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«Hei…», esclamò, e l’afferrò per le spalle scuotendola leggermente. «Lo sai che non puoi piangere mentre sei di guardia.» Il mantello scivolò appena, e Rudy le accarezzò la testa e le trecce con un gesto caldo e tranquillizzante. «Cosa c’è, Alde?»

«Niente…», sussurrò lei, ed iniziò ad asciugarsi gli occhi con il dorso della mano. «Nessuno però mi aveva mai detto quello che mi hai detto tu… Mi dispiace. Non farò più la ragazzina…»

Cercò a tentoni il mantello che era caduto, con il volto ancora gonfio per il pianto.

Rudy le afferrò il mento e la costrinse a rialzarsi, poi le baciò teneramente la bocca. Le sue labbra avevano ancora il sapore salato delle lacrime.

«Non posso crederci…», mormorò.

Alde aspirò rumorosamente con il naso e si asciugò gli occhi con la manica in un gesto istintivo ed indifeso.

«È vero.»

Rudy mormorò a bassa voce:

«E cosa mi dici di Eldor?»

Gli occhi della ragazza si riempirono ancora di lacrime sulle quali andò a rifrangersi la luce del fuoco, leggera e brillante. Per un attimo poté soltanto guardarlo senza riuscire ad aprire bocca.

«Mi dispiace,» disse Rudy. Gli avvenimenti si erano succeduti con tanta velocità in quei pochi giorni, che tendeva a scordare da quanto poco tempo la Regina fosse stata scacciata dalla sua città.

Lei sospirò e si rilassò, quasi sì fosse liberata di una tensione tenuta nascosta troppo a lungo.

«No, non preoccuparti», disse. «Ho amato Eldor. E l’ho amato da quando ero bambina. Aveva una personalità che riusciva a trascinare con sé tutti, un potere quasi magico a cui si univa una feroce vitalità, quasi una luce interiore. Lo notavi persino nelle cose più semplici: riusciva a dare loro un significato che nessun altro avrebbe potuto rivelare od afferrare. Divenne Re quando io avevo dieci anni…»

A questo punto chinò il capo, quasi si costringesse ad affrontare ricordi troppo pesanti da sopportare.

Senza dire niente, Rudy la strinse ancora tra le braccia e le pose il mantello sulla spalle per ripararla dall’aria fredda della notte. Tra le montagne scure che circondavano la strada, i lupi ululavano ancora. Era un coro stridulo e violento: la voce del branco lanciato in caccia, distante e debole nell’oscurità.

«Ricordo che ero sul balcone della mia casa a Gae il giorno della sua incoronazione.»

Il mormorio della sua voce era appena più alto del fruscio dei pini accanto alla strada e dello schioppettio dei ciocchi di legno. Stava evidentemente rivivendo un suo personalissimo sogno…

«Era stato in esilio… sai: non godeva molto del favore di suo padre. Era un giorno caldo d’estate, e le grida che l’acclamavano erano così forti che si riusciva a sentire appena la musica della processione. Sembrava un Dio, un cavaliere splendente uscito da una favola, un Principe Reale capace di comandare alla luce ed all’oscurità… Poi venne a casa mia per discutere con Alwir o forse per andare a caccia con lui, ed io ne ero così intimorita che a malapena riuscii a rivolgergli qualche parola. Penso che, se me lo avesse chiesto, in quel momento mi sarei uccisa per lui.»

A Rudy sembrò di vedere quella ragazzina magra e timida con gli occhi blu scuro e le trecce nere, vestita con gli abiti rossi di una figlia della Casa di Bes che si nascondeva dietro le tende del salone per guardare suo fratello, alto e affabile, in compagnia di quel Re misterioso e circondato di luce, che si stavano avvicinando. Fu appena consapevole di quanto stava esclamando ad alta voce.

«Ti sei innamorata di lui quel giorno!»

«Oh», rispose Alde con un sorrisino di scherno dipinto all’angolo della bocca. «Ero sempre innamorata in quei giorni. Per sei mesi presi una terribile cotta per Janus di Weg. Ma quella volta fu diverso. Si, l’ho sempre amato. Quando Alwir predispose le cose per il matrimonio, compresi però che… che amare qualcuno alla follia non sempre significa essere ricambiati.»

