Non appena furono distribuite le scarne razioni, scoppiarono alterchi tra la gente riunita sulla strada.
In lontananza si udiva il picchiettio delle spade di legno delle Guardie che si esercitavano, e la voce stridula e sarcastica di Gnift che copriva di insulti i suoi esausti allievi.
Ancora più lontano sentì levarsi la dolce voce di Alde che cantava, ed i piccoli gridolini di gioia di Tir che si univa come poteva alla voce della madre.
Fu invaso da un sentimento mai provato prima: era un groviglio disperato di desiderio, di sollievo, di affetto, che lo distrasse dal suo problema principale.
Alzò gli occhi. Ingold era invecchiato e guardava attento nella bocca spalancata del bambino malato. Poi esaminò con cura gli occhi e le orecchie. La madre aveva lo sguardo corrucciato e scostante che era possibile scorgere sul viso di molti dei profughi. Distolse lo sguardo cercando di non pensare che del suo bambino si stava occupando ora un vecchio Mago scomunicato, ma i suoi occhi tornarono ansiosi sul piccolo esprimendo un profondo timore.
Molti dei medici del Regno non erano Maghi, e ci si poteva fidare di loro. Adesso però solo pochi di essi erano sopravvissuti alla venuta del Buio. Quei pochi che rimanevano e che si muovevano verso Sud con il convoglio, avevano troppo da fare in quanto erano occupati da mille malattie, dagli assideramenti, dalla fatica e dalla fame. La gente non era più così pedante da non rivolgersi a un Mago come faceva una volta, in caso di bisogno.
Ingold si alzò e disse poche parole alla donna, continuando ad accarezzare i capelli neri ed arruffati del ragazzo. Non appena la madre si fu allontanata, si girò verso Rudy ed alzò le sopracciglia con fare interrogativo.
Rudy scosse le spalle senza sapere cosa dire.
«Cosa devo cercare?», chiese.
Ingold socchiuse gli occhi.
«Niente. Devi soltanto guardare il fuoco e vedere quali forme può assumere.»
«Ho guardato», rispose Rudy con il tono della voce leggermente più alto. «E tutto ciò che sono riuscito a vedere, è stato il fuoco e niente altro!»
«Cosa ti aspettavi di vedere?», chiese ancora Ingold di rimando.
«Uh… cioè…» Rudy era consapevole di non aver scorto qualcosa che altrimenti avrebbe dovuto afferrare subito, ma non sapeva esattamente di cosa si trattasse. «Ogni notte ti fermi davanti ad un falò e fissi le fiamme. Sono certo che non stai soltanto guardando la legna che brucia.»
«No,» disse il Mago. «E, quando sarai anche tu un uomo di Potere con cinquant’anni di esperienza, vedrai anche più di me. Intanto devi riuscire ad avvicinarti alle cose nella loro essenzialità. Solamente quando ci sarai riuscito, esse potranno parlarti e vivere con te…»
«Delle volte non riesco a capire…», disse Rudy più tardi rivolgendosi ad Alde mentre la ragazza si allontanava dal carro per sedersi al caldo, vicino a lui, sotto il mantello. «Credo che dovrei capire tutto, ma non ci riesco. Non riesco neanche a capire più le mie sensazioni… mi sento come se fossi stato lanciato in un oceano e stessi tentando di nuotare… solo che quel mare è talmente profondo… tanto che neanch’io riesco a capire dove possa arrivare…» Scosse la testa. «È pazzesco! Meno di un mese fa…»
Rudy tacque di colpo. Si scoprì incapace di spiegare alla giovane Regina, cresciuta tra Re e Maghi, che soltanto poco tempo prima avrebbe riso in faccia a chiunque gli avesse parlato o avesse affermato di possedere quel Potere.
Alde gli si avvicinò, e il suo alito era una nebbia bianca che si condensava leggera nell’aria gelida. La strada in quel punto si snodava attraverso profondi canyon, e la fila dei falò era a pochi passi da loro due e dal convoglio assopito. Intorno a loro si alzavano le ripide pareti delle montagne, e le vette, invisibili, erano nascoste allo sguardo da enormi contrafforti di granito scuro ricoperti da folte pinete. Per tutto il giorno Rudy era riuscito a intravedere le cime più alte del Rampart Range delle Grandi Montagne Nevose che scalfivano le nuvole come denti seghettati. Quello che lo colpiva maggiormente era il senso di mistero che avvolgeva quelle montagne oscure che dominavano il sentiero sinuoso nascondendo ciò che vi era dietro.
