Выбрать главу

Cominciavo ad accarezzare il sogno di un posto di grande responsabilità nell’Agenzia, quando compresi improvvisamente il significato delle parole di Sisgar, che udivo soltanto con metà di me stesso: — I tempi sono duri, come sicuramente Vostra Grazia comprende, ed è una sfortuna che siate venuto da noi proprio in un momento in cui è necessario contenere le spese. Sarebbe stato un gran vantaggio avervi con noi, ma ci sono dei problemi insormontabili. Il Marchese desidera che sappiate che la vostra offerta è stata grandemente apprezzata e si augura di potervi avere nella ditta quando le condizioni economiche lo permetteranno. — Con molti inchini ed un amabile sorriso di congedo, mi guidò fuori dall’ufficio e io mi ritrovai nella strada prima ancora di essermi reso conto che ero completamente rovinato. Non mi avevano dato nulla, nemmeno un posto di quinto segretario nell’ufficio di qualche villaggio! Com’era possibile? Stavo per tornare di corsa indietro a gridargli, «C’è uno sbaglio, avete di fronte il cugino del vostro Eptarca, state scacciando il nipote del Marchese!» Ma erano tutte cose che sapevano già e che non avevano loro impedito di chiudermi la porta in faccia. Quando telefonai a mia zia per dirle quel che era successo, mi risposero che era partita per la verde Manneran, dove avrebbe trascorso l’inverno.

16

Venni poi a sapere ciò che era accaduto. Mia zia aveva parlato di me al Marchese e il Marchese aveva avuto un colloquio coll’Eptarca Truis, il quale era arrivato alla conclusione che il concedermi un impiego qualunque l’avrebbe messo in imbarazzo con Stirron, e perciò gli aveva ordinato di respingermi. Nella mia furia, pensai di andare direttamente da Truis a protestare, ma mi resi presto conto che sarebbe stato inutile e che, dato che la mia protettrice Nioll aveva deciso di lasciare Glin per liberarsi di me, non avevo alcuna speranza in quella direzione. Ero solo a Glain, con l’inverno alle porte, senza lavoro, in una terra straniera. La mia alta nascita mi era più dannosa che utile.

Ma mi aspettavano dei colpi ancora più duri.

Quando mi presentai alla Banca del Comandamento di Glin per ritirare del denaro di cui avevo bisogno per vivere, venni a sapere che il mio conto era stato sequestrato su richiesta del Gran Tesoriere di Salla, che stava facendo delle indagini sulla possibilità di un trasferimento illegale di capitali fuori della sua provincia. Protestando violentemente e agitando il mio passaporto reale, riuscii a farmi dare denaro sufficiente per il cibo e l’alloggio di una settimana. Il resto del mio capitale potevo considerarlo perduto, dato che non avevo lo stomaco necessario per i ricorsi e le manovre che avrebbero potuto farmelo riavere.

In seguito venne a trovarmi all’albergo un diplomatico di Salla, uno sciacallo di sottosegretario che mi ricordò, con molte genuflessioni e formule di rispetto, che presto avrebbero avuto luogo le nozze di mio fratello e che ero atteso per fare il testimone d’anello.

Sapendo che non avrei più potuto lasciare Città di Salla se mi fossi messo nelle mani di Stirron, gli spiegai che affari urgenti mi avrebbero trattenuto a Glain nel periodo delle nozze, e gli chiesi di esprimere all’Eptarca il mio più profondo rammarico. Il sottosegretario incassò con grazia professionale, ma non mi fu difficile intravvedere sotto la sua maschera un lampo di selvaggio piacere: mi stavo comprando un bel po’ di guai, si diceva, e lui mi avrebbe aiutato volentieri a concludere il contratto.

Dopo quattro giorni, l’albergatore venne a dirmi che non potevo rimanere all’albergo, perché il mio passaporto era stato revocato e io non avevo stato legale a Glin.

