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Gli occhi di Ingold lo fissarono cupi e con una luce indispettita per la perspicacia del ragazzo che aveva già indovinato il seguito della storia.

«Anche loro hanno delle mandrie di… pecore e bovini», rispose malvolentieri e, dal tono della sua voce, era facile intuire che avrebbe preferito lasciar cadere l’argomento, ma gli occhi di Rudy lo incitarono a continuare. «Erano cambiati, mutati, adattati all’ambiente dopo innumerevoli generazioni cresciute in quell’oscurità… Ma è certo che gli esseri umani costituiscono la loro preda naturale…»

«Questo spiega la presenza delle scale,» commentò Rudy pensieroso. «Il Buio non ne ha certamente bisogno… ma forse possono servire per i doic…»

«Quelli che ho visto,» disse Ingold, «non erano doic. Erano esseri umani… se così vogliamo dire…» Lo Stregone rabbrividì a quel ricordo. «Ma vedete, ragazzi miei, tutti gli eserciti del mondo non sarebbero sufficienti per porre in atto quello che Alwir propone. L’unica conseguenza di un’invasione sarebbe soltanto quella di indebolire ancora di più le nostre forze già dissanguate e lasciare pochissimi uomini a difesa delle loro case contro l’Impero di Alketch… o contro il Buio!

«L’alternativa, ritirandoci nei Torrioni, e lasciando che la civiltà intorno a noi — quella almeno che conosciamo, — muoia, nella speranza che un giorno il Buio si ritiri di nuovo, è soltanto un vano tentativo di sopravvivere. Ma a questo punto non riesco a vedere una terza, possibile soluzione. Anche Alwir ha dovuto riconoscere che non possiamo semplicemente fuggire dal Buio, così come non è certo probabile che i Guerrieri del Buio divengano di colpo vegetariani.

«Come vedete», concluse calmo, «devo assolutamente trovare Lohiro, e devo trovarlo in fretta. Se non ci riesco, dovremo affrontare molti altri disastri. La Magia si è rinchiusa a lungo in una torre isolata sulle sponde dell’Oceano Occidentale, lontano dal mondo, per sperimentare — sistemandosi al centro esatto del Cosmo e servendosi di un potere che lavora per la perfezione di se stesso — una sapienza che viene utilizzata per raggiungere un’altra e maggiore sapienza… Non c’è nulla di fortuito, nessun avvenimento casuale. Forse l’intera storia della Magia, da Forn in poi, potrà servirci per ottenere la salvezza dal Buio!»

«Se sarà possibile…», commentò sconsolato Rudy restituendo al Mago il suo gioiello.

«Certo, se sarà possibile!», ripeté Ingold annuendo.

Era ormai calata l’oscurità. Sui resti della città di Karst ora cadeva una leggera pioggerella che si spandeva piano sul fango scivoloso del cortile, macchiando il legno e la paglia delle baracche. Dalle montagne poi aveva cominciato a soffiare un vento freddo e sferzante che agitò vigorosamente il mantello di Gil quando lei e Rudy attraversarono il cortile.

«Tre mesi…», mormorò Rudy alzando la testa sotto la pioggia e contemplando le rovine della città. «Cristo! Se non ci uccide il Buio, moriremo di freddo con questo tempo!»

Un tuono rimbombò in lontananza come un colpo di cannone. Gil si gettò nell’oscurità di una baracca in cerca di un riparo dalla pioggia che si era fatta via via più forte, e vide Rudy allontanarsi attraverso il cortile in direzione del bagliore tremolante di un fuoco da campo sul quale era stata sistemata la pentola del rancio. Le Guardie giravano intorno, come scure sagome simili a fantasmi. Costituivano la Fratellanza della Spada: le uniformi nere e macchiate portavano l’emblema bianco a quadrifoglio della Compagnia di appartenenza… Il vociare di quegli uomini giungeva attutito dallo scrosciare della pioggia.

Due forti mani si appoggiarono sulle sue spalle, ed una voce fioca chiese:

«Gil-Shalos?»

Lei guardò le mani che ora le stringevano le guance. Avevano dita lunghe e sottili, segnate da tagli e callosità dovuti all’uso continuo della spada. Poi scorse una sagoma in uniforme e le punte infiocchettate di due trecce chiare. Da una pattuglia lì vicino si staccarono due figure che si avvicinarono ponendosi a fianco della prima.

