“Ecco fatto! Adesso sai cosa significa essere liberata. Spero che tu abbia imparato la lezione, ragazza mia.”
Redpath si alzò, trionfante, si allontanò dal divano. Il telefono faceva le fusa sul pavimento.
“Devo trovare un posto più sicuro.”
Guardò quelle due cose oscene, scarlatte, che erano le sue mani, e sentì nascere una fretta gelida. Muovendosi con lentezza estrema, tornò in cucina e cominciò a lavarsi le mani. L’acqua fredda gli causò una fitta improvvisa alla sinistra, e scoprì di essersi ferito. Sul pollice aveva un profondo taglio diagonale da cui il sangue usciva di continuo, più in fretta di quanto riuscisse a lavarlo. Strappò un foglio di carta dal distributore appeso alla parete, tamponò la ferita al pollice e corse all’ingresso. La porta era ancora leggermente aperta. Guardò fuori, scrutò il mondo con gli occhi di uno sconosciuto, si assicurò che non ci fosse nessuno sulle scale o sul retro della casa. Nel giro di un minuto aveva recuperato la bicicletta e pedalava verso il centro di Calbridge, sicuro, tranquillo. Il sole gli scaldava la schiena.
Il ritorno alla normalità fu come il cozzo contro una barriera invisibile.
Frenò di colpo. La bicicletta si impennò, e lui si trovò sbalzato sul manubrio. Sentì un colpo al petto. Precipitò sulla ruota anteriore e si trovò a fissare il mosaico grigio della strada. La sua faccia si contorse, diventò una maschera di orrore e d’incredulità. Un filo sottile di saliva uscì dalla sua bocca spalancata.
“Cos’hai fatto?”
“Cos’hai fatto?”
— Problemi, signore? — La voce del giovane poliziotto sembrava molto cordiale; però i suoi occhi scrutavano Redpath con freddo interesse professionale. La sua faccia era rosea e decisa, rasata alla perfezione; la faccia di un uomo che non si sarebbe cacciato da solo nei guai, ma che non si sarebbe mosso di un millimetro per evitarli.
— Cosa? — Redpath spostò lo sguardo dal poliziotto alla macchina di pattuglia, arrivata senza che lui se ne accorgesse.
— Vi ho chiesto se avete problemi. State bene?
— Sto… Sto benissimo. — Redpath si tirò su, si pulì le labbra e tentò di sorridere. — Non è niente.
— Siete caduto dalla bicicletta?
— Un piccolo incidente, ma va tutto bene.
— Vi siete ferito alla mano. — Ora la voce del poliziotto era meno comprensiva, e i suoi occhi erano irrequieti. — C’è del sangue anche sul giubbotto.
— Lo so, ma è solo…
— Dovete andare lontano, signore?
— Non molto. Bingham Terrace.
“Una mossa maledettamente astuta” pensò Redpath, sconvolto. “Voleva sapere dove abito senza chiedermelo direttamente, e io gli ho risposto come un cretino.” — È in Disley High Street — disse.
— Lo so dov’è, signore. I: dall’altra parte della città.
— Sì, però Calbridge è piccola, no? Non è mica come attraversare Londra o Los Angeles.
Il poliziotto non sembrava divertito. — Quando fa così caldo, a girare in bicicletta viene sete.
— Io non bevo. — Redpath si accorse che il poliziotto non era soddisfatto, che si agitava troppo, e capì che era il momento di giocare il vecchio asso nella manica. — Sono epilettico. Non posso proprio ubriacarmi. — I muscoli di quella faccia gelida si tesero leggermente, e negli occhi del poliziotto balenarono paure antiche.
— Non me n’ero accorto, signore.
Redpath gli mostrò il braccialetto di Allarme Medico come se si trattasse di un attestato d’autorità. — Ci si abitua a vivere anche da epilettici.
— Adesso come state?
— Oh, bene. Non ho avuto un attacco, non preoccupatevi.
