— Un pianeta piccolo — disse, — lontano, strozzato dalle sue antiche immondizie. I veleni di duemila anni di trascuratezza macchiano i suoi cieli, i suoi mari, il suo suolo. È un brutto posto.
— Davvero brutto?
— Ci sono ancora alcuni luoghi piacevoli. Non molti, comunque, e niente di cui vantarsi. Qualche albero qua e là. Un po’ d’erba… un lago… una cascata… una valle. In generale il pianeta è un letamaio. Spesso i Terrestri vorrebbero disseppellire i loro antenati, riportarli in vita e poi strozzarli. Per il loro egoismo, perché non si preoccuparono affatto delle generazioni future. Riempirono il mondo di se stessi e dettero fine a tutto.
— È dunque questa la ragione per cui i Terrestri costruiscono imperi nel cielo? Per sfuggire la sporcizia del loro mondo?
— Sì, in parte è così — disse Schweiz. — C’erano miliardi di persone e tutti quelli che trovarono la forza di andarsene lo fecero. Ma non era solo per fuggire, sapete. Era la fame di vedere cose strane, di viaggiare, di ricominciare da capo. Di avere nuovi e migliori mondi per l’uomo. Una catena di Terre sparse attraverso il cielo.
— E quelli che non se ne andarono? — chiesi. — La Terra ha ancora tutti quei miliardi di abitanti? — Stavo pensando a Velada Borthan e ai suoi scarsi quaranta o cinquanta milioni di abitanti.
— Oh, no, no! È quasi vuota, adesso, un mondo fantasma, città in rovina, autostrade che si spaccano. Ci vive poca gente, ormai, le nascite diminuiscono di anno in anno.
— Ma voi siete nato lì?
— Sì, nel continente chiamato Europa. Però non si è più vista la Terra da trent’anni, da quando si avevano quattordici anni.
— Non sembrate così vecchio — dissi.
— Questa è la misura in anni terrestri — spiegò Schweiz. — Secondo i vostri calcoli ci si avvicina solo ai trenta.
— La stessa età di questa persona — dissi, — e non siete il solo ad aver lasciato la patria da ragazzo.
Parlavo liberamente, più liberamente di quanto fosse lecito, e tuttavia non riuscivo a frenarmi. Avevo aperto il cuore di Schweiz e sentivo l’impulso di offrirgli in cambio un po’ de! mio.
— Lasciare Salla da ragazzo per cercare fortuna a Glin e trovarla a Manneran più tardi: un girovago, Schweiz, come voi.
— C’è dunque un legame, tra noi due.
Potevo farmi forte di quel legame? Gli chiesi: — Perché avete lasciato la Terra?
— Per le stesse ragioni degli altri. Per andare dove l’aria è pura e dove un uomo ha la possibilità di diventare qualcuno. Gli unici che rimangono là tutta la vita sono quelli che non possono fare diversamente.
— E questo è il pianeta venerato da tutta la galassia! — mi stupii. — Il mondo di tante leggende! Il pianeta dei sogni dei ragazzi! Il centro dell’universo… un comedone, un bubbone!
— Proprio così.
— Eppure lo si venera.
— Oh, veneratelo, veneratelo, certamente! — gridò Schweiz. Aveva gli occhi lucidi. — La culla dell’umanità! Il grande generatore della specie! Perché non venerarlo, Vostra Grazia? Venerate l’audace inizio, venerate le alte ambizioni che fiorirono dal suo fango. E venerate anche i terribili errori. La Terra ha commesso un errore dopo l’altro, è soffocata negli errori perché a voi fosse risparmiato il dover passare attraverso le stesse fiamme e gli stessi tormenti. — Schweiz rise, rauco. — La Terra è morta per redimere voi, gente delle stelle, dal peccato. Che ve ne sembra, come principio religioso? Si potrebbe fondare una intera liturgia. Un ordine religioso di Terra la Redentrice. — Improvvisamente si chinò in avanti e disse: — Siete un uomo religioso, Vostra Grazia?
Sussultai, all’intimità fiduciosa della sua domanda. Ma non volli innalzare barriere.
— Certamente — dissi.
— Andate al tempio, vi confessate e tutto?
Ero in trappola. Non potei far altro che parlare.
— Sì — dissi. — Vi sorprende?
