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«Dovrebbe averla,» disse Gil. «Le costellazioni sono le stesse: vedo l’Orsa Maggiore e, laggiù, Orione.»

«Strano!», rispose Rudy scostandosi i lunghi capelli dal viso. Il ragazzo si girò intorno per scrutare l’arido paesaggio. Le colline, una di fianco all’altra, si ammucchiavano verso una bassa catena di montagne più a nord, dove un’altra parete di rocce solcata da lunghe strisce di neve si profilava alla luce delle stelle. Verso sud invece, una valle ondulata si spingeva lontano dalle rocce fino a un tratto più scuro attraverso il quale si poteva scorgere il luccichio distante di un fiume.

«In qualsiasi inferno siamo caduti, faremmo meglio a raggiungere un luogo abitato, ed al più presto. Se non troviamo qualcosa di familiare, ci troveremo davvero in un brutto guaio. Ehi!» Si voltò verso Ingold che aveva cominciato a rialzarsi stringendo sempre, in un gesto istintivo, l’elsa della spada. «Come stai?»

«Bene adesso, e starò ancora meglio tra un po’…», rispose Ingold, calmo.

Sta mentendo, pensò Gil. Gli sfiorò una spalla ed il mantello bruciacchiato, coperto da grandi macchie di melma affumicata che cominciarono a cadere in scaglie di polvere nera. Anche la manica della camicetta della ragazza ne era coperta, e il dorso della mano le doleva quasi fosse ustionato.

Ingold, ancora mezzo stordito, si stropicciò gli occhi.

«Sta bene il Principe?»

«Non lo so, credo sia svenuto…», rispose Gil con voce preoccupata.

Lo Stregone sospirò, strisciò a terra fino a che raggiunse il bambino, e lo prese dalle braccia di Rudy. Ascoltò il suo respiro e poi gli colpì delicatamente il volto con la sua mano coperta di cicatrici. Chiusi gli occhi, sembrò meditare a lungo. Soltanto il gemito del vento rompeva il quel silenzio che li circondava, ma ognuno di loro sapeva che la notte, intorno, era viva e piena di pericoli.

Gil e Rudy erano entrambi consapevoli dell’abissale profondità del buio, come mai in vita loro. Nella California del Sud — la loro terra — le notti non erano mai così scure: c’era sempre un bagliore, le luci di qualche grande città che, in lontananza, facevano concorrenza alla luna ed alle stelle. Qui invece, le stelle enormi sembravano grandi occhi che vigilassero il vuoto della notte con la loro intensa luminosità. L’oscurità copriva quella terra, e l’unico contatto che Gil e Rudy avevano avuto con le creature del Buio, li rendeva ancora più consci di quanto fossero in pericolo, di quanto pesasse quella antica paura in mezzo alla campagna, di notte.

Tir singhiozzò ed iniziò a piangere con il tono debole e insistente di un bambino esausto. Ingold lo cullò contro il suo petto mormorandogli parole calme ed inintellegibili fino a che il pianto si calmò e lo poté sollevare guardandolo e scuotendogli i capelli neri e crespi.

Gil per un attimo vide in quelle due figure non il Mago che proteggeva il suo Principe, l’Erede del Regno, ma solamente un vecchio che cullava con amore il figlio di un amico morto.

Ingold alzò lo sguardo.

«Adesso sarebbe meglio muoverci.»

Rudy si alzò di scatto ed aiutò prima Gil e poi Ingold ad alzarsi.

«Volevo giusto chiedertelo,» disse, appena lo Stregone affidò il bambino a Gil e cominciò a pulire la spada sull’orlo del mantello prima di riporla nel fodero. «Dove andremo, una volta fuggiti da qui?»

«Penso», rispose lo Stregone a bassa voce, «che faremmo bene a dirigerci verso Karst, la vecchia Capitale estiva del Regno: si trova a sole quindici miglia da qui, tra le colline. I fuggiaschi di Gae sono sicuramente andati là; possiamo trovarvi cibo e notizie, se non altro.»

Rudy obiettò:

«È un tragitto maledettamente lungo da fare in macchina, nel mezzo della notte.»

«Se vuoi, puoi anche rimanere qui ad attendere il giorno», acconsentì magnanimamente Ingold.

«Grazie mille!»