— Allora potete tornare a casa da solo. — Il sollievo del poliziotto era evidentissimo. — Cioè, potremmo darvi un passaggio se…
— No, sto bene. Sul serio. — Redpath gli indirizzò un sorriso tranquillizzante. Il poliziotto tornò in macchina. Lui spostò la bicicletta e rimase immobile finché non vide ripartire l’auto; poi si accorse di avere le gambe bagnate, e si vergognò immensamente. A fianco del suo piede destro s’era formata una minuscola pozzanghera di urina. La guardò, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.
“Lo sapevo che stavo diventando maniaco. Sono un maledetto maniaco omicida. E adesso che ne sarà di me?”
Una parte della sua mente, la parte che restava sempre staccata dai problemi di coscienza, gli disse che tra poco avrebbero scoperto il cadavere di Leila, e che lui sarebbe stato l’indiziato numero uno. Marge Rawlings sarebbe stata ben felice di raccontare che lui sapeva che Leila doveva rientrare a casa all’ora di pranzo, e che era roso dalla gelosia; ma probabilmente la testimonianza di Marge sarebbe stata superflua. L’arma del delitto era piena delle sue impronte, e per di più si era fatto notare da quel poliziotto all’ora esatta e nel posto migliore per metterlo in relazione col delitto. A meno di invitare un po’ di gente ad assistere all’omicidio, era impossibile fornire prove migliori alla polizia. Tenuto conto del tempo che avrebbe impiegato, forse non era nemmeno prudente tornare a casa per cambiarsi d’abito…
“Devo trovare un posto più sicuro!”
Distrutto, stordito, confuso, spinto dal desiderio istintivo di trovare un rifugio, Redpath montò in sella e ricominciò a pedalare. Si rese conto solo vagamente di essere diretto verso la casa di Raby Street.
3
Gli venne ad aprire un uomo lustro, grasso, ben pasciuto, che lo guardò senza nascondere la sua gioia. — Ve l’avevo detto che era lui — urlò l’uomo girando la testa, facendo rimbombare la voce nell’interno della casa. — Non ve l’avevo detto? — L’unica risposta immediata fu il lieve sbattere di una porta interna.
— Chiedo scusa — disse Redpath, colto alla sprovvista. — C’è… C’è Betty?
— Certo, amico, certo — gli rispose il grassone, con un accento fasullo da cowboy dello schermo. — Per di qua. — Si tirò da parte per lasciare entrare Redpath, poi chiuse la porta esterna. L’illuminazione dell’ambiente si ridusse a un chiarore biancastro che filtrava dall’esterno. Il giglio sui vetri della porta sembrava diventare più scuro. Guardando quel disegno, Redpath sentì di nuovo il profumo di chiodi di garofano che non esisteva.
— Ah… — Tentò disperatamente di dire qualcosa, e uscì nella più classica delle banalità: — Bella giornata.
— Sono Wilbur Tennent — disse il grassone. Adesso gli sorrideva e non usava più l’accento da cowboy. Possedeva quei tratti piacevoli, regolari, che spesso derivano dall’obesità. I suoi denti erano piccoli e regolari. I capelli brizzolati ben tagliati, il vestito grigio e le guance piene gli davano l’aspetto di un allibratore di successo. A Redpath sembrava che la sua presenza stonasse in quella casa semi-buia.
— Immagino che Betty ti abbia raccontato tutto di me — aggiunse Tennent. — Di solito non accetto clienti nuovi, ho già un sacco di gente che aspetta da anni, sai com’è, ma nel tuo caso devo proprio fare un’eccezione, John. Dopo tutto stai per diventare un membro della famiglia, per così dire.
— Davvero? — Redpath guardò i polsini della camicia dell’altro, immacolati, coi gemelli d’oro, e si sentì improvvisamente inquieto. I suoi vestiti erano sporchi, forse puzzavano. “Ma cosa diavolo succede, qui? Come fa a sapere che entrerò a far parte della famiglia? E che razza di famiglia può desiderare uno come me?”