Выбрать главу

«Va bene», le disse. «Berrò con lei».

Prese il bicchiere che Byra gli aveva riempito, e porse alla ragazza il bicchiere pieno a metà che lei aveva continuato a tenere in mano, senza bere nemmeno un goccio. Poi restò a fissarla.

«Cosa sta aspettando?», gli chiese lei.

«Aspetto che lei beva per prima».

«È ancora pieno di strani sospetti, eh?». Byra alzò il bicchiere alle labbra e bevve. Poi passò il bicchiere a Ewing, prese il suo, e bevve anche da quello.

«Ecco fatto», disse, con un sospiro. «Sono ancora viva. In questi due bicchieri non c’è nessun veleno mortale. Adesso mi crede?».

Lui sorrise. «Questa volta sì».

Continuando a sorridere, alzò il bicchiere. Il liquore era caldo e robusto. Lo sentì scendere giù per la gola. Un istante dopo, gli cedettero le gambe.

Lottò per restare in piedi. La stanza gli girava attorno. Il volto trionfante, sorridente di Byra, chino su di lui, tracciava un’orbita folle. Cadde in ginocchio, afferrò il tappeto per avere un punto d’appoggio.

«Allora era drogato», disse.

«Naturalmente. È una droga che non ha il minimo effetto sul metabolismo siriano. Non eravamo sicuri se coi corwiniti funzionasse. Adesso lo sappiamo».

Ewing strinse il tappeto. La stanza oscillava follemente. Si sentiva male, ed era arrabbiato con se stesso per averle permesso di indurlo a bere. Tentò di non perdere conoscenza, ma non riusciva nemmeno a rimettersi in piedi.

Ancora cosciente, sentì aprirsi la porta della stanza. Non alzò la testa. Udì Byra che diceva: «Avete guardato fino alla fine?».

«Sì». Era la voce di Firnik. «Credi ancora che ci nasconda la verità?».

«Ne sono certa». Il suo era il tono di chi cerca vendetta. «Bisognerà interrogarlo un po’ prima che cominci a parlare».

«Ci penseremo noi», rispose Firnik. Abbaiò un ordine in una lingua incomprensibile a Ewing. Lui cercò di urlare, di chiedere aiuto, ma dalle sue labbra tremanti uscì solo un gemito debole, impercettibile.

«Sta ancora combattendo gli effetti della droga», udì Byra dire. «Ormai dovrebbe metterlo fuori combattimento».

Lo colpirono ondate ribollenti di dolore. Perse la presa sul tappeto, rotolò di fianco. Sentì mani robuste che lo afferravano sotto le ascelle e lo tiravano in piedi, ma i suoi occhi non riuscivano più a vedere. Si agitò debolmente, fu immobile. Le tenebre si chiusero su di lui.

7

Era prigioniero del freddo. Perfettamente immobile, avvertiva su di sé la morsa del gelo. Le sue mani erano legate ai fianchi, le gambe incatenate l’una all’altra. E tutt’attorno, il gelo che gli mordeva la carne, gli ottenebrava il cervello, gli distruggeva il corpo.

Non tentò di muoversi, non cercò nemmeno di pensare. Gli bastava giacere nel buio e aspettare. Credeva di trovarsi sull’astronave, di tornare a Corwin.

Si sbagliava. Il suono di voci lontane penetrò nella sua coscienza, e allora lui si mosse, confuso, perché sapeva che sulla sua nave non potevano esserci altre voci. Era una nave per un solo passeggero. Non c’era posto per nessun altro.

Le voci non scomparvero: mormorii bassi, strani, che raggiungevano le sue orecchie senza mai trasformarsi in sequenze di parole comprensibili. Ewing si agitò a lungo. Dove poteva essere? Chi produceva quei suoni smorzati, privi di logica?

Si mise a lottare per riprendere conoscenza, per aprire gli occhi. Una nube buia gli oscurava la vista. Si mise a sedere, costringendo i muscoli indolenziti a uno sforzo dolorosissimo. Aprì gli occhi, li chiuse immediatamente a un’enorme esplosione di luce, li riaprì lentamente. La testa gli si schiarì. La luce non gli diede più troppo fastidio.

In bocca aveva un sapore orribile, e la lingua sembrava ricoperta da una patina amara. Gli dolevano gli occhi, gli faceva male la testa, e lo stomaco sembrava assolutamente vuoto.

«Sono più di due giorni che aspettiamo il tuo risveglio, Ewing», disse una voce familiare. «La roba che ti ha dato Byra doveva essere davvero potente».

Scacciò la nebbia che gli intorpidiva il cervello, si guardò attorno. Si trovava in una grande stanza con finestre triangolari, opacizzate. Attorno a lui, che era seduto su una specie di lettino di fortuna, quattro persone: Rollun Firnik, Byra Clork, e due siriani dalla carnagione scura che non conosceva.

