Alwir puntò il dito verso il basso, e Rudy pensò che stesse indicando le cantine della Villa.
Il Vescovo gli chiese qualcosa, e gli occhi del Cancelliere brillarono di rabbia.
Prima ancora che riuscisse a rispondere, un fragore violento salì dalle profondità della casa facendo vibrare le pareti di pietra fin dalle fondamenta. Nel silenzio che seguì, la voce di Janus arrivò distinta anche negli angoli più lontani della sala: «Galleria Est,» disse brevemente.
Una donna iniziò a mugolare, e la sua voce si alzò in una nota continua e stridula. A pochi passi da lui, Rudy scorse una giovane donna, più o meno della sua stessa età, che stringeva a sé un gruppo di bambini piccoli che si afferravano alla sua gonna per cercare rifugio e coraggio. Un uomo grasso che impugnava un rastrello, saltellava nervosamente guardandosi attorno, quasi aspettasse che il Buio arrivasse trasportato dall’aria o da qualche regione sconosciuta.
La folla continuava a stringersi quasi quello fosse l’unico modo per poter sfuggire a quella terribile minaccia…
Le voci ripresero a salire in un crescendo di terrore incontrollabile ma, per fortuna, la voce di Alwir, addestrata alle battaglie, attraversò quel clamore con la forza di una mannaia.
«Con me! Possiamo difendere le sale…»
«Non torneremo più nelle sale! Mai più…», gli rispose una voce sconosciuta.
Rudy inciampò di nuovo, e lanciò un’imprecazione mentre barcollava rischiando di tagliarsi in due una mano con la spada che continuava a reggere goffamente. Non gli interessava tanto sapere dove sarebbero andati a nascondersi, quanto essere certo che quel posto avesse delle pareti spesse ed una porta robusta.
La folla gridò e, ondeggiando come una massa unica, si riversò dietro Alwir che si era diretto verso il passaggio sotto l’arco, nel punto più lontano della sala.
Le torce erano state strappate via dalle pareti e la solita luce rossastra vorticava nell’ambiente rifrangendosi sulle pareti.
Qualcuno si spinse contro Rudy nella ressa, lottando contro il flusso di gente che si precipitava nella direzione opposta; il ragazzo afferrò un braccio familiare.
«Dove diavolo credi di andare?»
I capelli di Minalde scendevano sciolti lungo la sua gonna bianca, sporca e consumata.
«Tir si è alzato», rispose la giovane. «Ho pensato che Medda volesse portarlo giù.»
Qualcuno li spinse ancora più vicini. Nel biancore del suo viso, gli occhi spiccavano, luminosi e del colore dell’iris che le fiamme delle torce accentuavano.
«Non puoi andare là ora!», disse Rudy, aggiungendo, mentre la ragazza cercava di svincolarsi dalla sua stretta: «Se la porta è chiusa e c’è della luce nella sua stanza, quelle creature la eviteranno, ed il bambino riuscirà a sopravvivere. Ci sono fin troppe prede qui sulle quali possono scagliarsi.»
«Sanno chi è…», sussurrò Minalde con voce disperata. «È lui che stanno cercando, ed è lui che vogliono!»
Con un movimento rapido, si liberò dalle mani di Rudy e corse via verso le scale, scivolando tra la folla come un’anguilla.
«Pazza! Ti farai ammazzare inutilmente…»
Rudy corse dietro di lei, anche se la sua altezza gli era d’impaccio e la folla cercava di trascinarlo con sé.
Vide Alde fermarsi ai piedi delle scale ed afferrare una torcia dal supporto sul muro. Sgomitando e lottando furiosamente, raggiunse il posto pochi attimi dopo la ragazza, afferrò un’altra torcia e la inseguì nell’oscurità. La raggiunse sulle scale e le strinse un braccio con una violenza che neanche lui si aspettava.
«Lasciami andare.»
«Non lo farò,» le gridò. «Ora ascoltami…»
Con un gesto furioso, la giovane gli spinse la torcia verso il volto e Rudy fu costretto a ritrarsi evitando per un pelo di cadere dalle scale. Minalde scappò ancora. Rudy la vide svanire come un bianco fantasma nella galleria ventosa, con la torcia che fluttuava nella sua scia come una bandiera di fiamma. La seguì.
