All’imbrunire, il traffico era aumentato parecchio. Le persone al volante lo scrutavano automaticamente, diffidenti; ma lui restò in attesa finché la mini rossa di Leila non si staccò dalla fila di macchine che avanzavano. Lei lo vide e cominciò a salutarlo con la mano mentre l’auto imboccava il cancello del parcheggio. Redpath arrivò davanti al cancello, ma non lo oltrepassò. Leila scese dall’auto, chiuse la portiera, si avviò verso di lui, scrollò i capelli con un movimento molto fluido, molto regolare, che a Redpath sembrò estremamente aristocratico e che fece crescere il desiderio di stare con lei.
“Lady Leila” pensò. “Pardey aveva ragione, senza saperlo. Lady Leila! Se mi sposi imparo a giocare a tennis e a ordinare il gin-tonic…”
— John Redpath! — La faccia di Leila aveva un’espressione fra l’esasperato e il preoccupato. — Dove sei stato tutto il santo giorno?
Lui sorrise. — Tutti mi cercano, tutti mi vogliono.
— Perché non sei tornato dopo pranzo? Henry era preoccupatissimo.
— Lo immagino — commentò Redpath, secco.
— Ha telefonato a Frank Pardey. — Lo sguardo di Leila era deciso, infrangeva le barriere della sua falsa indifferenza.
— Per cui sai che la casa è vuota. — Abbassò gli occhi, prese a calci un ciuffo d’erbaccia che cresceva in una crepa del cemento, fino a ridurlo a un ammasso informe che non si lasciò sradicare. — Quindi io dovrei aver perso un’intera giornata. Sono un po’ distratto, eh?
— Per te è terribile, lo so, ma per lo meno adesso Henry è convinto che il Composto Centottantatré sia troppo pericoloso per continuare a usarlo nella formula attuale.
— Henry è in ritardo coi tempi. — Redpath scosse la testa, continuò ossessivamente a martoriare col piede quello che restava dell’erbaccia. — Ormai non è più questione di droghe o di allucinazioni o di effetti collaterali. Insomma, io so che tutte le cose che ho raccontato sono successe sul serio. Non ho dubbi, non ho problemi. So che sono successe.
Leila mise un sandalo sull’erbaccia, costringendolo a guardarla negli occhi. — Devi ammettere l’evidenza, John. Per il tuo stesso bene.
— Evidenza? Vuoi dire la camicia e i pantaloni nuovi che ieri mattina non avevo?
— Potresti averli comperati.
— Avevo in tasca solo tre sterline, e le ho ancora quasi tutte.
— Non è questo che intendevo per evidenza — disse Leila, un po’ triste ma decisa. — Potresti semplicemente averli rubati, o forse li avevi già.
— E così tutto il mio passato va a farsi benedire, eh? Forse io non ho nemmeno un passato. Forse mi hanno allevato in provetta e mi hanno fornito di ricordi falsi.
— John, ti prego. — Leila gli mise una mano sul braccio. — Ti fa piacere sapere che oggi pomeriggio Henry e io siamo andati alla casa di Raby Street, a controllare coi nostri occhi? Non ci siamo limitati ad accettare la parola di Pardey.
— Davvero? E cosa avete scoperto?
— Una casa deserta e polverosa, dove nessuno vive più da secoli.
— Oh, mi fa un piacere immenso saperlo — disse Redpath, amareggiato. — Grazie infinite.
Leila cambiò argomento. Si guardò attorno con aria divertita. — Come mai te ne stai qui tutto solo?
— Ho pensato che fosse meglio così. Dopo quello che è successo, non volevo…
— Non fare lo sciocco. Vieni su a bere un caffè?
— Sì, grazie. — Redpath, contento, salì le scale con lei. Leila aprì la porta con una chiave che tolse dalla borsetta. Vedere quel soggiorno familiare dove appena ieri, stando ai suoi ricordi, aveva commesso l’atto più osceno dell’universo diede a Redpath una sensazione di freddo, come se un’ala invisibile avesse mosso l’aria. Andò direttamente in cucina e riempì d’acqua il bricco elettrico.
— Va bene il caffè istantaneo? — chiese a Leila, che si era fermata a guardare la posta.
— Non perdi tempo a metterti a tuo agio, eh?
