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— Niente paura. — Pardey gli lanciò un’occhiata interrogativa. — Siete anche voi uno di quelli che non vogliono essere coinvolti in faccende del genere?

— Lo ammetto, non mi va di essere coinvolto.

— Be’, fino a un certo punto lo siete già, comunque se ci riesco vi tirerò fuori. È per questo che vi ho fatto venire con me a recuperare la bicicletta. A quella gente dovete dire soltanto che sono un amico che vi ha dato un passaggio. Se la fortuna ci assiste, potrò studiarmi per bene quel Tennent in via ufficiosa.

— E poi?

— Poi torno in ufficio, controllo le foto segnaletiche e mi accerto che sia lo stesso uomo. Dopo tutto, Tennent è un cognome piuttosto comune. E se non riesco a vederlo, voglio che più tardi facciate un salto da me a guardare qualche fotografia. Okay?

— Va bene — disse Redpath, sollevato. — Per così poco non ho problemi.

— In mancanza di aiuto attivo, accontentiamoci di un po’ d’assistenza — mormorò Pardey.

— Oh, non è niente. Basta che sulla medaglia scrivano il mio nome correttamente.

Redpath ammutolì. Non riusciva a decidere se era il caso o no di diventare più espansivo con Pardey. Il poliziotto, essendo amico di Leila, gli aveva già risparmiato un confronto lungo e difficile con la polizia. Era da sciocchi e da ingrati, decise, continuare a tenere i rapporti su un piano che poteva scatenare inimicizie. Restò tranquillo finché non arrivarono a Woodstock Road, poi diede a Pardey le istruzioni per raggiungere Raby Street.

— Che nome buffo per una strada — commentò Pardey. — Non fa venire in mente immagini piacevoli. Sembra quasi una malattia: Raby, rabbia.

— Penso proprio di sì. — Redpath identificò la casa numero 131 nella fila alla sua sinistra, continuò a guardarla finché la macchina non si fermò davanti all’ingresso. Ora gli sembrava ancora più tetra di quanto ricordasse. C’era qualcosa di buio, di definitivo, nelle finestre, come se la luce che entrava non potesse più uscirne. Lingue verdi di muschio che si insinuavano fra i mattoni divoravano l’intera superficie della casa. Redpath, gli occhi fissi sull’edificio, ebbe una sensazione di presagio del tutto indipendente da quello che era successo lì.

— Cerchiamo di sbrigarci — disse Pardey, e scese dall’auto. Redpath lo raggiunse alla porta d’ingresso. La cassetta della posta era parzialmente aperta, e ne sporgeva un volantino pubblicitario spiegazzato. Pardey afferrò il battente di ferro e picchiò vigorosamente sulla porta. Il suono riecheggiò all’interno della casa, fortissimo.

— Aprite, signora — disse il poliziotto a Redpath, sorridendo. — Sono di “Case e Giardino”. Vogliamo fare un servizio fotografico per il numero di Natale.

Redpath annuì, gli restituì il sorriso, La casa sembrava deserta. Andò fino al bovindo, che aveva le tendine dischiuse, appoggiò la fronte al vetro e guardò nella stanza dove, la sera prima, era rimasto per ore coi quattro membri della sua nuova “famiglia”. Nella stanza non c’era nemmeno un mobile. Era completamente vuota. Lui cominciò a sentirsi male.

— Su, coraggio, signora — disse Pardey, e bussò più forte di prima, così forte che i vetri di una finestra vibrarono. Il poliziotto si girò a fissare Redpath, sembrò leggere qualcosa nei suoi occhi; poi, improvvisamente, si inginocchiò a scrutare attraverso la cassetta delle lettere.

Redpath gli si avvicinò. — Dev’essere successo qualcosa di strano…

Pardey si tirò su. La sua faccia era rossa per la collera. — Chiudete il becco, Redpath. Non dite niente!

“Tolse di tasca quello che sembrava un regolo di plastica, si guardò attorno nella via deserta, e inserì l’arnese nel telaio della porta, appena sotto la serratura. Bestemmiò, diede alcuni colpi di polso, e finalmente la porta si aprì. La porta interna, spalancata, immetteva nell’atrio spoglio di una casa disabitata. Il vento scompigliò il mucchio di lettere e volantini pubblicitari disseminati sul pavimento.

