per Rudy… fu il calore della torcia che continuava a bruciargli tra le mani a riportare il giovane alla realtà.

Come svegliatosi da un sogno, si mosse, chiuse la porta, ed accese l’untuosa massa intrisa di kerosene con la sua torcia, ormai ridotta ad un piccolo tizzone ardente. La porta esplose in una palla di fuoco, bruciacchiando anche le sopracciglia del giovane, che si ritrasse istintivamente.

La Creatura dell’Oscurità, ora più visibile come attraverso una lente cremisi, si contorse e serpeggiò quasi fosse stata attraversata da una scarica dolorosa, mutando dimensione e levandosi alta verso il soffitto. Le fiamme intanto si erano già sparse sulle pareti e stavano per raggiungere le grandi travi, secche come stoppie.

Le scintille punzecchiarono le mani ed il viso esposti di Rudy quando questi si gettò attraverso un varco sul letto per raggiungere la parete dov’era appoggiata Gil.

Piovvero altre scintille che sfrigolarono sulla sostanza umida e viscida della creatura del Buio.

La stanza era diventata una fornace, accecante e soffocante; la luce sanguigna illuminava il corpo della creatura che volava qua e là cercando disperatamente una via d’uscita.

Intrappolata dal fuoco, si voltò come un animale rabbioso e si scagliò contro Ingold, mentre la sua coda si allungava in un filo spinoso e tagliente per poi scattare in avanti e sferzare le mani ed il volto dello Stregone; contemporaneamente lo afferrò con gli artigli, ma la lama non cessò per un attimo di staccare pezzi fumanti di materia da quel corpo, anche se il nemico era troppo grande e si muoveva troppo velocemente — pur in uno spazio così ristretto — per permettere a Ingold di mettere a segno un colpo mortale.

Schiacciati contro la parete, soffocati dal calore, e bruciacchiati dalla pioggia di scintille, Gil e Rudy si accorsero che Ingold veniva spinto costantemente verso l’angolo dove loro due si trovavano. Questi non poteva del resto fare nient’altro nel tentativo di mettersi tra la creatura ed il Principe.

Lo Stregone indietreggiò, un passo alla volta, fino a che Gil non riuscì a toccare la sua spalla allungando semplicemente le braccia. Ora alle fiamme si aggiunse anche l’acido che, sparso come sudore sul corpo della Bestia dell’Oscurità, si spandeva intorno ad ogni suo movimento.

Poi il Guerriero del Buio fintò con gli artigli e con la coda evitando un colpo di spada per pochi centimetri, e si lanciò con furia sullo Stregone. Nello stesso istante però, Ingold si rifugiò tra il materasso e la parete, in mezzo ai due ragazzi.

Per caso, o per una fortunata coincidenza, la stoffa imbevuta di kerosene si incendiò, e creò un vero e proprio muro di fuoco che bruciacchiò l’orlo della sua tunica, ma investì il Guerriero del Buio con un’ondata di calore ruggente.

Per un istante Gil fu consapevole solamente del pianto desolato ed irrefrenabile del bambino tra le sue braccia e di quell’inferno fumante, un vero olocausto di fiamme che ruggiva a pochi passi da lei.

Poi il muro di fuoco si gonfiò, e la sagoma della Creatura apparve, distorta e fumante, ancora protesa nel tentativo di innalzarsi, per poi cadere morente dinanzi ai loro piedi.

Gil gridò non appena il vento caldo e l’oscurità coprirono tutto; poi ogni cosa svanì, e rimase soltanto un grigiore torpido dove non c’era posto per la luce e i colori, ma soltanto per il freddo…

CAPITOLO QUARTO

C’erano soltanto vento ed oscurità. Gil si mosse ed il suo corpo le rispose con migliaia di fitte dolorose mentre le sue ossa quasi gemevano per il freddo. Il movimento le fece salire lo stomaco in gola, e la ragazza si sentì come se avesse nuotato nell’acqua gelida dopo un pasto abbondante: nausea, stanchezza e debolezza la stavano sopraffacendo.

Intorno alle sue braccia sembrava esserci una pesante pezza di velluto che la stringeva, e nella sua bocca dominava un gusto di erba e di terra, mentre riusciva a percepire una pesante puzza di fumo che proveniva dalla sua giacca e dai suoi capelli.

Tutt’intorno non c’era altro rumore che quello del vento.

Si rizzò a sedere piena di paura. Il fagotto tra le sue braccia che conteneva Tir era silenzioso. Sotto una pallida luce stellare si scorgevano i profili di alte colline che si stendevano in tutte le direzioni, aride, pietrose, desolate, e dalle quali spirava quel gelido vento del nord. Accanto a lei giaceva Ingold, il capo chino, una sagoma scura nell’oscurità se non fosse stato per la spada sguainata che rifletteva la luce sbiadita delle stelle. Poco più in là, stava Rudy piegato in una posizione semi fetale, con la testa stretta tra le braccia.

«Stai bene?», chiese Gil.

La voce di Rudy risuonò smorzata.

«Bene? Sto ancora cercando di capire se sono vivo e tutto intero!» Alzò la testa e le sopracciglia scure spiccarono sul suo viso pallido e teso. «Tu stai bene?»

La ragazza annuì.

Rudy si guardò intorno.

«Cristo! Speravo che fosse stata tutta un’allucinazione… ma dove siamo finiti? Nella terra di Ingold… da qualunque parte provenga?»

Ancora non vuole ammetterlo con se stesso…, pensò Gil. Si guardò intorno anche lei quasi a sottolineare quanto fosse spettrale quel paesaggio colore del peltro.

«Certamente questa non è la California del Sud,» disse.

Rudy si drizzò in piedi, barcollando come se avesse bevuto e stesse per svenire accanto a lei.

«Il bambino?»

«Penso stia bene. Non voglio svegliarlo però. Sta respirando…» La giovane strinse leggermente le dita sulla guancia morbida di Tir e, avvicinando le sue labbra alla bocca piccola e rosea, sentì provenire un sottile filo di respiro. «Ingold ha detto che due Passaggi in ventiquattr’ore avrebbero potuto arrecargli seri danni.»

«Per come mi sento adesso, neanch’io penso di riuscire a sopravvivere ad un’altra esperienza del genere. Vediamo.» Rudy prese il bambino dalle braccia di Gil e lo cullò piano sentendo quanto fosse freddo il suo viso. «Faremmo meglio a svegliare Ingold. Questo posto ha una luna?»