Quasi suo malgrado Phil si accorse che poteva alzarsi e seguirla. Si sentiva quasi calmo. — Come siete riuscita a premere il bottone dall’interno?
— L’ho tenuto schiacciato con del nastro adesivo, sono entrata e ho chiuso la porta. La piattaforma non si muove se una delle porte dei piani superiori è aperta.
— A proposito, come vi chiamate?
— Mitzie — disse lei. — Mitzie Romadka.
— Io Phil. Phil Gish.
Lei lo condusse in un garage immerso nell’ombra, pieno di macchine di lusso tutte decorate, chiuse in box simili a celle di prigione. Più avanti c’era una rampa che portava verso l’alto. Mitzie premette un segnale in codice di un cancello che proteggeva una piccola coupé nera completamente priva di fronzoli.
— Ha un’aria molto innocente, vero? — osservò lei. — Era di un becchino. — Saltò dentro. Lui alzò le spalle con rassegnazione e la seguì. Constatò, senza particolare sorpresa, che lei aveva indossato una maschera da sera nera che le copriva tutto il viso. — Non è mia — spiegò. — La tengo nascosta per conto di Carstairs e della banda. È roba che scotta.
Con questa rassicurante osservazione si diresse verso la rampa, mentre il piccolo motore elettrico della macchina ronzava sommessamente. Il portone si aprì automaticamente. Si ritrovarono fuori, nella luce spettrale dello specchio al sodio. Avevano quasi raggiunto il livello stradale quando una grossa auto si fermò proprio davanti a loro, bloccando per tre quarti l’uscita. Ne balzarono fuori due uomini, mentre un terzo, di cui Phil riuscì a scorgere soltanto le gambe e la pancia rotonda, corse loro incontro con andatura ondeggiante.
— Sta’ a sentire, se questo è un altro falso allarme… — sentì che diceva uno degli uomini dentro l’auto con tono scettico.
— Non essere assurdo — disse seccamente un altro, e Phil riconobbe la voce del dottor Romadka. — Ti ripeto che ha parlato di un gatto verde.
In quel momento l’analista voltò la testa e vide Phil che lo guardava con occhi spalancati.
— Eccolo! È lui!
Il grido rabbioso del dottore venne coperto dallo stridìo dei pneumatici, mentre Mitzie lanciava l’auto nello stretto passaggio tra il muro della rampa e la macchina dei nemici. I paraurti dei due veicoli si agganciarono, si staccarono con un rumore stridente, ma alla fine si ritrovarono sulla strada, prendendo lentamente velocità. Phil si guardò alle spalle.
— Sono risaliti — disse a Mitzie. — Stanno girando.
— L’avevo detto io che eri importante — mormorò lei sotto la maschera, ancora incredula. — Forza allora! — E improvvisamente infilò la macchina in una piccola rampa che conduceva verso il basso — Ehi, c’è scritto Solo uscita! — guaì Phil.
— È proprio per questo che l’ho presa — disse lei seccamente.
Lui chiuse gli occhi mentre la macchina correva all’ingiù, ma quella sera gli dèi sembravano più inclini alla generosità.
Quando la macchina si fu raddrizzata, Phil riaprì gli occhi. Si trovavano al livello stradale sotterraneo, dove brillavano i gialli lampioni al sodio e stavano avanzando a discreta velocità. Ancora una volta Phil si guardò alle spalle.
— Ci hanno seguiti — disse con stupore, misto forse a un po’ d’orgoglio.
— Sei davvero importante — mormorò Mitzie scuotendo la testa. — Bene, questo topolino non è stato certo fatto per battere quel rinoceronte. Preparati per l’accelerazione, e prega che le auto nei prossimi dieci incroci siano al posto giusto.
