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Sansa si svincolò dalla sua presa, mentre il Mastino si lasciava sfuggire una risata rauca. Lady si frappose tra loro, ringhiando un avvertimento, e Sansa cadde in ginocchio, le braccia strette attorno alla sua lupa. Adesso l’attenzione e gli sguardi di tutti erano su di lei. Sansa poteva udire i loro commenti a bassa voce, il loro ridacchiare.

«Un lupo» disse qualcuno.

«Per i sette inferi» esclamò qualcun altro. «Quello è un meta-lupo! Che ci fa all’accampamento?»

«Roba degli Stark» ribatté la voce roca del Mastino. «Li usano come balie asciutte.»

Sansa vide che i due cavalieri di fronte alla regina non erano più inginocchiati. Avevano sguainato le spade e stavano guardando lei e Lady. Sentì di nuovo il morso della paura, della vergogna, e i suoi occhi si riempirono di lacrime.

«Joffrey» disse la regina «va’ da lei.»

E il suo principe le fu al fianco.

«Lasciatela stare!» disse Joffrey. Torreggiò su di lei, splendido in lana azzurra e cuoio nero, i riccioli dorati che scintillavano ai raggi del sole come una corona. Le porse la mano e l’aiutò ad alzarsi. «Che succede, mia dolce signora? Perché hai paura? Nessuno qui ti farà del male. Mettete via le spade, tutti quanti. Il lupo è il suo cucciolo, nient’altro.» Si voltò verso Sandor Clegane. «E tu, Mastino, levati di torno. Stai spaventando la mia promessa sposa!»

Il Mastino, cane fedele e obbediente, s’inchinò e si fece strada tra la gente ammucchiata. Sansa ebbe qualche difficoltà a raddrizzarsi. Che stupida era stata. Era una Stark di Grande Inverno, una nobile lady, e un giorno sarebbe stata regina. «Non era Clegane a spaventarmi, mio dolce principe» spiegò a Joffrey. «Era quell’altro.»

I due cavalieri appena arrivati dal Sud si scambiarono un’occhiata.

«Vuol dire Payne?» ridacchiò il più giovane, quello nell’armatura color verde foresta.

Il cavaliere dai capelli bianchi parlò a Sansa con grande gentilezza: «A volte, mia dolce lady, ser Ilyn Payne fa paura anche a me. In effetti, ha un aspetto terribile».

«Così come deve essere.» La regina Cersei scese dalla casa su ruote e la folla le fece largo. «Se i malvagi non temono la giustizia del re, ebbene, vorrebbe dire che a tutelarla è stato messo l’uomo sbagliato.»

«Maestà» finalmente Sansa ritrovò la voce «hai senza dubbio alcuno scelto quello giusto.» Una liberatoria risata generale eruppe dalla folla.

«Ben detto, figliola» commentò il vecchio dal mantello bianco. «E non c’era da aspettarsi altro dalla figlia di lord Eddard Stark. A dispetto di quanto fuori dalle regole sia stato il nostro incontro, sono onorato di fare la tua conoscenza.» Fece un inchino. «Sono ser Barristan Selmy, della Guardia reale.»

Sansa lo conosceva di fama, e adesso tutta l’educazione formale che septa Mordane le aveva insegnato così diligentemente nel corso degli anni poté fare bella mostra di sé. «Lord comandante della Guardia» disse. «Consigliere di Robert, nostro re, e di Aerys Targaryen prima di lui. L’onore è tutto mio, prode cavaliere. Perfino nel remoto Nord, i trovatori cantano le lodi di Barristan il Valoroso.»

«Vorrai dire Barristan il Vecchioso.» Il cavaliere in armatura verde rise di nuovo. «Non adularlo troppo, è già fin troppo pieno di sé.» Le sorrise. «E ora, ragazza-lupo, puoi dare anche a me un nome. Dopo di che accetterò che tu sia la degna figlia del Primo Cavaliere del re.»

Accanto a Sansa, Joffrey s’irrigidì. «Ti pare questo il modo di rivolgerti alla mia promessa sposa?» esclamò.

«Posso rispondere.» Sansa acquietò in fretta la rabbia del principe e sorrise al cavaliere. «Il tuo elmo, mio signore, è adornato di corna dorate. Il cervo è l’emblema della Casa reale. Re Robert ha due fratelli. Per la tua giovane età, non puoi essere altri che Renly Baratheon, lord di Capo Tempesta e consigliere del re. Questo è quindi il nome che io ti do.»

«Per la sua giovane età» si intromise ser Barristan scherzando «non può essere altri che un fatuo bellimbusto. Questo è quindi il nome che io gli do!»

