Выбрать главу

— Non voglio che tu resti sconvolto. — Leila era triste.

— Non sono sconvolto. Adesso che comincio a capire cos’è successo, mi sento molto meglio. A pensarci bene, è una storia sensata. Un gruppo come quello, dotato di quei poteri, può difendersi alla perfezione. Ecco perché oggi la casa era vuota. Wilbur sapeva che saremmo arrivati noi, capisci. Ha dato l’allarme, Albert ha trasportato via le persone, e la signorina Connie i mobili e l’altra roba. E per un tipo come lei non è stato difficile coprire tutto di polvere, dare l’impressione che la casa fosse disabitata da anni.

Leila tentò di alzarsi, ma Redpath l’afferrò per il polso e continuò a parlare con tono monotono, distaccato. — Ci scommetto che adesso sono tutti in America, nell’altra casa quasi identica a quella di Raby Street… Ma perché succedono tutte queste cose? Come mai si sono messi assieme, e cosa vogliono da me? Perché si nascondono?

“Hanno mai scorticato qualcuno?”

— John, devi calmarti, metterti un po’ tranquillo — disse Leila. — Perché non ti fai un pisolino? Devi essere stanchissimo.

Redpath meditò sulla proposta. — Direi che posso dormire sicuro. Se sono lontani migliaia di chilometri, probabilmente non riescono a raggiungermi con quegli incubi.

— Dormire ti farebbe bene. — Leila si alzò, sistemò i cuscini, lo spinse dolcemente disteso sul letto. Lui la guardò tutto contento, e quando lei si chinò a coprirlo col lenzuolo le diede un pizzicotto al rotolino di grasso che s’era formato sotto il suo ombelico. Leila scostò la sua marco, andò all’armadio, scelse un vestito verde acceso che metteva in risalto il colore dei capelli. Quando si fu infilata i sandali e cominciò a cercare la borsetta, Redpath capì all’improvviso che si stava preparando a uscire. L’idea gli parve stranamente odiosa.

— Cosa fai, Leila? — Si rizzò su un gomito. — Non vorrai uscire, per caso.

— Devo comprare un po’ di burro e un altro paio di cose. Non aspettavo ospiti.

Lui guardò l’orologio. — Ma sono quasi le otto.

— I negozi di Botanic Avenue sono ancora aperti.

— Non voglio che tu esca a comperare cibo per me.

— Ma non è un disturbo. Sarò di ritorno fra…

— Non voglio che tu esca, Leila. — Redpath si era seduto. Si accorse di aver usato un tono troppo duro, e cercò di rimediare. — Lo so che è da egoista, ma…

— D’accordo, caro — disse lei immediatamente. — Mi arrangerò lo stesso, basta che non ti dia fastidio la margarina sui toast.

Redpath annuì, soddisfatto. — Non mi (là fastidio.

— Comunque, dovrebbe essere meglio per la salute. — Leila lo disse a bassa voce. Sedette al tavolo da toeletta e cominciò a limarsi le unghie.

Incapace di scacciare l’impressione che qualcosa fosse andato storto, Redpath ricapitolò mentalmente gli avvenimenti degli ultimi dieci minuti, come un cacciatore che tornasse indietro in cerca della pista perduta. L’atmosfera era rimasta armoniosa finché lui non aveva in parte dedotto e in parte indovinato la verità sulla casa di Raby Street e sul suo impatto con la sua vita, però dopo…

— Leila — disse, serissimo — mi è appena venuto in mente… Ce l’hai messa proprio tutta, vero?

Lei abbassò la testa, concentrandosi sulle unghie. — Non capisco.

— Sto parlando di quello che ti ho raccontato sulla casa di Raby Street. Erano cose sorprendenti, anzi, molto sorprendenti… Però non ti vedo sorpresa.

— Ecco… Forse non ho capito bene.

Lui soppesò quella risposta per diversi secondi. — Non credi a niente, vero? Pensi che io sia matto. Cercavi solo di calmarmi.

Le spalle di Leila sussultarono, poi lei si girò a guardarlo con occhi spiritati. — John, hai solo un pezzo di giornale, e nient’altro. Solo un pezzo di giornale!

— Un giornale americano.