L’addestratore delle Guardie Gnift le prese la mano e la strinse al petto in un gesto caloroso.

«O perla del mio cuore!», la salutò, ed ella sorrise ritraendo la mano.

Non aveva mai parlato con l’istruttore e, in verità, quell’uomo le ispirava soggezione dopo aver visto i suoi sistemi con le altre Guardie. Il suo umore scherzoso però, allontanò la timidezza della ragazza, e diminuì la punta di amarezza che aveva piantata nel cuore. Accanto c’era Seya, che la fissò in silenzio fino a che un rapido sorriso le attraversò il viso. Evidentemente era abituata ai burleschi corteggiamenti di Gnift.

«Cosa volete?», chiese Gil sorridendo anche lei. Si sentiva ancora intimidita, ma al tempo stesso provava una curiosa sensazione di sicurezza quasi fosse tornata a casa. In poco tempo aveva conosciuto sia il Falcone di Ghiaccio che Seya, ed ora anche Gnift l’aveva accettata senza condizioni. Raramente si era sentita così tranquilla, persino tra i suoi vecchi compagni di Università.

Il riflesso lontano di un falò brillò sulla calvizie di Gnift, più simile ad una tonsura; i capelli infatti scendevano folti fino al collo sui lati del suo viso. Sotto la sporgenza delle sopracciglia, i suoi occhi castani erano luminosi, vispi, sempre all’erta.

Gnift mormorò silenziosamente:

«Te!»

Con un gesto elegante mise in mostra il fagotto che aveva tenuto nascosto sotto il braccio fino a quel momento e lo porse alla ragazza.

Gil lo aprì: c’era una stinta tunica nera, una camicia di cotone grezzo, dei calzoni, un soprabito ed una cintura con un pugnale.

Tutti quegli oggetti portavano ben impresso il bianco quadrifoglio delle Guardie…

CAPITOLO NONO

Nonostante la continua presenza dei membri delle varie compagnie militari che montavano la guardia nella città per tutta la notte, non si udiva alcun rumore tra i vicoli e le strade, eccettuato quello pesante dello scrosciare della pioggia.

Dopo aver terminato di cenare — una magra razione di farinata e di formaggio — Gil si unì alle Guardie che dovevano compiere il primo turno nella Sala Municipale. I profughi si erano accalcati al riparo di quel grande spazio semivuoto e, quando la ragazza entrò, si chinarono al suo passaggio come facevano per tutte le altre Guardie.

Rudy si accorse del cambiamento avvenuto nella sua compagna d’avventure quando più tardi entrò nell’oscurità fumosa della sala: rimase confuso, soprattutto perché la sua esperienza con le donne era, sebbene vasta, avvenuta in un ambiente dove poche erano le ragazze come Gil.

«Dicono che fai di tutto per evitare di andare in prima linea» le disse scherzando, mentre le si avvicinava.

Gil sorrise.

«Siamo tutti in prima linea», rispose con calma, «e, se devo andare là fuori, almeno ci andrò con un’arma in mano.»

«Hai visto in che modo si addestrano?»

La voce di Rudy tremò un poco.

«Ne vale la pena per imparare qualcosa…»

Entrambi sapevano che non era quello il motivo che aveva spinto Gil ad accettare l’offerta di Gnift di entrare in quel Corpo scelto, ma a tutti e due sfuggivano le vere ragioni che l’avevano condotta a quel gesto.

Durante la prima parte della serata, la grande sala mostrò qualche segno di vita, senza però giungere agli scontri ed alle liti della sera precedente. Il massacro a Karst aveva piegato i bollenti spiriti dei sopravvissuti, ed ora erano tutti contenti di aver trovato quel rifugio perché non c’era più alcun luogo verso il quale fuggire o dove nascondersi.

Rudy rimase sorpreso dal vedere quanta gente ancora affollasse la sala. Alcuni addirittura li riconobbe: c’era l’uomo grasso con il rastrello e la coppia di anziane prostitute con le quali aveva scambiato qualche battuta la notte prima, nei boschi. Più in là, poté scorgere anche la nidiata di bambini imbaccuccati che sembravano aver assunto come loro custode una ragazza addormentata…