«Tu sai», continuò dopo alcuni minuti, «che quello che mi preoccupa di più è proprio la salute del bambino. È stato bene dal momento in cui Ingold lo portò via da Gae fino a quando lo abbiamo riportato qui… anche se temevamo che potesse subire uno scock. I bambini sono così fragili: sembra quasi che si possano rompere come un fiore o qualche animaletto…»
«Sono più resistenti di quanto si possa credere,» disse la ragazza sorridendo. «La razza umana si sarebbe estinta molto tempo fa se i bambini non fossero così resistenti. E spesso lo sono più dei loro genitori.»
Le sue dita giocherellavano con i riccioli neri e vellutati di Tir.
Rudy ricordò qualcosa di quanto era stato detto nella sala, e lo collegò con altre cose sentite durante la sua passeggiata.
«Come sta sua madre?», chiese. «Ho sentito che la Regina sta molto male. Guarirà?»
La ragazza esitò, ed il suo viso assunse un’espressione indefinita, forse di rabbia, forse di qualcos’altro, e strinse istintivamente i muscoli della mascella così che il suo profilo delicato si indurì.
«Dicono che la Regina si riprenderà,» rispose lentamente. «Ma io non so dirti se ciò sia vero. Dubito che possa mai ritornare quella di un tempo.»
La ragazza cambiò posizione sulla pellicca e spinse la sua lunga treccia dietro le spalle. Rudy si fermò prima di formulare un’altra domanda, chiedendosi invece in quali circostanze e come quella fanciulla fosse riuscita a fuggire da Gae.
«E la tua amica?» La ragazza con uno sforzo visibile cercò di cambiare argomento. «L’altra compagna di Ingold?»
«Gil?», rispose Rudy. «Credo che sia andata con le Guardie a Gae questa mattina. Questo è quanto ho saputo… Io non mi avvicinerei a quella città a meno di cento miglia!»
«Adesso sei a meno di dieci miglia…», disse la ragazza, osservando Rudy pacatamente.
Il giovane scosse le spalle.
«Certo! Ma posso dirti fin d’ora che, prima del tramonto, sarò abbastanza lontano. Cibo o no, bisogna essere pazzi per tornare là.»
«Non lo so,» disse la ragazza. «Dicono che le Guardie sono pazze, e si deve essere pazzi per essere Guardie. Io ci credo. Anch’io non tornerei là per tutto l’oro del mondo, ma le Guardie sono speciali. È il corpo militare più addestrato dell’Ovest del mondo. Tutta la loro vita è dedicata al combattimento. Per loro non esiste altro… Io non lo capisco, e forse nessun altro può capirlo… soltanto un’altra Guardia.»
Lo capirebbero i giocatori di calcio professionisti, pensò Rudy, e forse anche i più profondi conoscitori di arti marziali… Ricordò alcune cinture nere di karaté che conosceva. Poi, ad alta voce, disse:
«Dio aiuta tutti, ed anche tutto ciò che un simile gruppo di persone fa. Anche Ingold, che è con loro.»
«Oh…», mormorò la ragazza.
«Conosci Ingold?»
«Veramente no. Ma l’ho incontrato…», si accigliò un poco. «A dir la verità, ho un po’ paura di lui. Si dice che sia infido e pericoloso, e forse lo è, nonostante la sua aria così… così innocua. È naturale per un Mago… c’è anche chi dice che i Maghi siano gli agenti del Male.»
«Un agente del Male, Ingold?»
Rudy rimase di stucco a quelle parole. Non c’era una persona della quale avrebbe potuto fidarsi di più.
«Forse hai ragione.» La giovane esitò, continuando a giocherellare con la punta della sua treccia mentre Tir, dimenticando le chiavi, cercava di afferrarla. «La Chiesa però ci insegna che il Diavolo è il Signore delle Illusioni, il Principe degli Specchi. E le illusioni sono i ferri del mestiere per i Maghi: barattano la loro anima per il Potere, quando decidono di recarsi a Quo per imparare. Il Consiglio dei Maghi inoltre non deve lealtà a nessuno, e nessuno può controllare ciò che fanno o che possono fare.»