A dispetto del Buio, Minalde lasciò aperta per lui la porta della stanza del bambino e il giovane non si fece pregare per varcarla, chiudendola poi dietro di sé ansimando per lo sforzo e per la rabbia.
«Sei completamente pazza. Lo sai?», le gridò. «Potevamo ammazzarci tutti e due. E non sapevi neanche se il bambino fosse ancora vivo!»
Minalde però non lo stava ascoltando: china sulla culla dorata, aveva preso Tir tra le braccia. Il Principe era sveglio, ma silenzioso come lo era stato nella baracca sperduta tra gli aranceti della California, con gli occhi blu scuro sgranati e colmi di una paura che nessuno avrebbe potuto togliergli.
La ragazza si tolse i capelli appiccicati sul viso, e pizzicò leggermente la guancia paffuta del bambino. Rudy si accorse che le sue mani stavano tremando. Leggermente, ma tremavano.
«Ecco», disse Rudy bruscamente, prendendo uno scialle dal tavolo accanto alla culla e porgendolo alla ragazza. «Fa’ un’imbracatura e legati il bambino addosso. Hai bisogno delle mani libere per portare le torce.»
Minalde ubbidì in silenzio, senza guardarlo negli occhi.
«Non so se essere arrabbiato con te! Forse, se ti rompessi la testa, potrei farci entrare un po’ di buon senso!»
La ragazza prese la torcia dal muro e si voltò verso di lui con uno sguardo diffidente. Rudy grugnì qualcosa riconoscendo, senza volerlo, il suo coraggio, anche se continuava a pensare a lei come ad una irriducibile testarda.
«Dovrai dirmi dove possiamo trovare queste sale di cui tutti parlano.»
«Giù dalle scale, attraverso l’arco in fondo alla grande sala, a destra…», rispose la giovane a bassa voce. «Forse intendevano parlare della sala principale, dove si conserva il vino. È il solo spazio abbastanza grande per tutti.»
Rudy prese la sua torcia e si guardò intorno, osservando i particolari della piccola stanza ottagonale con le pareti da cui pendevano cupi arazzi dorati e con una lunga striscia di ebano filigranato che tappezzava tutto l’ambiente. Poi tornò a guardare la ragazza ed il suo volto pallido, bianco come la sua veste.
«Avremmo anche potuto morire…», iniziò a dire, poi si fermò. «È tutto inutile… Come potrebbe capire qualcosa una pazza come te?»
Le affidò la sua torcia e si avvicinò alla porta stringendo l’elsa della spada con entrambe le mani, e cercò di imitare i gesti che aveva visto fare a Ingold. Alde rimase in piedi alle sue spalle, senza dire una parola.
«Sei pronta?»
«Si,» rispose lei sottovoce.
Rudy brontolò qualcosa.
«Qui comincia il bello, dolcezza!», e fece un passo avanti.
Con un movimento veloce colpì il battente della porta con un calcio e si gettò in avanti mulinando la lama. Il Guerriero del Buio che sembrava quasi attenderli, scese verso di loro come una nera tempesta di protoplasma, ma incontrò la punta vorticante della spada e quasi si frantumò su di essa investendoli con il suo licore puzzolente. Il secondo Guerriero seguì il primo, ma fece in tempo a fermarsi ritirandosi indietro in un agitarsi furibondo d’aria putrescente. Neppure un’ombra era visibile nel corridoio buio che si snodava davanti a loro; c’era soltanto qualcosa di indistinto che si agitava freneticamente nella parte più lontana. Rudy afferrò Alde per un braccio e corse.
Ombre fluttuanti li inseguirono: la luce delle fiaccole rifletteva sulle pareti le sagome mostruosamente distorte del gruppetto. Un lampo di luce illuminò per un attimo gli archi aperti alla loro sinistra ma, oltre quelli, il buio regnava sovrano, e la vista non poteva spingersi oltre quella oscurità degna di una notte infernale.
Rudy poteva percepire la presenza del Buio tutto intorno a loro, e quelle orribili creature sembravano giocare come fa il gatto con il topo, osservandoli con la loro intelligenza aliena, assaporando il momento opportuno per piombare sul gruppetto.