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Una civiltà morente. Una terra invasa dalla paura. Un mondo crollato in un caos senza speranza davanti a un nemico che non può essere sconfitto…, pensò Rudy mentre girovagava tra le vie di Karst, su quell’acciottolato appena riscaldato dal freddo sole del pomeriggio. C’è troppa gente che viene dalle fogne, e la marea che entra ne porta sempre di più.

Se non fosse gremita fino alle soffitte, Karst sarebbe anche una bella città, rifletté Rudy. Cioè, se avessero un sistema di condutture ed uno di riscaldamento, oltre a strade fatte meglio, dove non si corra il rischio di slogarsi una caviglia…

La strada che il ragazzo stava percorrendo era relativamente affollata ed abbastanza silenziosa; dalla piazza della città conduceva fino ai boschi. Era pavimentata con ciottoli ruvidi che erano più alti e spessi ai bordi lungo i muri su entrambi i lati, e coperti da un luminoso muschio verde nel centro, attraverso il quale scorreva un sottile filo d’acqua argenteo che rifletteva il cielo.

Rudy aveva dormito male, in uno stanzino soffocante infestato da pulci, al terzo piano del Palazzo Comunale, ed aveva trascorso il resto della giornata e la maggior parte del pomeriggio a girovagare per Karst cercando di scroccare cibo ed acqua e di fare conoscenza con profughi, Guardie e qualche persona del seguito del Vescovo.

Camminando qua e là e chiacchierando con la gente, Rudy era giunto alla conclusione che, se Alwir non avesse promulgato al più presto un decreto per organizzare le cose, sarebbero morti tutti in breve tempo.

Il fatto era che c’era troppa gente: Gil e Ingold avevano ragione, qualsiasi cosa potesse obiettare il Cancelliere. Contrariamente alle affermazioni della maggior parte dei suoi insegnanti della scuola pubblica, Rudy non era affatto stupido: semplicemente non nutriva un grande affetto per il sistema scolastico.

La notte precedente aveva ascoltato attentamente quanto era avvenuto nel corso del Consiglio — d’altronde con così poco spazio a disposizione era difficile non origliare — ed aveva visto quello che stava accadendo in città. Aveva attraversato i boschi ed i campi, e si era reso conto della sporcizia, dell’immondizia accumulata e sopratutto della disorganizzazione. Fino a quel momento aveva assistito a sette litigi: tre per furti di cibo, due per furti d’acqua ed altri due che non avevano alcuna ragione. Aveva sentito predicatori da comizio ed oratori improvvisati che proponevano diverse soluzioni ai problemi di Karst, dal suicidio collettivo alla salvezza, ed aveva visto un vecchio lapidato da un gruppo di bambini perché qualcuno aveva lanciato contro di lui l’accusa di essere in combutta con il Buio… come se fosse possibile avvicinarsi ai Guerrieri del Buio per unirsi a loro!

Rudy avvertiva nettamente la tensione che regnava in città, come una sorta di corda tesa sul punto di spezzarsi, e si rendeva perfettamente conto di come quella terra stesse vivendo sull’incerto confine tra le legge e il disordine più completo. Le Guardie lasciate in città a cercare di mantenere un minimo di giustizia erano troppo poche e, sebbene non fosse mai stato molto portato ad avere simpatia per la polizia, questa volta non poteva non solidarizzare con quegli uomini: lui stesso non avrebbe mai voluto rimanere rinchiuso troppo a lungo in quel manicomio.

Il fumo dei fuochi accesi per cucinare aveva creato una densa nebbia, che in alcuni punti si alzava fino ai piani più alti delle case.

Rudy decise di fare ritorno in piazza, e le ombre sembrarono seguirlo muovendosi sulle pareti della piccola strada; il rumore delle voci nella piazza era ancora attutito dalle mura, e sembrava un mormorio insignificante, come il suono lontano delle campane delle chiese.

A dispetto della fame, della folla, della miseria, della minaccia di malattie, e della paura del Buio, Rudy si trovò stranamente in pace con la propria anima e con il mondo.

Oltre il muro alla sua destra sentì delle voci, quella di una donna e quella, più giovanile, di una ragazza. La donna si stava raccomandando.