La voce di Alde risuonò morbida e confortante.
«Sia che quell’acqua fosse profonda un milione di miglia o solo pochi piedi, tutto quello che puoi fare è soltanto mantenerti a galla. Per essere uno straniero, riesci a comportarti molto bene.»
E gli avvolse un braccio intorno alle spalle.
Rudy sorrise e ricambiò l’abbraccio.
«Per essere uno straniero mi sto comportando in modo fantastico», rispose. Allungò un braccio e si mise a fissare un vecchio tatuaggio. Alde, incuriosita, si mise anche lei ad osservarlo.
«A cosa serve?», chiese.
Rudy ridacchiò.
«A niente. Solo a pensare, a ricordare. Una ragazza che conoscevo mi prendeva sempre in giro per quel tatuaggio… È il mio nome su una bandiera che attraversa una fiamma… Diceva che me l’ero fatto fare in modo che non potessi mai scordare chi fossi, anche nel caso che me ne fossi dimenticato.»
«E hai veramente bisogno di ricordartene?»
Il giovane fissò la profonda notte amara e straniera che li circondava, poi i suoi occhi si alzarono ad incontrare le stelle, grandi e luminose. In lontananza i lupi ululavano, mentre intorno si diffondevano i profumi delle rade erbe di montagna: arbusti, pini, ma anche roccia calda e acqua…
La lunga elsa della sua spada, abbandonata accanto alla sua mano destra, rifletté la luminosità opaca della luce del fuoco, e così facevano anche le pesanti trecce della donna al suo fianco. Poteva quasi udire il battito del suo cuore come quello di un uccellino stretto tra le dita…
Ricordò per un attimo, quasi fosse il personaggio di qualche vecchia favola, il ragazzo californiano con la sua giacca sgargiante che dipingeva furgoni in uno sgangherato garage. L’unica cosa che avevano in comune, ora, era proprio quel tatuaggio…
«Si», disse piano. «Si, qualche volta.»
«Capisco cosa provi», mormorò Alde. «E qualche volta penso che dovrei ricordarmene più spesso.»
«Ti riferisci», chiese Rudy, «al fatto di essere Regina di questa gente?»
Alde tacque, e il giovane temette di averla ferita con quella domanda. Guardando il suo volto profilato contro la cortina di fiamme, vide invece nei suoi occhi accendersi una luce sognante di nostalgia, memorie la cui bellezza allontanava il dolore.
«Era molto bello», disse la giovane. «Ricordo… delle danze, e la sala illuminata da migliaia di candele… il modo con cui quelle fiammelle brillavano insieme al movimento dei vestiti delle dame. C’era poi il profumo delle notti calde, delle piante di limone e delle spezie… Risalivo il fiume sulla Barca Reale, e le cascate del Palazzo erano circondate dalla luce come in uno scrigno d’oro che emergeva dall’oscurità… Allora aveva una casa, i miei giardini, la libertà di fare ciò che volevo…»
Appoggiò la testa sulla spalla di Rudy e le sue trecce soffici come raso rilucevano come ebano.
«Forse sarebbe stato lo stesso… chiunque avessi sposato,» continuò dolcemente. «Forse non tanto per il fatto di essere Regina, quanto perché sarei stata veramente me stessa.»
La sua voce divenne languida.
«Sono veramente una persona felice. Sai? Tutto ciò che voglio è prendere la vita come viene, starmene tranquilla con piccole cose, piccole gioie. Non sono una testarda, un diavolo assetato di sangue…»
«Oh… Si che lo sei!», la canzonò Rudy stringendola a sé. La ragazza alzò lo sguardo fissandolo corrucciata. «Ti amo comunque. Forse ti amo proprio per questo. Non lo so. A volte penso che sia inutile cercare il perché di queste cose… Ti amo e basta!»
Minalde si strinse con maggior forza a lui e spinse il volto contro il petto di Rudy nascondendovelo. Dopo qualche istante, il giovane capì che lei stava piangendo.