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«Richiamala!» Adesso era il principe a urlare di dolore. «Richiama questa belva!»

«Nymeria!» La voce di Arya schioccò come una frustata.

Nymeria aprì le fauci, si allontanò da Joffrey e andò a fermarsi al fianco di Arya.

Il principe rimase prostrato nell’erba, gemendo, reggendosi il braccio che era stato azzannato. La manica della sua tunica era fradicia di sangue.

«Non ti ha fatto male.» Arya andò a raccogliere dall’erba Dente di leone e torreggiò su di lui, con la spada impugnata a due mani. «Non tanto.»

«No…» Joffrey emise una specie di gemito terrorizzato quando alzò lo sguardo su di lei. «No… non farmi male. Lo dico alla mamma…»

«Non toccarlo!» urlò Sansa a sua sorella.

Arya roteò su se stessa e lanciò la spada nell’aria con tutte le sue forze. L’acciaio azzurro scintillò nei raggi del sole mentre la spada girava e girava sopra il fiume. Un ultimo riflesso, poi Dente di leone svanì nell’acqua con un tonfo.

Joffrey si lasciò sfuggire un ultimo gemito. Arya corse al proprio cavallo, saltò in sella e diede di sprone, con Nymeria che la tallonava da presso.

Una volta che furono lontane, Sansa corse dal suo principe, s’inginocchiò accanto a lui.

«Joffrey» singhiozzò. Lui aveva gli occhi chiusi, il respiro affannoso. «Che cosa ti hanno fatto… che cosa ti hanno fatto. Mio povero principe. Non avere paura.» Sansa allungò una mano. «Torno a quel fortino. Vado a cercare aiuto.» Teneramente, le sue dita accarezzarono i soffici capelli biondi di lui.

Gli occhi di Joffrey si spalancarono di colpo.

«E allora vai!… Vai!» le disse con rabbia. Nel suo sguardo, Sansa Stark non vide nient’altro che odio, nient’altro che il più totale disprezzo. «E non mi toccare!»

EDDARD

«L’hanno trovata, mio signore.»

Ned si alzò rapidamente. «Uomini nostri o dei Lannister?» chiese.

«È stato Jory Cassel» rispose Vayon Poole, il suo attendente. «La bambina sta bene.»

«Siano ringraziati gli dei.» Erano giorni che lord Eddard Stark aveva mandato i suoi soldati alla ricerca di Arya, ma anche quelli della regina la cercavano. «Dov’è?» riprese. «Di’ a Jory di portarla da me. Subito!»

«Sono spiacente, mio signore» rispose Poole. «Gli uomini alla porta erano guardie dei Lannister. Quando Jory l’ha riportata indietro hanno informato la regina e Arya è stata condotta direttamente al cospetto del re.»

«Maledetta donna!» Ned si mise in movimento a passo di carica. «Trova Sansa e portala nella sala delle udienze. Potremmo aver bisogno anche della sua parola.»

Eddard Stark sentì crescere dentro di sé un furore cieco mentre scendeva gli scalini della torre. I primi tre giorni aveva condotto le ricerche di persona. Dal momento della scomparsa di Arya, non aveva pressoché chiuso occhio e quel mattino si era sentito così angosciato e indebolito, da riuscire a reggersi in piedi a stento. Adesso il furore gli ridava forza.

Mentre attraversava il cortile della fortezza, molti uomini lo chiamarono, ma lui li ignorò tutti quanti. Avrebbe voluto mettersi a correre come un pazzo, ma era il Primo Cavaliere del re, e il Primo Cavaliere del re deve conservare la dignità. Questo non gli impedì di percepire gli occhi che lo seguivano, le voci soffocate che si chiedevano che cos’avrebbe fatto.

Avevano interrotto il viaggio con una sosta forzata in un castello modesto, a mezza giornata di cavallo a sud del Tridente. I membri del convoglio reale vi si erano installati quali ospiti non invitati del signore locale, ser Raymun Darry, mentre la ricerca di Arya e del garzone di macellaio continuava su entrambe le sponde del fiume.