— In Inghilterra potrebbe esserci una mezza dozzina di Gilpinston, e anche se è americano, cosa vuol dire? Hai pensato che potrebbe essere uri settimanale, stampato con giorni d’anticipo sulla data d’uscita?

Redpath non aveva pensato a quella possibilità, ma la giudicò irrilevante. — Quello che importa è che sono riuscito a trovare una prova concreta di fatti che dovrebbero essere successi solo nella mia immaginazione. Non capisci cosa significa per me”?

— Capisco l’effetto che ti ha fatto.

— Che commento carino. — Chissà perché, si sentiva stranamente eccitato dalla sfida implicita nelle parole di Leila. — Tu sei una persona razionale, e siccome non hai vissuto personalmente quello che ho vissuto io ieri, vuoi altre prove. Il che è giustissimo, giustissimo. — Parlava con aria accomodante, quasi imitando le più dolci maniere professionali di Henry Nevison. — Che altre prove posso offrirti per sostenere la mia tesi? È un problemino interessante.

Tutt’altro che divertita, Leila lo guardò quasi disperata. — John, capisci cosa stai dicendo? Ti ricordi che stamattina ci hai raccontato di aver trovato due cadaveri anneriti in quella vasca? Vuoi cercare di dimostrare che è successo anche questo?

La sicurezza di Redpath vacillò. — Non faceva parte dell’incubo? Sta diventando difficile capire cos’era vero e cos’era… — Si guardò attorno a occhi socchiusi, mentre un ronzio gli nasceva in testa, e il suo sguardo si posò sul telefono vicino al letto. Gli era venuta un’idea, strana, un’idea che in quel contesto gli sembrava tanto più strana in quanto era esclusivamente pratica. Prese il telefono, fece il numero del centralino, chiese che gli passassero l’informazione elenco abbonati internazionale.

Leila mise giù la lima. — Cosa fai?

— Non preoccuparti — le rispose, eccitato e trionfante. — La telefonata la pago io. Dammi una penna, spicciati! — Prese il pennarello che lei gli tese, restò in ascolto. In poco meno di un minuto aveva scritto il numero del “Gilpinston Bugle” sulla pelle del ginocchio destro.

— Ecco qua — disse, indicando la serie di numeri. — Volevi delle prove, e le avrai.

Leila gli si avvicinò. — Ti ho chiesto cosa stai facendo.

— Stammi a sentire. L’Illinois è indietro di cinque o sei ore rispetto a noi, per cui lì dovrebbe essere pomeriggio. — Formò il prefisso internazionale per gli Stati Uniti, seguito dal numero del giornale. Gli risposero quasi subito. — Mi chiamo John Redpath e chiamo dall’Inghilterra — disse, in tono sbrigativo. — Ditemi, per favore, il “Bugle” è un quotidiano?

— Sissignore. Usciamo sei volte la settimana. — La voce della ragazza suonava chiarissima. — Vi serve qualcosa?

— Non c’era bisogno di una telefonata intercontinentale per una prova del genere — sussurrò Leila, furiosa. — Potevamo benissimo informarci anche da…

Redpath si portò un dito alle labbra e ricominciò a parlare. — Ho una storia interessante per il vostro giornale. Volete passarmi un cronista? — Durante la breve attesa sorrise a Leila, pienamente sicuro delle proprie risorse.

— Cronaca. Parla Dave Knight. — La voce era un po’ diffidente. — Avete detto che chiamate dall’Inghilterra, signor Redpath?

— Sì, infatti. Io lavoro all’Istituto Jeavons di Calbridge, che è il centro sperimentale dell’University College del Sud Haverside. Il mio reparto conduce ricerche su alcuni aspetti dell’ESP, ed è successo qualcosa che, vi prego di credermi, è in diretto rapporto con la città di Gilpinston.

— Avete detto ESP? — Adesso la voce era attenta.

Redpath strizzò l’occhio a Leila. — Precisamente.

— C’è qualcuno di Gilpinston che lavora con voi?

— È una cosa più interessante, Dave, e credo che ne converrete anche voi. Il motivo per cui vi ho chiamato è che uno dei nostri soggetti sostiene di aver proiettato la propria coscienza in una casa di Gilpinston. Dice di averla visitata ieri senza spostarsi da qui, se rendo l’idea.