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Segvord sorrise, come per dirmi che conosceva benissimo i motivi che mi avevano spinto a lasciare Salla e che non li trovava affatto pazzeschi.

— Si diceva — continuò, — che Lord Stirron avesse mandato a Glin degli agenti per cercarti e riportarti indietro per le cure. Halum era in grande ansia per te, allora. Infine, la scorsa estate, uno dei ministri di tuo fratello annunciò che nel corso dell’inverno ti eri avventurato negli Huishtor di Glin e che ti eri perduto tra le nevi, in mezzo ad una bufera cui nessun uomo avrebbe potuto sopravvivere.

— Ma, ovviamente, nei mesi caldi dello scorso anno il corpo di Lord Kinnall non fu ritrovato e fu lasciato a dissolversi negli Huishtor, invece di essere riportato a Salla per un degno funerale.

— Non si ebbero notizie della scoperta del cadavere, no.

— Dunque è ovvio — dissi, — che a primavera il corpo di Lord Kinnall si è svegliato, ha cominciato a vagabondare qua e là come un fantasma, si è diretto verso Sud e infine si è presentato alla soglia dell’Alto Giudice del Porto di Manneran.

Segvord rise: — Un fantasma in buona salute!

— Molto stanco, anche.

— Cosa ti è successo a Glin?

— Un periodo di gelo, e non soltanto in senso letterale. Gli dissi di come i parenti di mia madre mi avessero cacciato, gli parlai del mio soggiorno tra le montagne e di tutto il resto. Dopo aver ascoltato, mi chiese che progetti avessi a Manneran; risposi che non avevo altri progetti che quello di trovarmi un lavoro onorevole, di svolgerlo in modo soddisfacente, di sposarmi e sistemarmi, dato che Salla mi era chiusa e Glin non mi tentava. Segvord annuì gravemente. Proprio in quel momento, disse, c’era un impiego vacante nel suo ufficio. Era un lavoro di poco guadagno e ancor meno prestigio, ed era assurdo chiedere ad un principe della stirpe regale di Salla di accettarlo, ma era un lavoro pulito, con buone prospettive, e poteva essere un punto d’appoggio mentre mi abituavo al modo di vivere dei Manneriani. Ero proprio in cerca di un’occasione del genere e gli dissi subito che avrei accettato molto volentieri quel posto, senza far caso al mio sangue reale, che ormai consideravo una cosa morta e che comunque era sempre stata solo una fantasia. — Quel che si farà di se stessi — dissi gravemente, — dipenderà soltanto dai meriti personali e non dal grado o dall’importanza. Il che, ovviamente, era solo una chiacchiera: invece di far conto sulla mia alta nascita, mi sarei appoggiato sul fatto di essere fratello di legame della figlia dell’Alto Giudice del Porto, un legame che dovevo unicamente alla mia alta nascita; dov’era il merito, in tutto questo?

23

Quelli che mi danno la caccia si avvicinano di giorno in giorno. Ieri, durante una lunga passeggiata in questa zona delle Terre Basse Bruciate, ho trovato, parecchio a Sud di qui, delle tracce fresche di un carro da terra, profondamente impresse sulla secca e fragile crosta di sabbia rossa. E questa mattina, mentre mi aggiravo nel posto degli uccelli-spada, attrattovi forse da qualche impulso suicida, ho sentito un ronzio nel cielo e, guardando in alto, ho potuto scorgere un aereo militare di Salla. Qui si vedono raramente dei veicoli del cielo. Quello si abbassò e cominciò a girare in circolo come fanno gli uccelli-spada, ma io mi nascosi rapidamente dietro un poggio di erosione e penso che non si siano accorti di me.

Posso anche sbagliarmi: il carro da terra poteva essere quello di un gruppo di cacciatori che passava di lì per caso, e l’aereo poteva essere in volo di addestramento. Ma non credo. Se ci sono dei cacciatori, qui, è a me che danno la caccia. La rete mi si chiuderà intorno. Devo cercare di scrìvere più rapidamente e di essere più conciso; troppe cose non sono ancora state dette e temo che mi interrompano prima di aver finito. Stirron, lasciami in pace poche settimane ancora!