— Affatto. Tutti a Borthan sembrano essere veramente religiosi. Si è stupiti, per questo. Sapete, Vostra Grazia, non si è religiosi, nemmeno un po’. Si tenta, si tenta da sempre, si sono fatti tanti sforzi per credere nell’esistenza di esseri superiori, là fuori, che guidano il nostro destino. Qualche volta sembra possibile, Vostra Grazia, qualche volta si sta per raggiungere la fede; ma ogni volta un senso di scetticismo finisce col chiudere ogni possibile accesso. Allora si finisce per dire no non è possibile, è contro la logica e il buonsenso. Logica e buonsenso!
— Ma come potete passare tutti i vostri giorni senza la vicinanza di qualcosa di sacro?
— In generale, è sopportabile. Per la maggior parte del tempo.
— E per il resto?
— Il resto sono i momenti in cui si sente l’orrore di sapersi assolutamente soli nell’universo. Nudi sotto le stelle, la luce batte sulla pelle nuda, brucia, un fuoco freddo. E nessuno ci difende, nessuno ci offre un riparo, non c’è nessuno da pregare, capite? Il cielo è ghiaccio, la terra è ghiaccio, l’anima è ghiaccio e chi la riscalda? Non c’è nessuno. Vi siete convinto che non c’è nessuno che possa darvi conforto. Una fede, sottomettersi, gettarsi in ginocchio, essere guidati da una metafisica, capite? Credere, avere fede! E non si può. Allora arriva il terrore. I singhiozzi a occhi asciutti. Le notti senza sonno. — Il volto di Schweiz era arrossato, aveva un’espressione selvaggia; mi domandai se fosse in sé. Allungò la mano attraverso la scrivania, la chiuse sulla mia, il gesto mi colpì, ma non mi tirai indietro, e disse con voce rauca: — Credete negli dèi, Vostra Grazia?
— Certamente!
— Alla lettera? Pensate cioè che ci sia un dio dei viaggiatori, uno dei pescatori, uno dei contadini, uno che protegge gli Eptarchi e…
— C’è una forza — dissi, — che dà ordine e forma all’universo. Questa forza si manifesta in vari modi, e per avere un tramite tra noi e lei, consideriamo ciascuna delle sue manifestazioni come un «dio», sì, e proiettiamo le nostre anime verso questa o quella manifestazione a seconda delle necessità. I più ignoranti tra noi accettano questa divinità alla lettera, esseri con un volto ed una personalità. Altri capiscono che sono personificazioni dei vari aspetti della forza divina e non una tribù di spiriti potenti che vivono nell’aria. Ma non c’è nessuno a Velada Borthan, che neghi l’esistenza della forza in se stessa.
— È cosa che si invidia grandemente — disse Schweiz. — Venire allevati in una cultura coerente e strutturata, essere certi delle verità ultime, sentirsi parte di uno schema divino, come dev’essere meraviglioso! Entrare in un sistema di fede, varrebbe quasi la pena di sopportare i gravi difetti di questa società, pur di avere qualcosa di simile!
— Difetti? — dissi, improvvisamente sulle difensive. — Quali difetti?
Schweiz socchiuse gli occhi e si inumidì le labbra. Forse cercava di capire se mi sarei offeso o arrabbiato per quello che stava per dire. — Forse difetti è un termine troppo forte — rispose. — Si potrebbe invece dire limitazioni di questa società, la sua, be’, la sua ristrettezza mentale. Si intende dire cioè l’obbligo di difendere dagli altri uomini la propria personalità, una delle vostre regole. I tabù del nominare se stessi, del discorso aperto, di qualunque schiudersi dell’animo…
— Non è stata forse aperta a voi un’anima proprio oggi, in questa stanza?
— Ah — disse Schweiz, — ma voi avete parlato ad uno straniero, ad uno che non è parte integrante della vostra cultura, a qualcuno che in segreto sospettate abbia tentacoli e artigli! Vi sentireste così libero con un cittadino di Manneran?
— Nessun altro, a Manneran, avrebbe fatto le domande che avete fatto voi.
— Forse no. È difficile comportarsi in modo adeguato, quando si manca di tutta un’educazione all’autorepressione. Allora queste domande sulla vostra filosofia della religione sono un’intrusione nella vostra intimità, Vostra Grazia, vi offendono?