«Non fargli mettere niente in bocca.»

La voce della ragazza, gentile e riservata, rispose:

«No, mamma.»

«E non farlo andare in giro a farsi male: tieni gli occhi aperti e sorveglialo, ragazza mia.»

Rudy riconobbe l’emblema sul cancello semiaperto di ferro arrugginito in una parte del muro: tre stelle nere che qualcuno gli aveva detto appartenere alla Casata di Bes, la stessa Casata del Cancelliere Alwir. Se questa era la villa di Alwir, allora le due donne stavano probabilmente parlando di Tir.

Al di là del passaggio nel muro, poté vedere un giardino semiavvizzito, bruno per il freddo e, aldilà ancora, la parete rocciosa di una terrazza che si trovava dietro l’imponente ombra grigia di una villa una volta splendida.

Aveva ragione: le due donne erano in piedi nella grande porta ad arco, e stavano stendendo a terra una stuoia di pelle d’orso sotto gli ultimi raggi del sole. La donna grassa, vestita di rosso, si stava muovendo con agitazione e gesti stizzosi, mentre l’esile ragazza vestita di bianco stava in piedi e teneva delicatamente in grembo un bambino.

La donna grassa continuò a brontolare.

«Vedi che non prenda freddo.»

«Si, Medda.»

«E non prendere freddo neppure tu!»

La voce della donna più anziana era fiera ed imponente. Si girò un attimo, poi entrò nell’ombra della porta e svanì.

Rudy oltrepassò il cancello e passò attraverso sentieri silenziosi ornati da brune siepi inaridite. Sopra il suo capo, gialli rami artritici tremavano nell’aria azzurrina.

Anche se moribondo per l’autunno incalzante, il giardino era ancora immacolato. Rudy si fermò al centro dei vialetti per orientarsi, e si chiese a chi fosse stato dato il compito di spuntare ogni giorno le siepi…

La ragazza che badava al bambino si era seduta su un angolo della pelle d’orso accanto al Principe. Alzò gli occhi e trasalì, non appena Rudy girò intorno alla balaustra avvicinandosi.

«Ciao», disse, timidamente.

Rudy le rivolse uno dei suoi sorrisi più affascinanti.

«Salve», disse. «Sono felice che lo abbiate portato qui. Temevo di dover chiedere il permesso ad ogni Guardia della casa per poter vedere come stava.»

La ragazza si rilassò e gli restituì il sorriso.

«Dovrei riportarlo dentro», si scusò, «ma probabilmente questo è uno degli ultimi giorni caldi che avremo.»

La sua voce era bassa e timida, e Rudy stimò che dovesse avere tra i diciotto e i venti anni.

«Caldo!?» Come la maggior parte dei Californiani, Rudy detestava il freddo. «Mi sono congelato a morte per tutto il pomeriggio. Cos’è che voi considerate freddo?»

Trasalendo, la ragazza scosse la lunga treccia nera che le scendeva sui fianchi, ed alzò verso di lui i suoi occhi di un profondo e luminoso blu scuro, simile al colore del Crater Lake in un pomeriggio estivo.

«Oh!», sorrise. «Tu sei il compagno di Ingold, quello che lo ha aiutato a salvare Tir.»

E in verità Tir si stava avvicinando intenzionalmente a Rudy, ma finì con l’ingarbugliarsi nella seta bianca e nera della sua veste. Rudy si sedette a gambe incrociate accanto alla ragazza e prese il bambino in braccio.

«Bene…», disse, un po’ imbarazzato da quello sguardo che esprimeva timore e gratitudine. «Mi ci sono trovato. Voglio dire: o venivo con lui o sarei morto. Suppongo di non aver avuto altra scelta…»

«Ma tu hai avuto la possibilità di stare con lui nella tua terra, non è vero?»

«Si», annuì. «Ma, credimi: se avessi saputo di cosa si trattava, starei ancora correndo.»

La ragazza rise.

«Un eroe tradito…», e lo canzonò gentilmente.

«Guarda che tu non sai…»

Rudy si liberò delle manine di Tir che cercava qualcosa nel suo colletto, e cercò in tasca le chiavi che immediatamente furono afferrate dal bambino il quale, tutto contento, cercò subito di mangiarle.