— Oggi è tutto istantaneo. — Redpath accese il bricco, tirò fuori due tazzine e andò in soggiorno. Il semplice fatto della presenza di Leila, della sua presenza viva, gli fece provare di nuovo la gioia che aveva sentito quel mattino; e contemporaneamente si accorse che le sue idee sugli ultimi “avvenimenti” erano di un’ambiguità estrema. L’unico modo di affrontare quei ricordi era accettarli per quello che sembravano, cioè ricordi di gente vera e di fatti veri; eppure, solo poche ore prima “ricordava” di aver assassinato Leila. Per giustificare i suoi processi mentali bisognava cadere nella metafisica, attribuire un’energia vitale intrinseca agli incubi che si affollavano nella sua memoria, operando una distinzione fra incubi e ricordi meno significativi.
“Che razza di logica è questa, eh? Sarebbe a dire che il mio cervello ha messo su una fabbrica di incubi che è ben lieta di creare scene dell’orrore, e che in compenso si rifiuta di sprecare tempo coi fatti e con la gente di tutti i giorni? È una cosa richiesta per legge? E poi cosa ci sarebbe di normale in persone come Albert e…?”
— Mi è venuta in mente una cosa — disse. — Quando Henry ha telefonato al tuo poliziotto, hanno parlato molto?
— Parecchio. Frank non riesce a decidere se l’ho preso più in giro io, o tu, o tutti quanti.
— Hanno parlato del fatto che Wilbur Tennent, fantastico parto della mia immaginazione, è una persona vera, ricercata dalla polizia?
— Penso che la conversazione fosse troppo frivola per argomenti del genere — rispose Leila. — Comunque Tennent è un cognome molto comune. Sai già cosa direbbe Henry.
Redpath annuì. — Accumulo inconscio di dati. E se andassi alla polizia e guardassi tutte le loro foto e riconoscessi…? Non farebbe differenza, vero?
— Accumulo inconscio di dati — disse Leila. — E se vuoi sapere un’altra cosa inutile, oggi pomeriggio il tuo cavallo è arrivato primo.
— Quale cavallo?
— Parsnip Bridge. Riascoltando le registrazioni Henry è rimasto colpito dal nome, e ha voluto controllare se oggi quel cavallo correva davvero. Ha vinto a sette contro uno.
— Wilbur lo sapeva già — mormorò Redpath, mentre un brivido freddo gli sfiorava gli angoli bui della mente. — Wilbur vede nel futuro. Viene ad aprirti la porta prima che tu bussi.
— Non arricchire troppo queste fantasie, John.
— Quali fantasie? Io so tutto delle corse di cavalli, eppure non riuscirei mai ad azzeccare una vincita. Non sapevo nemmeno che esistesse un cavallo di nome…
— Accumulo inconscio di dati.
— È un nome maledettamente strano per un cavallo. — Redpath scosse la testa per la disperazione.
— Povero John — disse Leila, scrutando ansiosa la sua espressione. — Ne stai passando di tutti i colori, e io non posso fare niente per aiutarti.
— Il semplice fatto che tu sia qui mi aiuta — l’assicurò. — Leila, quando credevo che tu fossi morta, avrei voluto… — Travolto dal pianto improvviso, si girò per tornare in cucina, ma Leila gli sbarrò il cammino, lo guardò con una comprensione che la rendeva ancora più bella.
— Non preoccuparti, John. — I suoi occhi sembravano luminosi. — Piangere fa bene.
— Bel titolo per una canzone. — Redpath cercò di rifugiarsi nel suo cinismo scherzoso, ma sull’ultima parola gli si serrò la gola, dolorosamente. La guardò, vergognoso, distrutto all’idea di mettersi a singhiozzare come un bambino.
— Vieni. — Lei lo prese per mano, lo portò in camera da letto. Redpath restò immobile accanto al letto, felice e stranamente rincuorato dal proprio ruolo passivo. Intanto Leila chiudeva la porta e sistemava le tendine, e la luce della stanza si ridusse a un baluginio come di candele. Ferma dall’altra parte del letto, lei indicò con un cenno il suo giubbotto e cominciò a togliersi il cardigan. Si spogliarono in silenzio, all’unisono, e restarono nudi nello stesso istante. E quando si sdraiarono sul letto, il mondo esterno svanì dalla coscienza di Redpath come una stella moribonda.