Questo è quello che crede il Vescovo, pensò Rudy, e adesso riesco a comprendere il perché di quello sguardo cupo e spaventoso che rivolse a Ingold durante quel frettoloso Consiglio della notte scorsa. È sicuramente una cacciatrice di streghe…
La ragazza continuò.
«Naturalmente Ingold era anche amico e consigliere del… del Re…»
C’era un tono strano nella sua voce, e Rudy alzò velocemente il capo verso di lei mentre pensava che cosa legasse Re Eldor alla bambinaia di suo figlio.
«Ingold aveva i suoi scopi,» continuò ancora la ragazza con quel suo tono di voce sottile. «Se ha salvato Tir è stato per la sua memoria ereditaria, per i ricordi dei Re di Darwath, il bagaglio di conoscenze che potremo un giorno usare contro il Buio… Non l’ha fatto soltanto perché Tir era un bambino indifeso e in pericolo…»
I suoi occhi erano ora puntati sul bambino che in quel momento stava strofinando il viso contro la morbida pelle d’orso e, mentre pronunciava quell’ultima frase, la sua voce tremò.
È veramente affezionata al bambino e si preoccupa per lui, pensò Rudy improvvisamente. Forse è perché le Regine non si occupano direttamente dei propri figli ed è stata lei probabilmente ad allevare il piccolo Principe. Lei non lo vede come erede al Trono, come il futuro Re di Darwath, ma soltanto come un bambino che ama, così come io voglio bene al mio fratellino più piccolo…
Quest’idea fece immediatamente cambiare l’opinione che Rudy si stava facendo della ragazza.
«Credi veramente a tutte queste storie?», chiese con calma.
La ragazza non rispose né lo guardò.
«Se ci pensi bene, non ha fatto altro che il suo lavoro. Se Ingold era un Mago consigliere, era suo compito fare simili cose… Penso che tu abbia torto nel giudicarlo male.»
Per un po’ lei rimase in silenzio e, tutt’intorno, il giardino sembrò improvvisamente cadere in balia di una strana pace. Il sole era stato nascosto da un bianco velo di nuvole sopra le vette occidentali e l’ombra blu della villa metteva in risalto le crepe del pavimento della terrazza, avanzando come quella di una meridiana.
Osservando l’austero mosaico grigio e marrone del manto erboso del giardino che si andava coprendo di brina, Rudy avvertì quel senso di pace che si andava impadronendo del suo spirito, e si sentì imprigionare da quella bellezza semplice eppure mozzafiato. Era un silenzio fatto di pietre antiche e di lenta luce solare, qualcosa visto tanto tempo prima, come il ricordo perso di qualcosa che non fosse mai esistito… qualcosa come i riflessi di un tramonto sull’acqua cheta di qualche lago, un’acqua limpida che rimandava le immagini come fosse di cristallo. Ogni pallida pietra della terrazza, ogni filo d’erba, sembravano trasformarsi in quella atmosfera dorata quasi volessero preservare quella luminosità magica come fosse l’eco morente di una musica arcana.
Era un mondo che appena ieri era sconosciuto e che domani non avrebbe più visto… ma, in quel momento, sembrava non avesse fatto altro che aspettarlo per riservargli quelle splendide, fatate immagini…
«Alde!»
Una voce acuta spezzò quella pace argentea, e la ragazza si girò rapidamente, spaventata quasi fosse stata un bambino colto con le mani nel vaso della marmellata.
La donna grassa, vestita di rosso, era in piedi sulla soglia, i pugni stretti sulle ampie anche e la faccia imporporata dalla rabbia e dall’indignazione.
Rudy si alzò in piedi di scatto non appena la donna si mise a urlare.
«Seduta sul pavimento freddo! Vi prenderete un malanno! E per giunta con la Piccola Maestà!» Quindi cominciò ad agitarsi e brontolare come fosse una chioccia con il suo pulcino. «Porta subito dentro il bambino e rientra anche tu! L’aria si sta facendo gelida!»
Per quanto si agitasse come una forsennata e sprecasse tutta quella preoccupazione, Rudy si rese conto che il vero problema era costituito dalla sua presenza: Alde stava perdendo tempo a parlare con uno straniero invece di badare al bambino come avrebbe dovuto fare. La ragazza ammiccò verso di lui e Rudy, galantemente, si inchinò per piegare la pelle d’orso, consegnandogliela anche se sembrava pesare una tonnellata.