24

L’Alto Giudice del Porto è una delle supreme autorità di Manneran. Ha giurisdizione su tutti gli affari della capitale; se ci sono dei disaccordi tra i mercanti, il giudizio si svolge dinnanzi al suo Tribunale e, per trattato, egli ha autorità sugli abitanti di tutte le province; in tal modo se un capitano di Glin o di Krell, un Sallano o uno dell’Ovest viene chiamato davanti all’Alto Giudice, è totalmente soggetto ai suoi verdetti, senza alcun diritto d’appello presso il Tribunale del suo paese. Questa è la più antica funzione dell’Alto Giudice, ma se egli non fosse altro che un arbitro di litigi mercantili, non avrebbe certo la maestà che ha. Invece, attraverso i secoli, altre responsabilità sono cadute su di lui. Egli soltanto regola l’afflusso di navi estere nel porto di Manneran, concede licenze di commercio ogni anno a tante navi di Glin, a tante di Threish e a tante di Salla. La prosperità di una dozzina di province dipende dalle sue decisioni. Di conseguenza gli Eptarchi gli fanno la corte, lo soffocano sotto montagne di doni, lo ricoprono di cortesie e di lodi sperticate, nella speranza che egli conceda a questo o quel paese l’ingresso a Manneran di una nave in più nell’anno seguente. L’Alto Giudice, dunque, è il filtro economico di Velada Borthan, dato che ha la possibilità di aprire o di serrare, a suo giudizio, le vie commerciali, cosa che fa non a caso ma in base al fluire e al rifluire dei beni attraverso il continente; la sua è una funzione di importanza capitale nella nostra società.

L’incarico non è ereditario, ma viene assegnato a vita, e un Alto Giudice può essere destituito soltanto attraverso intricate e quasi impossibili procedure d’accusa. Di conseguenza un Alto Giudice capace come Segvord Helalam può diventare ancor più potente, in Manneran, del Primo Eptarca stesso. L’Eptarchia di Manneran, in ogni modo, è in decadenza. Due dei sette seggi sono vuoti da più di cent’anni, e quelli che occupano gli altri cinque hanno ormai ceduto tanta della loro autorità ai funzionari civili da essere poco più che personaggi rituali. Il Primo Eptarca ha ancora qualche brandello di maestà, ma deve consultarsi con l’Alto Giudice del Porto per ogni questione di carattere economico e l’Alto Giudice è inserito in modo talmente inestricabile nel macchinario del governo di Manneran, che è difficile stabilire chi è il sovrano e chi il funzionario.

Il terzo giorno dal mio arrivo a Manneran, Segvord mi condusse al suo Tribunale per installarmi al mio posto. Pur essendo cresciuto in un palazzo, rimasi a bocca aperta di fronte al quartier generale del Tribunale del Porto; quel che mi colpì non fu tanto l’opulenza del posto (dato che non ve n’era), ma la sua vastità. Mi trovai di fronte ad una immensa costruzione di mattoni gialli, alta quattro piani, massiccia, pesante, che sembrava correre lungo tutta la banchina. Nell’interno, seduti a scrivanie mezzo logore, in uffici dai soffitti altissimi, c’erano nugoli di impiegati indaffarati, intenti a scartabellare documenti, a stampigliare ricevute: il cuore mi si strinse all’idea di trascorrere così le mie giornate. Segvord mi portò con sé in una interminabile marcia attraverso l’edificio; mentre attraversava i loro uffici scuri e chiusi, riceveva l’omaggio degli impiegati; si fermava qua e là per salutare qualcuno, per scorrere di sfuggita qualche rapporto ancora incompleto, per studiare un bollettino su cui, sembrava, erano riportati i movimenti di tutte le navi a tre giorni di viaggio da Manneran. Finalmente arrivammo in certe stanze eleganti, lontane dal rumore e dal trambusto che ci avevano circondato fino ad allora. Qui presiedeva l’Alto Giudice stesso. Mi mostrò una stanza ariosa e lussuosamente ammobiliata, adiacente alla sua, e mi disse che avrei lavorato lì.

Il contratto che firmai sembrava quello con un confessore: io mi impegnavo a non rivelare nulla di quanto avrei appreso nell’esercizio delle mie funzioni, a rischio di gravissime pene, mentre da parte sua il Tribunale del Porto mi garantiva un impiego a vita, diversi aumenti di salario e vari altri privilegi di cui i principi solitamente non si occupano.