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Pensò:

Firnik crede che io sia morto. Resterà sorpreso quando sulla Terra si materializzerà un fantasma che guiderà la rivolta clandestina contro i siriani. E non appena arrivo dovrò spiegare tutto con estrema precisione a Myreck, se lo ritroverò.

E poi pensò:

Il mio doppio dovrà inventare delle spiegazioni fantastiche. Dovrà spiegare cos’è successo alla nave su cui è partito, e come mai la sua macchina è arrivata allo spazioporto mentre lui si trovava in laboratorio. Dovrà pensare molto in fretta. Ma se la caverà. È un tipo abbastanza sveglio. Ce la farà.

Si fermò un attimo a salutare in silenzio sua moglie e suo figlio, che non avrebbero mai scoperto che lui li aveva lasciati. Poi distese i piedi e mise in funzione l’unità d’animazione sospesa. La temperatura cominciò a scendere.

Le tenebre lo avvolsero.

20

Erano le 14,21 di un caldo pomeriggio di mezza estate su Corwin. Baird Ewing terminò di gettare nell’inceneritore i resti della macchina del tempo che aveva costruito con tanta fatica. Si guardò attorno, rimise al suo posto il piede di porco.

Poi accese l’intercom e disse: «Bene, Laira. L’esperimento è finito. Grazie per il vostro aiuto».

Riappese, risalì le scale, diretto allo studio. Laira era china sul suo libro; Blade fissava, ipnotizzato, lo schermo televisivo. Scivolò alle spalle del ragazzo, lo afferrò con la mano alla nuca, strinse affettuosamente. Poi andò ad alzare il viso di Laira dal visore, le sorrise dolcemente, e uscì senza dire nulla.

Quello stesso pomeriggio, più tardi, si recò allo spazioporto con un mezzo di trasporto pubblico a recuperare la macchina. Era ancora lontano qualche chilometro quando, all’improvviso, si udì il rombo di un’astronave in partenza.

«È un apparecchio militare, di quelli piccoli», disse qualcuno sul bus.

Ewing guardò, attraverso il tetto trasparente dell’autobus, il cielo. Naturalmente non si vedeva nessuna nave. Ormai era già lontana, nel suo lungo viaggio verso la Terra.

Buona fortuna, pensò. E che il volo sia veloce.

L’auto si trovava nel parcheggio riservato. Sorrise all’inserviente, aprì la portiera, salì.

Tornò a casa.

A casa, da Laira e Blade.

21

Baird Ewing si risvegliò lentamente, avvolto in una coltre di freddo. Il gelo stava abbandonando gradualmente il suo corpo: testa e spalle ne erano già fuori, il resto del corpo si stava liberando.

Guardò il pannello sopra la sonnovasca. Da che aveva lasciato Corwin erano trascorsi undici mesi, quattordici giorni e sei ore. Sperava che nessuno avesse trattenuto il fiato in attesa di vederlo tornare con la nave.

Disattivò l’apparecchiatura di animazione sospesa, uscì dalla sonnovasca. Toccò un perno smaltato e lo schermo visore si accese. Al centro delle profondità verdi dello schermo c’era un pianeta, un pianeta verde a sua volta, con grandi mari che delimitavano i continenti.

La Terra.

Ewing sorrise. Certo, sarebbero rimasti stupiti nel rivederlo. Ma lui poteva aiutarli, e quindi era tornato. Poteva fungere da coordinatore per il movimento di resistenza. Poteva dare un impulso costruttivo alla ribellione che avrebbe spodestato i siriani.

Arrivo, pensò.

Le sue dita si mossero in fretta sul pannello di comando manuale della nave. Iniziò a impostare l’orbita d’atterraggio. Nella sua mente attiva si andavano già formando piani e contropiani.

La nave scese verso la Terra lungo un ampio arco. Ewing attese, impaziente d’atterrare, mentre la nave si avvicinava sempre di più a quel pianeta verde e meraviglioso.

FINE