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Gil iniziò a parlare, poi si accorse che lo Stregone stava osservando un cristallo che aveva posto sul davanzale della finestra. I suoi occhi erano puntati sulla sfaccettatura centrale della pietra, lavorata come una gemma, quasi stesse cercando un’immagine nel cuore dell’oggetto.

Gli occhi di Ingold si sollevarono verso i due giovani e sorrisero.

«Entrate,» disse.

Gil e Rudy si mossero cautamente attraverso la stanza evitando gli oggetti sparsi qua e là, e si diressero verso il piccolo spazio di pavimento sgombro accanto al letto del Mago, dove trovarono da sedersi su sacchi e barilotti.

«Alwir ci ha detto che non ci rimanderai nel nostro mondo,» disse Gil.

Ingold sospirò, senza distogliere lo sguardo dal volto amareggiato della ragazza.

«Temo che abbia ragione…»

Gil respirò profondamente e la paura, il dolore, ed il timore di un incerto futuro, la colpirono brutalmente. Nascondendo l’emozione, chiese con voce contratta:

«Mai?»

«Almeno per qualche mese…», rispose il Mago.

Gil sospirò ancora, ma lasciar andar via il respiro lentamente non alleviò per nulla il suo dolore.

«Va bene…», disse, e fece per andar via.

La mano di Ingold scattò a trattenerla.

«Siediti!», le disse dolcemente. La ragazza cercò di liberare il braccio, senza rispondere, ma la stretta dello Stregone era troppo forte. «Per favore…»

Gil si voltò, fredda e innervosita ma, abbassando lo sguardo verso gli occhi blu di Ingold, si accorse che l’uomo era stato ferito dalla sua rabbia. Sentì il cuore battere in fretta.

«Per favore, Gil…»

Lei si allontanò ancora da lui per un momento, per tutta la lunghezza delle loro braccia. Le dita dell’uomo rimasero strette intorno al polso, quasi che Ingold avesse paura, una volta lasciatala, di non vederla mai più.

E forse potrebbe anche avere ragione… pensò Gil.

In quello stesso istante, davanti ai suoi occhi scorsero le immagini dei suoi sogni; calde e luminose visioni di un’altra vita, di un altro mondo… Gli amici, la sua borsa di studio — ragione non ultima del suo impegno — si stavano allontanando da lei, mentre al loro posto prendeva sostanza una forma cupa e misteriosa che avrebbe potuto essere sia quella di un Guerriero del Buio, sia quella più familiare di Ingold. I suoi progetti, i suoi piani, tutte le sue ricerche e le sue relazioni, caddero in un baratro profondo come la morte, nel quale lei non sarebbe mai più potuta scendere a tentare di recuperare qualcosa… La rabbia montò in lei come un’ondata feroce di calore.

Alle sue spalle sentì Rudy alzarsi e dire, in tono allarmato:

«Alcuni mesi è un periodo troppo lungo per continuare a giocare a nascondino con il Buio, amico!»

«Mi dispiace,» rispose Ingold, ma i suoi occhi non avevano abbandonato per un attimo Gil.

Tremando per lo sforzo che le costava, la giovane riuscì a smaltire la rabbia, ingoiandola. Senza quell’energia che ancora la sosteneva, si sentì però improvvisamente debole e barcollò. Ingold le si avvicinò e l’aiutò premurosamente a sedere sul suo giaciglio: lei non oppose alcuna resistenza.

«Avrei dovuto parlarvene prima del Consiglio,» disse lo Stregone a bassa voce. «Temevo che sarebbe successo proprio questo.»

Gil non riuscì a parlare, ma Rudy si sostituì a lei:

«Tu avevi detto qualcosa in proposito ieri mattina quando stavi andando a Gae con le Guardie… Se il Buio si fosse fatto vivo, forse non avremmo potuto far ritorno…»

«È vero!», ammise Ingold. «Avevo paura di questa eventualità da molto tempo. Vi ho già detto una volta che i nostri mondi sono estremamente vicini l’uno all’altro. Vicini abbastanza da consentire ad un sognatore — come ha fatto Gil — di oltrepassare il confine tra di loro. Vicini tanto da consentirmi di transitare velocemente da un mondo all’altro come fa un uomo che si muove dietro le pieghe di una tenda… Con il passar del tempo questa vicinanza diminuirà, e la congiunzione tra i due mondi terminerà… soltanto allora, con il Buio o senza il Buio, mi sentirò abbastanza sicuro di potervi rimandare indietro.

