— Vuoi dirmi com’è successo?
— No.
— Capisco. — Pardey annuì, come se lei gli avesse fornito tutti i particolari possibili. — Ad ogni modo restano valide le accuse nei suoi confronti.
— Quali accuse?
— Violazione di domicilio, tanto per cominciare.
Leila scosse la testa. — John può andare e venire quando gli pare. Gli ho fatto vedere dove tengo la seconda chiave. E poi deve esserci una spiegazione semplicissima. — Prima che Pardey riuscisse a protestare, lei tolse il coltello dal cuscino e lo depose nel lavandino in cucina. Aprì l’acqua calda, cominciò a lavarlo.
— Ehi — disse dolcemente Pardey, avvicinandosi — io sono dalla tua parte, te lo ricordi?
— E sei contro John?
Pardey sospirò, si avviò verso l’atrio. — Uscirò dall’entrata di servizio.
— Scusa, Frank. — Leila lo afferrò per il braccio. — Voglio ringraziarti per essere venuto qui, sul serio. Forse sono più sconvolta di quanto credessi. È solo che sono sicura che John è migliore di tanta altra gente, e…
Pardey la scrutò. — Sei proprio innamorata, eh?
— No, certo che no. — Leila fu quasi sconvolta all’idea di nutrire un affetto particolare per John Redpath. — Però non vorrei che nessuno dei miei amici pensasse che l’ho denunciato alla polizia.
— D’accordo. Non hai denunciato nessuno, quindi non preoccuparti. Però fammi un piacere. Smettila di lasciare quella chiave a portata di tutti. D’accordo?
— Promesso. — Leila sorrise a Pardey, e fu molto contenta di tenere la conversazione a un livello neutro per tutto il resto della sua breve visita. Il sergente accettò una tazza di caffè, fece due chiacchiere, la chiamò diverse volte “Rostkartoffel” o “pomme frite” (erano i nomignoli che le affibbiava sempre). Evidentemente, anche lui voleva tenere tutto su un piano informale. Però, appena Pardey fu uscito, lei cominciò a chiedersi se davvero era stata tutta una commedia per alleviare le sue angosce. Gli aveva raccontato spontaneamente che John era libero di andare e venire dal suo appartamento; aveva mentito, forse spinta dal desiderio borghese di non attirare l’attenzione su di sé. Ma non poteva darsi che non conoscesse John Redpath a sufficienza? Cosa le aveva detto quella mattina?
“Mi sta succedendo qualcosa.
Cosa significava quella frase? Senza dubbio, John Redpath era un tipo troppo comune, troppo normale (a prescindere dalla psicologia freudiana e dalla filosofia manichea), per diventare il protagonista di uno di quegli episodi di furia selvaggia e di sadismo di cui a volte parlavano i giornali, e che lei non riusciva mai a studiare nei particolari. L’esistenza quotidiana si basa su certi assiomi; e uno di questi assiomi è che la gente che si conosce non cambia mai, resta sempre se stessa, non precipita mai nell’abisso e non arriva mai a vette eccelse, non fa mai niente di molto bello o di molto brutto.
Leila rifletté su quell’idea per un attimo, si consolò per quanto le era possibile; poi accese la radio e andò a controllare che la porta d’ingresso fosse chiusa a chiave.
5
Quando Redpath si svegliò, c’erano voci di donna che mormoravano lì vicino, e un lampadario di plastica rosa proiettava ombre sul soffitto in leggera pendenza. Si alzò a sedere sul letto e capì subito di trovarsi nella casa di Raby Street. Il linoleum sul pavimento e i mobili scompagnati erano familiari, rassicuranti, anche se non gli rimandavano ricordi. Betty York e la signorina Connie, avvolta in un cardigan grigio, sedevano al lato opposto della stanza. Tutt’e due lo guardavano con un misto d’interesse e preoccupazione. La stanza era fredda; la casa aveva già assorbito, vecchia com’era, tutto il calore del giorno. Quel freddo lo conosceva bene: era il freddo delle pensioni economiche.
— Stai meglio, tesoro? — Betty era vestita come quando l’aveva incontrata nel parco, solo che non portava più la giacca di velluto blu. — Ci hai proprio spaventati.
