Oppure il razzo non viaggiava più in linea retta rispetto al punto di partenza. Per linea retta, ovviamente, s’intende parabolicamente curva rispetto a tutto quanto, esclusa la velocità.
Perciò Herr Professor fece l’unica cosa che gli restava ancora da fare e cominciò a cercare con il telescopio, in cerchi sempre più ampi. Impiegò due ore prima di trovarlo, già fuori rotta di cinque gradi, e stava deviando sempre di più in una… Beh. c’era un solo modo per descriverlo. Una spirale.
Quel maledetto coso stava girando in cerchio, un cerchio che sembrava costituire un’orbita intorno a qualcosa che non poteva esserci. K il cerchio si andava restringendo in una spirale.
Poi… più niente. Sparito. Tenebra. Più niente fiamme del razzo.
Pallidissimo, il professore si rivolse a Minnie.
— È impossibile, Minnie. Lo fedo con mein okkhi, ma non è possipile. Ankhe se ha smesso di emettere fuoko da ein parte, non poteva kominziare a girare in zerchio. — Fece altri calcoli con la matita, e trovò la conferma dei suoi sospetti. — Und, Minnie, ha dezelerato assai più di kvanto era possipile. Ankhe mitt nessun ugello azzeso, der slanzio dofeva portarlo…
Il resto della notte — fra telescopio e calcoli — non forni nessuna indicazione. Cioè, nessuna indicazione credibile. Una forza non inerente al razzo, e non spiegabile con la gravità, neppure con la gravità di un corpo celeste ipotetico, era entrata in azione.
— Mein povero Mitkey.
L’alba grigia, imperscrutabile. — Mein Minnie, dofrà rimanere ein sekreto. Non oseremo pubblikare kvello khe abbiamo fisto, perkhé nessuno lo krederebbe. Non sono sikuro di krederlo neppure io, Minnie. Forse perkhé era troppo stanko per non afer dormito. Ho immaghinato kvello che ho fisto…
Più tardi: — Ma, Minnie. kontinueremo a sperare. A zentozinquantamila mighlia di distanza, era. Rikadrà su der terra. Ma non posso tire dote! Kredevo che se fosse suksesso. io afrei potuto kalkolare sua rotta und… Ma dopo kvei zerkhi conzentrizi, Minnie… neppure Einstein potrebbe kalkolare dofe atterrerà. Neppure io. Tutto kvel khe possiamo fare è spe rare che ferremo a sapere dofe kadrà.
Una giornata nuvolosa. Una notte nera, gelosa dei propri misteri.
— Minnie. Il nostro povero Mitkey. Non c’è niente khe potrebbe afer kauzato…
Ma qualcosa l’aveva causato.
Prxl.
Prxl è un asteroide. Gli astronomi terrestri non lo chiamano così perché — per ragioni validissime non lo hanno scoperto. Quindi noi lo chiameremo con la translitterazione più prossima a quella usata dai suoi abitanti. Sì. è abitato.
Ora che ci penso, il tentativo di inviare un razzo sulla luna, da parte del professor Oberburger. diede alcuni risultati strani. O meglio, li diede Prxl.
Non pensereste che un asteroide possa convertire un ubriacone, no? Ma un certo Charles Winslow, un bevitore inveterato di Bridgeport. Connecticut, non bevve mai più un sorso da quando — proprio su Grove Street — un topolino gli chiese la strada per Harford. Il topolino indossava un paio di calzoncini rossi e guanti giallovivo…
Ma questo avvenne quindici mesi dopo che il professore perse il suo razzo. Sarà bene ricominciare.
Prxl è un asteroide. Uno di quei disprezzati corpi celesti che gli astronomi terrestri chiamano guastafeste del cielo, perché quei maledetti così lasciano sulle lastre fotografiche tracce che confondono le osservazioni, assai più importanti, delle novae e delle nebulose. Cinquantamila pulci sul cane scuro della notte.
Quasi tutti sono piccolissimi. Gli astronomi hanno scoperto di recente che alcuni si avvicinano alla Terra. Si avvicinano sorprendentemente. Vi fu un notevole scalpore quando nel 1932 Amor passò a meno di dieci milioni di miglia: astronomicamente, una collisione mancata di poco. Poi Apollo ridusse la distanza quasi a metà, e nel 1936 Adone passò a meno d’un milione e mezzo di miglia.
