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— Potrei ucciderti io stesso — disse, — senza aspettare il giudizio della corte.

— Sì, dillo, Stirron! IO! Io stesso! Dillo di nuovo!

— Miserabile esibizionista. Tu, figlio di mio padre! Se ti dico «Io» Kinnall, è soltanto perché tu non meriti altro che sudicerie da me.

— Non sono sudicerie. Bevi e cerca di capire.

— Mai.

— Perché ti opponi, Stirron? Cosa ti spaventa?

— Il Comandamento è sacro — disse. — Mettere in dubbio il Comandamento significa mettere in dubbio tutto l’ordine sociale. Liberalizza la tua droga nel paese e tutto quel che è ragionevole crollerà, tutto quel che è stabile sarà perduto. Pensi che i nostri antenati fossero dei mascalzoni, pensi che fossero pazzi? Kinnall, essi sapevano come creare una società stabile. Dove sono le città di Sumara Borthan? Perché vivono ancora in capanne nella giungla mentre noi abbiamo costruito quel che abbiamo costruito? Tu ci metteresti sulla loro stessa strada, Kinnall. Annulleresti le distinzioni tra bene e male, e in breve tempo la legge stessa sarebbe lavata via e la mano dell’uomo si alzerebbe contro il compagno; dove sarebbero allora il tuo amore e la tua comprensione universale? No, Kinnall. Tieniti la tua droga. Si preferisce ancora il Comandamento.

— Stirron…

— Basta. Il caldo è insopportabile. Sei agli arresti. Ora andiamocene.

74

Dato che avevo ancora in me la droga, Stirron mi concesse qualche ora di solitudine prima di iniziare il viaggio di ritorno a Salla, in modo che non dovessi viaggiare mentre la mia anima era vulnerabile alle sensazioni esterne. Una piccola carità dell’Eptarca: mise due guardie fuori della mia capanna e se ne andò con gli altri a caccia di uccelli-spada fino al tramonto.

Non avevo mai preso la droga senza che qualcuno la dividesse con me. Così le strane sensazioni furono su di me e io fui solo con esse; sentii i battiti, le pulsazioni, le palpitazioni e poi, quando i muri caddero dalla mia anima, non c’era nessuno in cui potessi entrare e nessuno che entrasse in me. Tuttavia potevo sentire le anime delle mie guardie, dure, chiuse, ferree, e sentivo che con un po’ di sforzo avrei anche potuto raggiungerle. Ma non lo feci perché mentre sedevo da solo mi trovai lanciato in un viaggio meraviglioso: mi allargavo e mi alzavo fino a coprire l’intero nostro pianeta, e tutte le anime dell’umanità erano unite alla mia. Mi apparve una visione meravigliosa. Vidi mio fratello di legame Noim far copie delle mie memorie e distribuirle a tutti quelli in cui aveva fiducia, che ne facevano altre copie e le distribuivano e le facevano circolare nei paesi di Velada Borthan. E dalle terre meridionali partivano navi cariche di polvere bianca, che veniva richiesta non solo dai nobili, non solo dal Duca di Sumar e dal Marchese di Woyn, ma da migliaia di comuni cittadini, da gente affamata d’affetto, da quelli che pensavano che il Comandamento stesse andando in pezzi, da quelli che desideravano raggiungere l’anima degli altri. E benché i guardiani facessero il possibile per arrestare il movimento, fallivano, perché il vecchio Comandamento aveva fatto il suo corso ed era ormai chiaro che amore e felicità non si potevano più soffocare. Fino a quando fosse esistita, finalmente, una rete di comunicazioni, filamenti luminosi di percezione sensoria che collegava uno ad un altro, ad un altro, a tutti. Fino a quando finalmente anche gli Eptarchi e la gente di giustizia fossero travolti dall’onda di liberazione e tutto il mondo si unisse in una comunione gioiosa, ciascuno aperto a tutti, e il tempo delle metamorfosi fosse completo: il Nuovo Comandamento era promulgato. Vidi tutto questo nella mia catapecchia nelle Terre Basse Bruciate. Vidi la viva luce che circondava il mondo brillare, pulsare, guadagnare forza, approfondirsi nel colore. Vidi le mura crollare. Vidi la brillante rossa luminosità dell’amore universale. Vidi volti nuovi, mutati ed esultanti. Mani stringere altre mani, anime sfiorare altre anime. Questa visione rischiarò la mia anima per mezza giornata, riempiendomi di una gioia che non avevo mai provato; il mio spirito si levava e vagava nei reami del sogno. Soltanto quando la droga cominciò a ritirarsi da me capii che quella non era nient’altro che una mia fantasia.

Forse non sarà sempre una fantasia. Forse Noim troverà dei lettori per quel che ho scritto e forse altri seguiranno il sentiero che ho tracciato fino a quando ci sarà gente a sufficienza come me e le metamorfosi diverranno irreversibili e universali. È successo altre volte. Io scomparirò, io il precursore, l’anticipatore, il profeta martirizzato. Ma ciò che ho scritto vivrà, e attraverso di me voi sarete mutati. Può ancora darsi che questo non sia un sogno inutile.

Questa ultima pagina è stata scritta mentre il tramonto discende. Il sole si affretta verso gli Huishtor. Presto, prigioniero di Stirron, io lo seguirò. Prenderò con me questo breve manoscritto, nascosto su di me, e se avrò buona sorte troverò il modo di darlo a Noim perché lo aggiunga alle pagine che già gli ho dato. Non posso dire che ci riuscirò, né so cosa potrà succedere a me o al mio libro. E voi che leggete tutto questo, mi siete sconosciuti. Ma questo posso dire: se le due parti avranno formato un’unità e se voi mi leggerete per intero potete essere certi che ho già incominciato a vincere. Da quell’unione possono venir fuori soltanto metamorfosi per Velada Borthan, metamorfosi per voi tutti. Se avete letto fin qui, dovete essere con me in spirito. Perciò dico a te, mio sconosciuto lettore, che ti amo e che ti stendo la mano, io che fui Kinnall Darival, che ti aprii la strada, che ti promisi di dirti tutto di me stesso e che ora posso dire di avere mantenuto quella promessa. Va’ e cerca. Va’ e tocca. Va’ ed ama. Va’ e apri il tuo cuore. Va’, e sentiti guarito.

FINE