— Adesso sto bene — rispose Redpath, ricadendo sul cuscino. L’interruttore a pera della luce gli danzava davanti agli occhi, a pochi centimetri dalla fronte. Lo guardò. Era libero dal morso di una realtà, ma non aveva nessuna voglia di gettarsi fra le braccia di un’altra.
“Tutto questo, soprattutto il fatto che io mi trovi in questo letto, significa che era solo un incubo. L’incubo di prima classe più terribile che io abbia mai avuto. Terribilmente nitido, vero, ma solo un incubo. Sì, sono sceso nella cantina di quella casa e ho trovato un mostro, ma era solo un sogno. Sì, ero negli Stati Uniti, ma era solo un sogno. Sì, ho trovato quei cadaveri nella vasca, ma era solo un sogno. E cos’altro potrebbe essere?
“Ma perché non mi sento felice? Perché non provo la gioia estrema di essere tornato nel mondo dei vivi?
“Perché ho ucciso Leila, ecco perché. Dio, quando penso a cosa le ho fatto!”
Redpath alzò la mano sinistra, guardò il taglio sul pollice che sanguinava ancora, il taglio che stabiliva i confini tra la realtà e l’incubo. Quel taglio proveniva da un coltello vero, non dal “pugnale dell’immaginazione” di Macbeth; e ricordava benissimo altre ferite, altre lacerazioni, una donna trasformata in una bambola oscena. Né il sonno né la veglia lo avrebbero mai ripulito da quel ricordo; non sarebbe mai più stato tiri essere umano. Mai più. Nei secoli dei secoli…
— Sei sicuro di stare bene? — chiese Betty. La sua faccia dalle labbra piene si materializzò davanti ai suoi occhi. — Vuoi bere? Vuoi qualcosa?
Redpath guardò da un’altra parte. — Non voglio niente.
— Hai fatto brutti sogni, tesoro.
— Davvero? — “Raccontami qualcosa che non so.”
— Mentre dormivi parlavi di cose spaventose.
Redpath si sentì lievemente interessato. — Che cos’ho detto?
— Oh, non ho capito bene. — Betty guardò la signorina Connie, come in cerca d’un sostegno. — Se non sbaglio dicevi di esserti perso. E avevi la febbre. Volevamo chiamare il medico.
“Però non l’avete chiamato. Come mai? Il mercato non offre molti medici-fantasma? John Carradine e Walter Houston ed Elisha Cooker. sono già in catene nei sotterranei?”
— … Per un po’ siamo stati sulle spine, te lo assicuro — stava dicendo Betty. — Hai mai avuto attacchi del genere, tesoro?
— Ma di che attacco stai parlando? — Redpath si chiese se avessero notato il braccialetto da epilettico. Sospettoso, incerto, spinse il braccialetto su per il braccio; e solo in quel momento si accorse che qualcuno, mentre era svenuto, gli aveva tolto il giubbotto.
— L’importante è che adesso tu ti senta bene — disse Betty, sorridente. — Ti ci vuole una tazza di tè e qualcosa da mettere sotto i denti. Scendi a mangiare con noi.
Redpath fece per dire di no; poi si accorse, con sorpresa, di avere fame davvero. Il suo stomaco era un organo del tutto insensibile, voleva essere riempito a dispetto dei colpi e dei traumi sofferti dalle altre parti del corpo. L’idea di un tè caldo e forte era particolarmente attraente. Redpath si tirò un poco più su, e in quella posizione si accorse che i suoi calzoni erano sporchi e spiegazzati, quasi a pezzi. Lo sguardo di Betty non lo aveva abbandonato un attimo.
— Ho avuto… un incidente — spiegò Redpath, a disagio.
— Succede nelle migliori famiglie, tesoro. — Betty sembrava del tutto indifferente.
— Non posso scendere conciato così.
— No, certo. Che misura porti?
— Cosa?
Le labbra piene di Betty ebbero un sorriso indulgente. — Che misura di pantaloni porti?
— Quarantasei — rispose Redpath, e si chiese se per caso non fosse scivolato in un altro sogno in cui la realtà era ancora distorta. — Ma è impossibile…