«Sono consapevole di quanto accade nel Vuoto tanto quanto lo sono del trascorrere del tempo. La prima volta che l’ho attraversato per raggiungere Gil nel suo appartamento, ero conscio di un indebolimento nella sua struttura in vicinanza del passaggio che avevo effettuato. È stato proprio in quel momento però che ho iniziato ad avere paura. I Guerrieri del Buio non comprendono il Vuoto, ma ritengo che in quel momento si accorsero della sua esistenza. Alla fine lo videro. La seconda volta che lo attraversai, fuggendo dalla battaglia nel Palazzo di Gae, sentii un Guerriero che mi seguiva. L’apertura che feci allora provocò una serie di fratture nel suo tessuto; la maggior parte di esse non avrebbe fatto mai passare un essere umano, ma il Buio, dotato di una consistenza diversa dalla nostra, fu capace di usarne almeno una. Questo avvenne quando cercai di mandarvi via dalla baracca, ma tu fosti troppo testarda per andar via…»

«Io fui testarda?», saltò su Gil. «Fosti tu l’unico testardo!»

«Ehi, se mi avessi detto la verità…»

«Io ve l’ho detta», rispose Ingold a Rudy. «Foste voi a non credermi.»

«Ma…»

Le lamentele di Rudy si spensero in un silenzio imbarazzato.

«Sentivo che mandarvi indietro ieri sarebbe stato assolutamente insicuro, con i Guerrieri del Buio ad appena quindici miglia da Karst», continuò imperterrito Ingold. «Adesso è sicuramente fuori questione. L’unico Guerriero del Buio che attraversò il Vuoto dopo di me, ricavò una certa conoscenza da quello che stava facendo. E adesso essi sanno che dall’altra parte esistono altri esseri umani…»

«Come fai ad affermarlo?» Le doghe del barilotto si ruppero non appena Rudy cambiò posizione, costringendolo a contorcersi per riuscire a stare in piedi. «L’unico che ti seguì è finito tra le fiamme, nel nostro mondo… E certo non è potuto tornare indietro per raccontare quanto sapeva.»

«Non ne aveva bisogno.» Ingold si voltò verso Gil. «Hai visto con i tuoi occhi la velocità con la quale combattono quelle creature, e li hai visti cambiare posizione e muoversi come un’unico corpo. Non sono sicuro del modo nel quale avviene uno scambio di informazioni tra di loro, ma credo che quello che uno impara, dopo un istante lo sanno tutti gli altri. Se noi ora indeboliamo la struttura del Vuoto, così che molti di loro possano attraversarlo insieme a te e Rudy, e se, come sospetto, la loro conoscenza degli avvenimenti è simultanea e non cumulativa, sarebbe poi soltanto questione di tempo prima che imparino a manovrare i cancelli attraverso il Vuoto da soli.

«Quale Guardiano del Vuoto io ne sono responsabile. In questo momento non posso mettere in pericolo il vostro mondo rimandandovi indietro.»

Nel silenzio che seguì a quelle parole, echeggiò lontano il lento picchiettio degli zoccoli dei cavalli nel cortile, al quale si aggiunse la voce indistinta di Janus che urlava qualche incomprensibile comando. Un cane abbaiò da qualche parte e, proprio in quell’istante, la luce nella stanza iniziò a scemare, lasciando posto al crepuscolo che scese d’improvviso sulla città.

«Cosa possiamo fare allora?», chiese Rudy.

«Aspettare,» rispose Ingold, «Solamente aspettare. Fino all’inverno, quando i nostri mondi saranno abbastanza lontani da permettere un passaggio sicuro. O aspettare fino a che io non sia riuscito a parlare con l’Arcimago.»