Ci fu un’altra risata generale, iniziata dallo stesso lord Renly. La tensione iniziale si era definitivamente dissipata e Sansa cominciava a sentirsi a proprio agio… Non durò. Ser Ilyn Payne si fece largo tra i due uomini e le andò di fronte, senza sorridere. Non disse una sola parola. Lady digrignò le zanne e cominciò a ringhiare, un suono basso, carico di minaccia. Sansa calmò la meta-lupa con una lieve carezza sul collo. «Mi dispiace di averti offeso, ser Ilyn» gli disse.

Attese una risposta che non venne. Ser Ilyn Payne, il boia del regno, la guardò con occhi che sembravano privi di colore e parve strapparle di dosso le vesti e la pelle mettendo a nudo la sua anima. Sempre in silenzio, ser Ilyn si girò e se ne andò.

Sansa non capì. Guardò Joffrey e chiese: «Ho detto qualcosa che non avrei dovuto, mio principe? Per quale ragione non mi ha parlato?».

«Ser Ilyn non è stato particolarmente loquace, in questi ultimi quattordici anni» commentò lord Renly con un sorriso ambiguo.

Joffrey folgorò lo zio con uno sguardo carico di odio allo stato puro, poi prese la mano di Sansa tra le sue. «Aerys Targaryen gli fece strappare la lingua con tenaglie arroventate» spiegò.

«La vera eloquenza di ser Ilyn sta nella sua spada» intervenne la regina. «E la sua devozione alla corona è fuori di ogni dubbio.» Poi aggiunse con un grazioso sorriso: «Sansa, i miei bravi consiglieri e io abbiamo alcune cose da discutere fino al ritorno del re e del lord tuo padre. Temo che saremo costrette a rinviare la tua giornata con Myrcella. Ti prego di estendere le mie scuse anche alla tua dolce sorellina. Joffrey, forse tu sarai così gentile da intrattenere la nostra ospite, quest’oggi».

«Con grande piacere, madre» rispose in tono formale Joffrey.

Poi prese Sansa per il braccio e la guidò lontano dalla casa su ruote. L’umore di Sansa volò istantaneamente fino al più alto dei cieli. L’intera giornata assieme al suo principe! Guardò Joffrey con adorazione. Ed era sempre così galante. Il modo in cui l’aveva salvata da ser Ilyn e dal Mastino, oh dei, era quasi come nelle ballate d’amore dei menestrelli. Come la volta in cui Serwyn dallo Scudo a specchio aveva salvato la principessa Daeryssa dai giganti. O come il principe Aemon, Cavaliere del drago, che aveva difeso l’onore della regina Naerys contro le infamanti insinuazioni di ser Morgil.

Il tocco della mano di Joffrey sulla sua manica, e il suo cuore batté più in fretta. «Che cosa ti piacerebbe fare, Sansa?»

“Stare con te!…” pensò lei, ma disse: «Qualsiasi cosa ti allieti, mio principe».

Joffrey ci pensò su un momento, poi propose: «Potremmo fare una cavalcata».

«Io adoro andare a cavallo!» esclamò Sansa.

Joffrey gettò un rapido sguardo alle loro spalle, a Lady che li seguiva da vicino. «Il tuo lupo potrebbe spaventare i cavalli, e sembra che il mio cane spaventi te. Che ne dici se li lasciamo qui entrambi e procediamo soli tu e io?»

«Se così desideri.» Sansa esitò. «Suppongo di poter legare Lady da qualche parte.» Ma continuò a non capire la considerazione del principe. «Non sapevo che avessi un cane…»

«È il cane di mia madre, in realtà» rise Joffrey. «È lei che me l’ha messo alle costole perché mi faccia la guardia.»

«Ah, vuoi dire Sandor Clegane, il Mastino.» Sansa si sarebbe presa a schiaffi per essere stata così lenta a capire. Mai il suo principe l’avrebbe amata se lei fosse sembrata stupida. «Ma è prudente per te lasciarlo indietro?»

Il principe parve irritato dalla domanda. «Non aver paura, mia lady. Sono quasi un uomo adulto, e per combattere non uso certo spade di legno come i tuoi fratelli. L’unica cosa che mi serve è questa.»

Sfoderò la spada e gliela mostrò. Era una spada lunga da combattimento: scintillante acciaio azzurro, forgiata al castello, a doppio taglio, impugnatura rivestita di cuoio, pomello a testa di leone. Una spada lunga, certo, ma anche opportunamente adattata alle dimensioni di un ragazzo di dodici anni. Sansa emise un gridolino pieno d’ammirazione.