Rudy ripeté a mezza bocca:

«Mi dispiace…»

Voleva dirlo, ma capì che il fantasma del Re morto sarebbe stato per sempre suo rivale. Lei lo aveva amato tanto, e lui riusciva a capire quanto fosse stato terribile per quella ragazza vivere con quella ferita… un amore così forte non ricambiato…

Strinse in silenzio la sua mano e lo ringraziò.

«Era così distante», disse dopo qualche istante quando riuscì a riprendere il controllo della voce. «Così freddo! Dopo che fummo sposati, lo vidi assai di rado. Non perché mi odiasse. Ne sono certa. Soltanto che, per tre settimane, credo che avesse dimenticato di avere una moglie. Ritornando con il pensiero a quei giorni, ritengo che avrei dovuto accorgermi subito di quanto quel suo splendore fosse impersonale, uguale per tutti… Ma ormai era troppo tardi… era comunque troppo tardi.» Alde alzò le spalle e quel gesto fu accompagnato da un netto tremolio della sua voce mentre tornava ad asciugarsi gli occhi. «La cosa peggiore di tutte è che, nonostante tutto, lo amo ancora!»

Non si attendeva una risposta. Cercava soltanto la vicinanza di Rudy, di un altro essere umano che le desse un po’ di calore, la sicurezza di non essere ancora una vòlta abbandonata.

Mentre la stringeva, il ragazzo si accorse che lei stava lottando ferocemente con se stessa per controllare i singhiozzi tentando di spingere nel profondo della memoria quella rabbia e quel dolore.

«Così è stato Alwir ad organizzare il tuo matrimonio?», chiese Rudy.

«Oh, si!», rispose lei. Questa volta la sua voce era esile, ma perfettamente chiara. «Alwir sapeva che io l’amavo. Ma non penso che sia stato questo il motivo della sua scelta. Voleva che la Casa di Bes si unisse alla Casa Reale. Così suo nipote sarebbe certamente stato Alto Re! Non penso che mi avrebbe forzato a farlo se ci fosse stata qualcun’altra. Ma non c’era… Alwir è fatto così… è un calcolatore. Era certo di diventare Cancelliere dopo il matrimonio. Le sue azioni celano sempre qualche motivo recondito…»

Povero amore. Cosa mi stai raccontando?, pensò Rudy.

«Ma in tutto ciò», continuò Alde, «è stato molto, molto buono con me. Sotto quella sua mania di eleganza splendida ed appariscente,» affermò la ragazza sorridendo, «cela un cuore ed anche amore.»

Amore, si, ma per che cosa? Rudy aveva compreso che nel caso di Alwir non esistevano cose come ‘l’amore per gli altri’…

Seduta accanto al suo falò, Gil scorse Alde che si alzava, si avvolgeva nel suo mantello di soffice pelliccia nera e si allontanava lungo il sentiero pietroso che conduceva alla sagoma scura del carro. Si sentiva in apprensione perché ormai la notte nascondeva sempre qualche traccia del Male, e cominciò a chiedersi come quella sciocca ragazza potesse abbandonare così il suo bambino, anche se le Guardie continuavano sempre a vigilare, per andare ad amoreggiare nel buio con Rudy Solis.

Gil non era mai stata veramente innamorata, e i suoi sentimenti verso chi lo era si dividevano tra la simpatia, la curiosità e, occasionalmente, una larvata forma di desiderio che però si sforzava di non ammettere neanche con se stessa.

Normalmente non le sarebbe importato nulla se Rudy e la Regina vedova si fossero tenuti per la mano, se fossero stati insieme a parlare o, peggio, se si fossero abbandonati alle orge… Quella notte però era diverso. Quella notte Gil sentiva la presenza del Buio. Intorno aleggiava quel senso di malignità attenta, di mostruosa e feroce intelligenza che aveva già riconosciuto durante la discesa infernale nei labirinti delle Volte di Gae. La sensazione era così oppressiva che, a dispetto del fuoco alle sue spalle, si girava di continuo come a controllare che non ci fosse nessuno dietro di lei.

A mezzanotte, uno dei soldati di Alwir le diede il cambio. Era un giovane grande e robusto con un’uniforme rossa macchiata e stinta. Anche Rudy fu sostituito e, a prendere il suo posto, venne uno dei Monaci Rossi. Gil vide il giovane californiano avviarsi verso il campo. Poi Rudy tornò sui suoi passi e si infilò tra le ombre dei carri scivolando nel retro di uno di quelli che portavano lo stemma della Casa di Dare.