Redpath si portò una mano alla fronte, lottò per controllare gli spasimi delle labbra. — Ieri sera ero qui. Ve lo giuro su Dio, ero…

— Ma guardate la polvere, amico! — Pardey avanzò di qualche passo, tirò un calcio a una busta rigonfia. La busta arrivò in mezzo all’atrio, lasciando una scia nello strato di polvere che copriva tutto il pavimento.

— Questa casa è disabitata da settimane — stabilì Pardey, sicuro.

Redpath si guardò attorno, sbalordito, gli indicò il giglio istoriato sui vetri della porta interna. — Ecco il giglio di cui parlavo.

— Ci sarà una porcheria del genere in ogni casa di questa strada. Aspettate qui.

Pardey raggiunse le scale, le salì facendo il massimo rumore possibile, e scomparve ai piani superiori. I suoi passaggi di stanza in stanza erano sottolineati dallo sbattere di porte. Redpath restò immobile per un attimo, la mano premuta sulla fronte, poi si avviò automaticamente verso la cucina. Aprì la porta e scrutò la stanza lunga, nuda. A sinistra, nel punto che ricordava, c’era un lavandino di porcellana, vecchio e crepato. Si girò a destra, guardò dietro la porta. Nell’angolo c’era un’altra porta, verniciata di rosso scarlatto. Afferrò la maniglia, aprì. Sotto si stendeva un pozzo di buio. Come intrappolato in un sogno, Redpath avanzò sul primo scalino di pietra e mise avanti il piede per tastare il secondo.

— Ci mancherebbe altro che vi rompeste l’osso del collo qui — disse Pardey, alle sue spalle. — Dov’è l’interruttore?

Ci fu uno scatto e si accese la luce. Redpath non aveva notato l’interruttore perché, stranamente, si trovava sulla porta, in alto. La cantina fu invasa da una luminosità giallastra. Il pavimento in fondo era di cemento. Pardey oltrepassò Redpath, scese gli scalini, esaminò la cantina. Redpath lo seguì quasi sino in fondo, guardando le pareti cementate.

“Com’è in ordine. Proprio come quella che ho sognato, quella della casa in America. Mancano solo un po’ di piccioni scorticati.”

— È la parte migliore della casa — commentò Pardey. — Sembra quasi un rifugio antiatomico. — Risalì gli scalini, con Redpath che lo precedeva, spense la luce e chiuse la porta della cantina. Senza aggiungere altro guidò Redpath nell’atrio buio, sulla strada, poi chiuse la porta d’ingresso. La casa era sigillata come un sepolcro. La realtà della strada e del cielo, così luminosa, così accecante, travolse Redpath da ogni lato: una serie di onde d’urto concentriche, fortissime, che parvero fargli esplodere il cervello.

— Ma cosa fate? — gemette, oltrepassando Pardey, gettandosi a peso morto contro la porta. — Non possono farmi una cosa del genere! La casa è questa, giuro! Sono tutti lì dentro!

Pardey lo scostò dalla porta con una rudezza da professionista. — Vi faccio un ultimo favore, signor mio. Vi lascio libero di andarvene, e farò finta di non avervi mai visto. Per di più vi consiglio di mettervi a letto e di fare un buon sonno, se no quella roba vi spappola il cervello.

— È un trucco — disse Redpath, piano, muovendo appena le labbra. — Vi dico che ieri sera ero qui.

— Amico, voi non siete qui nemmeno adesso. — Pardey diede un colpetto con le dita sul petto di Redpath con aria sprezzante, poi si avviò verso l’auto. Prima di partire si girò a lanciargli l’ultima frecciata. — E dite a Lady Leila che chiami i samaritani, la prossima volta che ha bisogno d’aiuto.

Salì in macchina, mise in moto e scomparve dietro l’angolo in pochi secondi. Redpath si trovò solo, abbandonato al centro di un universo sconosciuto.

7

Leicester Road era al centro di un quartiere molto rispettabile, dove predominavano alberi, siepi rigogliose e giardini ben tenuti, e dove era estremamente raro incontrare un pedone che non portasse a spasso il cane. Redpath, per quanto vestito di nuovo e ben rasato, si sentiva leggermente imbarazzato a stare lì di guardia nelle vicinanze della casa di Leila. Aveva deciso di andarle incontro quando tornava dal lavoro; e, visto quello che era successo ieri, voleva fare un’apparizione estremamente regolare. Quindi non si sarebbe nascosto dietro una siepe, non sarebbe uscito improvvisamente dall’ombra, non avrebbe fatto niente che potesse spaventarla.