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Rudy scivolò su un praticello coperto di foghe marce che era circondato da una chiazza nera di sabbie mobili. La strada da Gae a Karst era stata spianata e scavata così da essere facilmente percorribile col tempo buono, ma il costante andirivieni dei profughi, insieme alle piogge della cattiva stagione ed alle continue partenze dalla città, l’avevano ridotta ad un infido fiume di fango sdrucciolevole. I profughi che ancora non erano riusciti ad evacuare la città avrebbero di certo faticato ancor di più per percorrere la strada fino alla pianura. Rudy gettò uno sguardo verso l’oscurità dei boschi grigi e nebbiosi che fiancheggiavano il cammino, ed immaginò quale avrebbe potuto essere il destino di quelli che si impantanavano al calar delle tenebre. Tremò visibilmente.

«Quanta strada dovremo percorrere?», chiese improvvisamente. «E quante notti dovremo trascorrere all’addiaccio?»

«Sono circa centosettanta miglia,» rispose Ingold, sostando tra i cespugli bagnati su un terreno più solido al margine della strada. «Otto o dieci notti se il tempo rimane buono, e se l’Arrow non sarà troppo gonfio per poterlo guadare quando lo raggiungeremo.»

«E tu questo lo chiamo tempo buono?», brontolò Rudy. «Sono zuppo dalla testa ai piedi da quando sono venuto qui. Credo che non riuscirò mai ad asciugarmi…»

Ingold alzò la mano e la pioggia creò un laghetto nel suo palmo calloso.

«Potrebbe anche andar peggio», commentò con calma. «Abbiamo avuto degli inverni rigidi in questi ultimi anni con nevicate abbondanti sulle pianure al di là delle montagne che hanno portato fino alle nostre terre i Razziatori Bianchi, i barbari delle pianure; inoltre ci sono stati molti attacchi agli insediamenti a causa delle carestie… Questo inverno promette di essere anche peggiore…»

«Fantastico!»

«… però voglio ricordarti che i Guerrieri del Buio sembrano meno attivi con il cattivo tempo. Il vento forte, le piogge abbondanti e la neve, sembrano costringerli a rimanere sotto terra…»

«Bene!», esclamò Rudy senza troppo entusiasmo. «Così abbiamo anche un’alternativa ai Guerrieri del Buio, la polmonite!»

Lo Stregone alzò le sopracciglia divertito.

«Tu, cosa preferisci?»

In quel momento girarono un angolo del sentiero, ed il bosco sembrò aprirsi dinanzi a loro rivelando il panorama oscuro e grigio della pianura e, in distanza, la sagoma indistinta, nascosta dal velo d’acqua che continuava a cadere, delle mura di Gae.

Abituato alla grandezza di Los Angeles, Rudy non si stupì, anzi la trovò molto piccola. Gae però aveva avuto il suo momento di splendore, e le sue alte mura rivelavano la sua antica e perduta magnificenza, una gloria che le città sovrappopolate e cresciute senza ordine, conosciute in precedenza dal ragazzo, non avevano mai raggiunto.

Con calma, Rudy cercò di costruirsi nella mente un’immagine di Gae: rimise i tetti sulle pareti bruciate degli agglomerati delle case in legno e foglie sui rami ischeletriti degli alberi. Ricordò subito la voce gentile e bassa di Minalde che diceva con tristezza:

«… ora la ricorderò per sempre nel suo splendore…»

Quel pensiero ne portò altri, e lui rimase fermo lì per qualche istante, ad osservare il panorama colorato di un tenue grigio argenteo con sfumature ocra, fino a quando un rumore attutito dietro le sue spalle non lo avvertì del passaggio del convoglio. Così tornò sulla strada e corse per raggiungerlo, procedendo a fatica nelle grandi pozze di fango viscido, sulle quali le piume bianche del pollame portato via dai profughi spiccavano come fiocchi di neve.

Altri sopravvissuti si unirono a loro nella pianura nei pressi delle mura cittadine; la strada da Karst a Gae infatti attraversava la Grande Strada del Sud proprio a poche miglia dalle porte turrite della città, in un grande cerchio ancora riconoscibile tra l’erba inaridita.