Nel 1937 Hermes passò a meno di mezzo milione di miglia, ma gli astronomi si agitarono sul serio quando calcolarono l’orbita e scoprirono che quel piccolo asteroide lungo un miglio può arrivare a meno di duecentomila miglia dalla Terra, addirittura più vicino della luna.
Un giorno o l’altro può darsi che si agitino ancora di più, se e quando avvisteranno l’asteroide Prxl, lungo tre ottavi di miglio, mentre transita attraverso la luna, e scopriranno che spesso arriva appena a centomila miglia dal nostro vorticante pianeta.
Potranno scoprirlo soltanto nell’eventualità di un transito, comunque, perché Prxl non riflette la luce. O almeno, non la riflette più da diversi milioni di anni, da quando i suoi abitanti lo ricoprirono di un pigmento nero che assorbe la luce e che fu estratto dalle sue viscere. Fu un compito monumentale, dipingere un mondo, per essere alti un centimetro. Però ne valeva la pena, a quel tempo. Quando ne ebbero spostato l’orbita, furono al sicuro dai loro nemici. I nemici, a quei tempi, erano giganti… i pirati di Deimos, alti venti centimetri. Arrivarono persino sulla Terra, un paio di volte, prima di uscire di scena. Erano piccoli, simpatici giganti che uccidevano per il gusto di farlo. I documenti che esistono nelle città ormai sepolte di Deimos potrebbero spiegare che cosa accadde ai dinosauri. E perché i Cro-Magnon. che promettevano così bene, scomparvero al culmine della loro promessa pochi minuti cosmici dopo l’estinzione dei dinosauri.
Ma Prxl sopravvisse. Il minuscolo mondo non rifletteva più i raggi solari, e i massacratori cosmici lo persero per sempre di vista, quando la sua orbita fu modificata.
Prxl. Ancora civile, con una civiltà vecchia di milioni di anni. Il rivestimento nero veniva conservato e rinnovato regolarmente, più in omaggio alla tradizione che per paura dei nemici, in quei tempi tardi e degenerati. Una civiltà possente ma stagnante, rimasta immobile su un mondo che sfreccia come un proiettile.
E Mitkey Mouse.
Klarloth, scienziato capo d’una razza di scienziati, batté su quella che avrebbe potuto essere la spalla del suo assistente Bemj, se Bemj avesse avuto le spalle. — Guarda, — disse, — che cosa si sta avvicinando a Prxl. Evidentemente la propulsione è artificiale.
Bemj guardò lo schermo a muro, quindi diresse un’onda-pensiero verso il meccanismo che aumentò l’ingrandimento di mille volte, mediante un’alterazione del campo elettronico.
L’immagine sussultò, si confuse, poi si consolidò. — Artificiale, — disse Bemj. — Estremamente rudimentale, devo dire. Un razzo primitivo, alimentato con combustibile esplosivo. Aspetta. Controllerò da dove arriva.
Lesse i dati sui quadranti intorno allo schermo e li scagliò, sotto forma di pensieri, verso la psicobobina del computer, poi attese mentre quella macchina complicatissima assimilava tutti i fattori e preparava la risposta. Quindi, impaziente, mise la propria mente in contatto con il proiettore. Anche Klarloth ascoltò quella trasmissione silenziosa.
L’esatto punto sulla Terra e l’esatta ora della partenza. Un’espressione intraducibile della curva della traiettoria, e il punto della curva in cui il veicolo era stato deviato dall’attrazione gravitazionale di Prxl. La destinazione — o almeno, la destinazione presunta d’origine — era evidente: la luna della Terra. Poi, il tempo e il luogo dell’arrivo su Prxl, se l’attuale rotta del razzo fosse rimasta immutata.
— La Terra, — disse pensieroso Klarloth. — Erano ancora molto lontani dal volo spaziale, l’ultima volta che lì abbiamo controllati. Non c’era in corso una specie di crociata, una guerra religiosa?
Bemj annui. — Catapulte. Archi e frecce. Hanno fatto un bel passo avanti, da allora, anche se questo razzo è soltanto un ordigno sperimentale primitivo. Dobbiamo distruggerlo prima che arrivi qui?
Klarloth scosse il capo. — Osserviamolo bene. Potrebbe risparmiarci un viaggio fino alla Terra: giudicheremo il loro stato attuale di evoluzione basandoci sul razzo.