Non erano ospiti graditi. Ser Raymun viveva sotto i vessilli di pace del re, ma nella battaglia del Tridente la Casa Darry si era schierata con il drago di Rhaegar Targaryen. E questo né re Robert né ser Raymun l’avevano dimenticato. Uomini del re, uomini di Darry, uomini dei Lannister e uomini di Stark, tutti ammucchiati tra le mura di una fortezza decisamente troppo piccola. Le tensioni stavano avvicinandosi al punto di ebollizione.

Il re aveva requisito la sala delle udienze di ser Raymun e fu là che Ned trovò tutti quanti. La stanza era affollata, fin troppo. A quattr’occhi, Robert e lui sarebbero stati in grado di risolvere la situazione in termini amichevoli, ma non era questo il caso.

Robert, espressione contratta, corrucciata, era verso il fondo della sala, stravaccato sull’alto scranno di ser Raymun. Cersei Lannister e il loro figlio Joffrey erano in piedi al suo fianco. La regina teneva la mano su una spalla di Joffrey, il cui braccio era avvolto da una spessa fasciatura di bende di seta.

Arya era immobile al centro della sala, assieme al solo Jory Cassel. Tutti gli occhi erano puntati su di lei.

«Arya» disse Ned a voce alta. Poi andò da lei, gli stivali che echeggiavano sonori sul pavimento di pietra. Nell’istante in cui lo vide, lei mandò un grido e scoppiò in singhiozzi. Ned mise un ginocchio a terra di fronte a lei e la prese tra le braccia.

«Padre… mi dispiace…» Ned sentì che sua figlia stava tremando. «Mi dispiace… mi dispiace…»

«Lo so.»

Era così minuta tra le sue braccia, una ragazzina tutta pelle e ossa. Chi poteva credere che fosse stata in grado di creare tanti e così gravi problemi?

«Sei ferita?»

«No.» Il viso di Arya era coperto di sporco e le lacrime vi avevano tracciato sinuose linee rosa. «Fame, un po’. Ho mangiato bacche, ma non c’era altro, là fuori.»

«Molto presto sarai nutrita.» Eddard Stark si raddrizzò e fronteggiò il re. «Qual è il significato di tutto questo?»

Il suo sguardo spaziò per la sala, alla ricerca di facce amiche, ma con le sole eccezioni di quelle dei suoi uomini, non ne trovò. Ser Raymun Darry non lasciava trasparire nulla. Il mezzo sorriso di lord Renly Baratheon poteva significare qualsiasi cosa. Il vecchio ser Barristan, comandante della Guardia reale, appariva giustamente austero. Gli altri erano tutti uomini Lannister, tutti ostili. L’unico aspetto positivo di quel cupo consesso era che mancavano sia Sandor Clegane sia Jaime Lannister, entrambi impegnati nelle ricerche a nord del Tridente.

«Per quale ragione non mi è stato subito riferito che mia figlia era stata ritrovata?» La voce di Ned era decisa. «Perché non sono stato immediatamente convocato qui?»

Si era rivolto a Robert Baratheon, ma fu Cersei Lannister a rispondere: «Come osi rivolgerti al tuo re con un simile tono?».

«Quietati, donna.» In qualche modo, re Robert riemerse alla realtà. «Mi dispiace, Ned. Non è mai stato mio intento spaventare la ragazzina. Ma portarla qui e risolvere la questione al più presto mi è parsa la miglior cosa da fare.»

«E di quale questione stiamo parlando?» La voce di Ned Stark era glaciale.

«Come tu ben sai, Stark» si fece avanti la regina «questa tua figlioletta ha attaccato mio figlio! Lei e quel suo… garzone di macellaio. E quella specie di belva feroce che la tua figlioletta si porta sempre dietro ha cercato di strappargli via un braccio.»

«Non è vero» esclamò Arya ad alta voce. «Gli ha solo dato un morso, uno piccolo. Lui stava facendo del male a Mycah.»

«Joff ci ha detto come sono andate le cose» replicò la regina. «Tu e il tuo macellaio l’avete percosso con dei bastoni mentre tu gli aizzavi contro il lupo.»

«Le cose non sono andate per niente così.» Arya era di nuovo sulla soglia del pianto. Ned le mise una mano sulla spalla.

«Invece sì!» sbraitò con tono petulante il principe Joffrey. «Mi sono venuti contro, tutti assieme! E lei ha gettato Dente di leone nel fiume!» Mentre parlava, il principe non degnò mai Arya di uno sguardo. A Ned questo non sfuggì.