A nord del crocevia si profilava la Collina di Trad, il cui nome derivava da quello di un qualche eroe di antiche battaglie. Era la sola altura su quella piatta distesa e, sulla sua sommità, spiccava una grande croce di pietra ricoperta da licheni, quasi a segnalare l’incontro delle grandi vie di comunicazione.

In quel preciso punto, incontrarono una colonna di profughi provenienti da Gae, più coraggiosi o pazzi o, più semplicemente, talmente attaccati alle loro cose da non riuscire ad abbandonare le rovine della Capitale neanche sotto quella terribile minaccia, sorretti dall’unica speranza che il pericolo potesse, in qualche modo, essere miracolosamente allontanato. Questi ultimi avevano più provviste e portavano carichi più pesanti degli uomini fuggiti a Karst qualche giorno prima. Erano anche meglio vestiti ed attrezzati: portavano con loro carri, muli e cavalli, mucche, pollame e trasportavano grandi borse di libri, denaro, biancheria, ed argenti di famiglia.

«Dove tenevano le mucche?», chiese Rudy a Gil che, per caso, si trovava al suo fianco in quel momento. «Non avranno certo tenuto quegli animali con loro in città!»

«La gente a New York, Boston e Chicago», rispose Gil, «ha avuto cura delle mucche e dei maiali fino al 1890. Come pensi che ti arrivi il latte altrimenti?»

Appena i due gruppi si incontrarono, un vociare incessante si diffuse per tutta la lunghezza della carovana:

«È veramente Sua Maestà…»

«Sua Maestà è veramente salva?…»

«È la Piccola Maestà?…»

La gente ringraziava facendosi il segno della croce ed allungava il collo per cercare di scorgere qualcosa. Da buon americano e senza una conoscenza specifica dei costumi di quel popolo, Rudy pensava che i sudditi di una monarchia avessero timore o addirittura nutrissero del rancore verso coloro che detenevano il potere assoluto su di loro. Fu quindi sorpreso nel notare la riverenza dimostrata nei confronti di Minalde e del piccolo Tir.

Ricordò quello che la Regina gli aveva detto la scorsa notte sull’amore e l’onore. Quella gente aveva bisogno di un Re da amare ed ossequiare così come di una legge da seguire. Così su due piedi, non riuscì a pensare a nessun membro del Congresso che meritasse lo stesso rispetto, tranne uno solo per la cui sopravvivenza avrebbe anche pregato.

Quei pensieri gli mostrarono un diverso aspetto di quel carro alto e coperto di pelli con i suoi laceri vessilli rossi e neri, ed inoltre pensò alla ragazza dai capelli scuri che si vedeva sopra.

Il giorno scorreva lento, e la lunga fila di uomini e animali continuò a seguire la Grande Strada del Sud attraverso verdi fattorie lungo il fiume. A differenza del sentiero fangoso che scendeva giù dalle montagne, quella strada era ampia e asciutta con profondi fossi erbosi su entrambi i lati, ed un manto stradale di blocchi esagonali, logori e consumati, di una pallida pietra grigia.

Quella pavimentazione era stata predisposta in modo da catturare l’acqua piovana, trasformando così la strada in una splendente fascia d’argento simile alle squame lucide di un enorme pesce.

La carovana si lasciò alle spalle l’ampia distesa della pianura di Gae ed attraversò un ponte circondato da torri altissime e misteriose che la condusse in terre fertili nelle quali il cammino si snodava pigramente tra campi, fattorie e boschi.

Non vi era neppure un contadino, ma Rudy fu egualmente impressionato dall’apparenza di prosperità che quella terra suggeriva.

Le fattorie erano ben tenute, e la maggior parte di esse ostentava più di una stanza con la stalla per gli animali separata dall’edificio principale. Era una consuetudine non sempre presente nelle società non industrializzate, e Gil lo fece notare al suo compagno con una punta di cinismo.

Quella terra vuota però si stava lentamente corrompendo: c’era pochissima gente, e faceva loro compagnia soltanto lo sguardo cieco delle case abbandonate, il bestiame fuggito dagli stazzi, e miglia e miglia di grano semiraccolto che marciva sotto la pioggia.