La luna che stava sorgendo illuminava le colline con una sottile luce argentata, quando cominciarono a muoversi. Le ombre del deserto diventarono ancora più profonde ed inquietanti nella notte gelida. Il mantello di Ingold sussurrava come l’ombra di uno spettro attraverso l’erba coperta di brina.

«Ingold…» Rudy si avvicinò al vecchio esitando, non appena iniziarono a scendere il lungo pendio della collina. «Mi dispiace di averti detto che eri un pazzo…»

Lo Stregone lo fissò con uno scintillio offeso negli occhi. Poi disse con solennità:

«Accetto le tue scuse, Rudy. Sono contento che alla fine siamo riusciti a convincerti.»

«Ehi!», scattò Rudy, ma lo Stregone sorrise.

«Ammetto che la mia storia non era del tutto credibile. La prossima volta ne inventerò una migliore.»

Rudy non rispose, e continuò a seguire il sentiero pietroso alle sue spalle scuotendosi la polvere dalle maniche della sua vistosa giacca.

«Spero che tu non voglia sollevarne troppa,» aggiunse Ingold. «Non è divertente per i tuoi amici respirare la polvere che sollevi.»

Camminarono fino a poco prima dell’alba. La notte era stata silenziosa e gelida, ma per fortuna non avevano fatto nessun brutto incontro. Se i Guerrieri del Buio erano in caccia, almeno non lo erano su quelle colline.

Dopo molte miglia, Ingold abbandonò gli argentei pendii ventosi delle colline, ed iniziò una ripida salita attraverso una valle coperta da un fitto bosco che sembrava condurre dritta nel cuore delle montagne; questa volta però il loro cammino fu accompagnato dal profumo del manto scricchiolante delle foghe autunnali e dal gorgoglio di qualche ruscello in distanza.

Una volta nel profondo del bosco, Ingold si fermò e disse:

«Sto evitando la strada principale che viene su dalle pianure, e vi sto conducendo a Karst per una strada secondaria. La prima ci farebbe procedere più facilmente, ma sarà piena di fuggiaschi, e quindi pericolosa a causa dei Guerrieri del Buio. Per quanto mi riguarda, non ho nessuna voglia di un’altro combattimento con la spada, questa notte.»

Gil, già stanca per il lungo cammino sul sentiero pietroso, e con un bambino addormentato tra le braccia che pesava certo più di quindici libbre, si chiese per quanto tempo ancora lo Stregone avrebbe resistito senza riposare, specialmente dopo la battaglia al Palazzo di Gae, alla quale si doveva aggiungere il combattimento con il Guerriero del Buio nella baracca dell’aranceto. Tutti gli Stregoni avevano quel genere di forza a cui far ricorso, si chiese, o più semplicemente era Ingold ad essere incredibilmente tenace e resistente?

Nelle ombre della foresta il suo viso era cereo e stanco, ed aveva gli occhi cerchiati; dove la coda sferzante della creatura del Buio gli aveva tagliato la pelle, si scorgevano dei segni rossi ed infiammati, ed il suo mantello era chiazzato dai buchi prodotti dalle scintille. Nonostante questo, lo Stregone continuava ad avanzare impettito e sereno, come un vecchio gentiluomo durante una passeggiata pomeridiana in un parco.

Passarono dal buio degli alberi ad una zona più chiara lungo un ruscello, e la musica dell’acqua divenne improvvisamente più forte. Dopo l’oscurità del bosco, persino la pallida luce della luna sembrava più forte. Dinanzi a loro si apriva un paesaggio fantastico, di sogno: profonde macchie di sabbia di fiume e di pietre levigate dall’acqua, facevano da sfondo alla nera parete di una montagna che si alzava informe contro il chiarore del cielo, eccetto che per una macchia arancione, un luccichio distante nella notte, forse un fuoco.

«Là», disse Ingold indicandolo. «Quella deve essere Karst. Là troveremo ciò che è rimasto del Governo e del Regno di Darwath!»

Karst, quando raggiunsero finalmente la città, ricordò a Gil le vecchie stazioni termali di una volta, belle, con la loro silenziosa eleganza rustica propria delle case che si annidavano tra alberi secolari. Passando davanti ai palazzi racchiusi da quei sipari ombrosi, Gil fece caso a delle caratteristiche architettoniche che non aveva mai visto prima, ma che le erano stranamente familiari. Erano ammassi di pilastri stretti e lisci, la pianta delle strade cittadine era assai intricata, e qua e là si vedevano delle pietre traforate, modellate in elaborati disegni geometrici.