«Dove sono?», chiese.

Gli rispose Firnik. «Ti trovi al piano più basso del consolato siriano. Ti abbiamo portato qui il mattino di sestodì. Oggi è primodì. Hai dormito parecchio».

«È più esatto dire che ero sotto droga», ribatté debolmente Ewing. Si tirò su, appoggiò le gambe sull’orlo del letto. Immediatamente, uno dei siriani sconosciuti si fece avanti, gli mise una mano sul petto, gli afferrò le caviglie con l’altra, e lo rimise sdraiato. Ewing tentò ancora di alzarsi. Questa volta gli arrivò un rovescio fortissimo che gli tagliò il labbro inferiore. Un rivolo di sangue gli scese sul mento.

Si massaggiò delicatamente il punto colpito, poi si mise a sedere sul letto. «Che diritto avete di tenermi chiuso qui? Sono un cittadino di Corwin. State commettendo un’azione illegale».

Firnik sogghignò. «Corwin è lontano cinquanta anni luce. Per adesso ti trovi sulla Terra. Gli unici diritti che hai sono quelli che stabilisco io».

Rabbioso, Ewing cercò di balzare in piedi. «Esigo che mi liberiate! Non…».

Il siriano avanzò di nuovo in silenzio e lo colpì con un altro manrovescio, nello stesso punto. Ewing sentì allargarsi la ferita, e questa volta un canino gli lacerò la delicata superficie interna del labbro inferiore. Rinunciò a ulteriori tentativi di alzarsi.

«Bene bene», disse Firnik, col tono di chi stia per iniziare una conversazione amichevole. «Se siamo sicuri che non ci darai altri guai, possiamo cominciare. Se non sbaglio conosci già la signorina Clork».

Ewing annuì.

«E questi signori…» Firnik indicò gli altri due siriani. «… Sono il sergente Drayl e il tenente Thirsk della polizia della città di Valloin. Voglio che tu capisca subito che non c’è nessun bisogno di chiamare la polizia, visto che qui con noi ci sono due dei suoi migliori rappresentanti».

«Polizia? Ma non sono di Sirio IV?».

«Naturalmente». Firnik socchiuse gli occhi. «I siriani sono ottimi poliziotti. Più della metà delle forze di polizia locali provengono dal mio pianeta».

Ewing meditò in silenzio sull’informazione. Gli hotel, la polizia… Che altro? Ai siriani non serviva certo un colpo di stato sanguinoso per assumere ufficialmente il potere; poco per volta, si erano già impadroniti della Terra, grazie all’inerzia, se non al pieno consenso, dei terrestri. Quando fosse giunto il momento, ai siriani sarebbe bastato comunicare formalmente al governatore generale Mellis che era sollevato dal suo incarico, e la Terra sarebbe diventata un possedimento di Sirio IV.

Il suo sguardo vagò, inquieto, nella stanza. Negli angoli c’erano macchine del tutto sconosciute. Gli ultimi ritrovati nel campo della tortura, pensò. Guardò Firnik.

«Cosa volete da me?».

Il siriano intrecciò le sue braccia robuste e rispose: «Informazioni. Ti sei dimostrato molto testardo, Ewing».

«Vi ho raccontato la verità. Cosa volete che faccia? Che inventi una bugia per soddisfare le vostre idee assurde?».

«Ormai sai che il governo di Sirio IV sta per fare della Terra un suo protettorato», disse Firnik. «Però non riesci a capire che questo passo viene compiuto nell’interesse del pianeta madre, per proteggerlo da ogni possibile attacco dei mondi di questo sistema ora che la sua forza è al tramonto. E non sto parlando di ipotetici invasori provenienti da altre galassie».

«Ipotetici? Ma…».

«Calma. Lasciami finire. Tu, come rappresentante di Corwin e forse di altre colonie esterne, sei venuto sulla Terra per controllare se le voci sulla creazione di questo protettorato sono vere. I mondi che tu rappresenti sono giunti a una conclusione assolutamente falsa, e cioè che ci sia qualcosa di malvagio nel nostro atteggiamento nei confronti della Terra, che noi abbiamo quelli che comunemente si chiamano "disegni imperialistici". Non capite i motivi altruistici che stanno dietro la nostra decisione di sollevare i terrestri dal noioso peso dell’autogoverno. E così il tuo pianeta ti ha mandato qui in veste di spia, per vedere quali siano in realtà i rapporti fra Sirio IV e la Terra e per prendere contatto con i terrestri nell’intento di difendere la Terra da noi. A questo scopo hai già parlato col governatore generale Mellis e hai fissato un appuntamento con un certo Myreck, un pericoloso radicale, un rivoluzionario potenziale. Perché insisti a negare?».