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«In quanto a me, non sono più necessario in questa successione di eventi, quindi intendo eliminarmi dal tuo continuum subito dopo aver finito di dettare il messaggio. Per tua informazione, lo farò mandando in corto circuito la cabina dell’energitron che si trova nell’atrio dell’hotel dopo esservi entrato, fatto che al tuo risveglio potrai controllare consultando i notiziari relativi a secondodì undici, cioè oggi. Questa mia azione, unita al tuo rifiuto di usare la macchina di Myreck, porrà termine al moltiplicarsi all’infinito di Ewing e ti lascerà unico padrone della scena. Sfrutta al massimo le tue possibilità. So che saprai essere perfettamente all’altezza del compito.

«Buona fortuna. Ne avrai bisogno.

«Il tuo, credimi, amico fraterno, Ewing-sub-uno».

Quando ebbe terminato di dettare, Ewing tolse il messaggio dalla macchina e lo rilesse tre volte, lentamente. Ormai non c’era più fretta. Piegò il foglio, si tolse di tasca dieci crediti (una cosa che il suo predecessore si era scordato di fare), chiuse il messaggio e il denaro in una busta che appoggiò sulla sedia, accanto alla testa dell’uomo che dormiva.

Soddisfatto, uscì in punta di piedi dalla stanza, chiuse la porta, scese nell’atrio dell’hotel. Non aveva più nessun bisogno della maschera, per cui la buttò via. Aveva lasciato lo storditore in camera, nel caso potesse occorrere a Ewing-sub-due.

Raggiunse un telefono, fece il numero della centrale comunicazioni, e disse: «Vorrei mandare un messaggio all’Accademico Myreck, presso Università di Scienze Astratte, fermo posta, ufficio postale 86 della città di Valloin». Era l’indirizzo che gli aveva lasciato Myreck. «Il messaggio è il seguente, apro: Baird Ewing è stato interrogato e sottoposto a sevizie da parte dei nostri nemici. Al momento dorme nella sua stanza. Lo chiami oggi pomeriggio e gli fornisca tutto l’aiuto possibile. Chiudo. Il messaggio dev’essere trasmesso non prima di quartodì, non più tardi di mezzogiorno. È chiaro?».

Il robot della centrale comunicazioni rilesse il messaggio, comprese le istruzioni per la consegna, e terminò con: «Un credito, prego».

Ewing infilò monete nell’apparecchio finché non ebbe raggiunto la cifra di un credito. Poi annuì, soddisfatto. Ormai le cose si erano messe in moto, e lui poteva sparire di scena.

Traversò l’atrio, raggiunse un terrestre che si stava guardando attorno. «Mi scusi. Le spiacerebbe farmi la moneta di un biglietto da un credito? Vorrei usare l’energitron e non ho spiccioli».

L’altro fu ben lieto di accontentarlo. Si scambiarono qualche frase di cortesia, poi Ewing si diresse verso la cabina, sicuro di essersi fatto notare. Dopo l’esplosione, ci sarebbe stato almeno un testimone in grado di affermare che nella cabina era entrato un uomo alto, robusto.

Infilò mezzo credito nella fessura sul fianco dell’energitron. Lo schermo d’energia che fungeva da porta diventò rosa, dandogli tutto il tempo d’entrare, e immediatamente dopo riacquistò la solita opacità. Ewing si trovò davanti un raggio di luce rossa, calda.

L’energitron era semplicemente un adattamento commerciale della doccia a raggi ionici. Stando all’insegna appesa all’esterno, si trattava di uno spray molecolare che rinvigoriva il corpo e rinfrescava l’anima. Ewing sapeva che era anche uno strumento efficacissimo per commettere suicidio. Un cartello a grandi caratteri rossi diceva:

«ATTENZIONE! I signori clienti sono diffidati dal raggiungere i limiti contrassegnati all’interno della cabina e dal manomettere i congegni dell’energitron. Si tratta di apparecchi estremamente delicati, pericolosi nelle mani di un inesperto».