Era impossibile. Un passaporto reale come il mio è valido per tutta la vita in tempo di pace, e in quel momento non c’era nessuna guerra tra Salla e Glin. L’albergatore scrollò le spalle; mi mostrò la nota che aveva ricevuto dalla polizia che gli intimava di mettere alla porta quello straniero senza stato civile, e mi suggerì, se avevo obiezioni da fare, di rivolgermi all’ufficio del servizio civile di Glin piuttosto che a lui, che non poteva far nulla. Mi sembrava poco saggio presentare un appello del genere. L’ordine di espellermi non era certo stato una svista, e se mi fossi presentato in un ufficio governativo, probabilmente mi avrebbero arrestato e portato a forza al di là dell’Huish per consegnarmi nelle mani di Stirron.

D’altra parte l’arresto mi sembrava la prossima mossa probabile, e cominciai a chiedermi come avrei potuto evitarlo. In quel momento sentii veramente la mancanza del mio fratello e della mia sorella di legame: a chi altro avrei potuto rivolgermi per aiuto e consiglio? A Glin non c’era nessuno cui potessi dire: — Si ha paura, si è in grave pericolo, si chiede aiuto. — Una regola di pietra poneva tra me e gli altri un muro insormontabile. In tutto il mondo c’erano solo due persone con cui potessi confidarmi, ed erano lontane. Dovevo trovare da solo una via di scampo. Sarei fuggito, decisi. L’albergatore mi concesse qualche ora per prepararmi. Mi feci la barba, scambiai il mio mantello regale con gli abiti dimessi e consunti di un ospite dell’albergo che aveva più o meno la mia taglia, e impegnai il mio anello da cerimonia. Feci un fagotto col resto della mia roba, lo misi sulla schiena a mo’ di gobba e uscii dall’albergo zoppicando con un occhio chiuso e con la bocca contratta da un lato. Non so se quel travestimento poteva ingannare qualcuno, comunque fuori non c’era nessuno ad attendermi per arrestarmi; così sfigurato mi incamminai per uscire da Glin sotto una pioggia fredda e sottile che presto si mutò in neve.

17

Fuori della porta nordoccidentale di Glain (perché era lì che mi avevano portato i miei passi) un pesante camion venne rombando verso di me, e passando con le ruote in una pozzanghera di fango semigelato, mi spruzzò abbondantemente. Mi fermai per scuoter via dai calzoni quella roba ghiacciata; anche il camion si fermò e il guidatore balzò a terra esclamando: — Sono necessarie delle scuse, qui. Non era inteso certo inondarvi in questo modo!

Quella cortesia mi meravigliò tanto che mi ersi in tutta la mia altezza e rilasciai le smorfie che mi deturpavano le sembianze. Evidentemente il guidatore mi aveva preso per un vecchio debole e storpio: rimase stupefatto dinnanzi alla mia trasformazione e scoppiò a ridere forte. Io non sapevo cosa dire. Mentre rimanevo lì muto, a bocca aperta, l’uomo dichiarò: — C’è un posto, sul camion, se dovete andare, o se ne avete voglia.

Mi venne una luminosa fantasia: mi avrebbe portato fino alla costa, là sarei salito su un vascello mercantile diretto a Manneran, e in quella felice terra tropicale mi sarei affidato al padre della mia sorella di legame, ponendo così fine a tutti i miei tormenti.

— Dove siete diretto? — chiesi.

— Verso Sud Ovest, nelle montagne.

Era ben lontano da Manneran. Accettai ugualmente il passaggio. Non mi offrì un contratto di responsabilità definite, ma lasciai correre. Per qualche minuto non parlammo: mi accontentavo di ascoltare il rumore delle ruote sulla strada coperta di neve e di pensare alla distanza sempre maggiore che mi separava dalla polizia di Glain.

— Siete straniero? — chiese alla fine.

— Sì. — Temendo che si allarmasse sapendo che ero di Salla, decisi, un po’ in ritardo, di adottare la dolce e musicale parlata dei meridionali, che avevo imparato da Halum, sperando che non si ricordasse che fino a quel momento avevo parlato con accento sallano. — Viaggiate con un nativo di Manneran, che trova il vostro inverno strano e insopportabile.