Ewing sorrise, tranquillo. Era giunta l’ora della sua scomparsa; ma il corpo e la personalità di Baird Ewing di Corwin non sarebbero svaniti nel nulla. Sarebbe morta semplicemente una loro estensione superflua. Senza tremare, sfiorò la scatola di controllo sigillata, l’aprì con un pugno, e spinse in alto il reostato che si trovava all’interno. L’aspetto del raggio molecolare cambiò. Divenne più tremolante e cominciò a crepitare.

Sapeva che al limite delle linee tracciate sul pavimento i piani di forza presenti si trovavano in un equilibrio delicatissimo. Inserire un braccio o una gamba in quell’area poteva provocare una violenta esplosione. Si spinse avanti, tastò con le mani la zona di pericolo.

Lo colpì un pensiero improvviso: e l’uomo che ha salvato me? Nei suoi piani, se n’era completamente dimenticato; ma era esistito un altro Ewing-sub-uno, un Ewing che non gli aveva lasciato né messaggi né soldi né storditori, e che forse non si era suicidato. Per un attimo si chiese cosa fosse stato di lui; poi non ebbe più tempo per riflettere, perché si accese una luce accecante e un’ondata mostruosa di forza si sprigionò dalla cabina, stritolandolo nella sua morsa implacabile.

12

Ewing si svegliò.

Il corpo gli doleva in cento punti diversi, pulsava di dolore. Rotolò sul letto, si portò una mano alla fronte, cercò di concentrarsi.

Cosa mi è successo?

Si affollarono i ricordi. Gli tornò in mente che aveva trovato Byra nella sua stanza, bevuto il liquore drogato; che lo avevano trasportato al consolato siriano. Giorni bui di un interrogatorio senza fine, un tormento continuo, una macchina per sondare il cervello sulla sua testa…

La salvezza improvvisa da parte di uno sconosciuto. Poi il sonno. I suoi ricordi finivano lì.

Distrutto, scese dal letto quasi strisciando, si guardò allo specchio. Era spaventosamente malconcio. Linee scure gli circondavano gli occhi, come tracciate da una matita; la pelle del viso era cascante sotto il mento, tesa fino allo spasimo in altri punti. Aveva un aspetto ancora peggiore di quando, pochi giorni prima, si era risvegliato sulla nave.

Sulla sedia accanto al letto c’era una busta. La raccolse con una smorfia, la toccò. Era chiusa e indirizzata a lui. Ne uscirono svolazzando, due biglietti da cinque crediti, assieme a un foglio. Appoggiò le banconote sul letto, spiegò il foglio e si mise a leggere.

Secondodì pomeriggio. Da me stesso a un me stesso più giovane. Da Ewing sub-uno all’uomo che io chiamo Ewing-sub-due…

Per quanto si sentisse ancora intontito, leggendo il messaggio si svegliò del tutto. La sua prima reazione furono rabbia e incredulità; poi, carezzandosi il mento, si mise a riflettere su alcuni giri di frase, su un certo uso della punteggiatura. Quando dettava alla vocescrivente, aveva uno stile piuttosto preciso. E quella era un’imitazione ottima, oppure era davvero il suo stile.

Nel qual caso…

Mise in funzione l’apparecchio interno di comunicazione e chiese: «Che giorno è oggi, per favore?». Parlando con un robot, non esisteva il timore del ridicolo.

«Quartodì tredici quintomese», gli risposero.

«Grazie. È possibile consultare i notiziari di secondodì undici?».

«Se vuole la metto in comunicazione con l’archivio», suggerì il robot.

«Benissimo». Fra sé e sé, Ewing pensò: è una follia. Quel messaggio dev’essere falso.

Udì il clic-clic-clic dei relè che scattavano, poi un’altra voce di robot disse: «Archivio. In cosa possiamo esserle utili?».

«Mi interessa il testo di una notizia relativa a un fatto accaduto secondodì pomeriggio. Il corto circuito di un energitron nell’atrio del Grand Valloin Hotel».

Il robot disse, quasi istantaneamente: «Ho qui la notizia. Gliela devo leggere?».