Phil si sentì schiacciare contro il sedile di gommapiuma su cui aveva appoggiato la nuca. Proprio dietro di loro apparve un bagliore rossastro. La macchina inseguitrice rimpicciolì rapidamente. Voltandosi con difficoltà, si accorse che le luci al sodio si erano trasformate in una striscia gialla. L’auto schizzò di fronte a un autocarro che stava sbucando da una strada laterale. A quella velocità tutto sembrava fermo. Alcuni isolati più avanti saettarono fra due auto, anch’esse apparentemente immobili. Il bagliore rosso si spense. Presero un’altra rampa segnata SOLO USCITA e sbucarono nella gialla notte spettrale. Presero un’andatura molto meno spericolata e girarono quattro angoli uno dopo l’altro.
— Questo dovrebbe bastare — disse Mitzie con professionale noncuranza. Phil annuì debolmente.
— Carstairs ha fatto montare il servorazzo ieri — spiegò lei. — Non era del tutto sicuro che l’allineamento fosse perfetto. Un bel trucco, vero? È molto utile se per esempio hai appena svuotato un robot venditore e ci sono tre macchine della polizia che ti puntano addosso, e magari anche un elicottero sulla testa. È molto più utile di una cortina fumogena. Vedrai.
— Ho già visto — l’assicurò Phil con un brivido, ma un po’ distrattamente.
— Questo era niente — disse lei con disprezzo. — Il bello è quando hai appena fatto un colpo e ti stanno beccando. Allora sì che c’è da divertirsi. Vedrai, ti dico. Sai una cosa, Phil, mi piaci. Sei spaventato a morte, però stai al gioco. Sono sicura di poter persuadere Carstairs a lasciarti entrare nella banda.
Phil rabbrividì di nuovo, ma la sua mente era altrove. Né i passatempi criminali di Mitzie Romadka, né la sua improvvisa amicizia riuscivano a risvegliare il suo interesse. Con lo sguardo fisso sulla strada colorata di giallo, pensava a Lucky e a come si era sentito quando il gatto era con lui.
Improvvisamente si riscosse. — Cos’era quel gatto verde, a proposito? — stava chiedendo Mitzie con indifferenza. — Uno smeraldo intagliato o la parola d’ordine di una società segreta?
Phill scrollò le spalle.
— Bene, dimentichiamocene allora — disse lei — e divertiamoci un po’. — Spinse al massimo la velocità del motore elettrico e passò un semaforo rosso che emise un guaito di protesta. I suoi occhi brillavano malignamente dietro il pizzo nero della maschera. Il suo respiro si fece più affrettato, la voce eccitata. — Carstairs ha individuato una serie di robot venditori. Gli saltiamo addosso e li sventriamo: uno, due, dieci! Saltate, sorelle, saltate!
Quest’ultima, esuberante osservazione, era rivolta a due donne avvolte in mantelli in bilico su piattaforme luccicanti, e venne accompagnata da un insidioso tuffo della macchina verso di loro. Fecero appena in tempo a rifugiarsi sul marciapiede, dove caddero sulle ginocchia, gridando. Mitzie tubò felice.
Come se si svegliasse da un sogno Phil improvvisamente esclamò: — No! Non voglio averci niente a che fare! Potete lasciarmi al 3010 della Opperly Avenue, livello superiore — aggiunse.
Lei, una volta tanto, lo guardò con una certa curiosità, perfino con sorpresa. — Va bene — disse dopo un po’ — ti accontenterò, se non altro per come mi sono divertita a vedere la faccia che hai fatto quando ho chiuso la porta del montacarichi. — Fece una strettissima conversione a U, contro tutte le norme del codice. Senza neppure guardarlo disse rudemente: — Non cerco mai di investire i vecchi, sai. Non hanno abbastanza ormoni, non c’è divertimento. Quelle due ragazze invece erano uno spettacolo.
Lui non fece commenti. Per un po’ proseguirono in silenzio. Poi Phil si rese conto vagamente che Mitzie gli lanciava delle occhiate.
— Se ti riuscisse di raccogliere un po’ di coraggio e cambiassi idea — disse lei irritata — potrai trovarci al Tan Jet, sul tardi.
Ancora una volta Phil rimase zitto. Lei continuò a bassa voce: — La notte è l’unico momento in cui si può vivere, sai; almeno in questo secolo. Ci hanno portato via le giungle, e il mare aperto e le autostrade, perfino lo spazio e l’aria. Hanno abolito metà della notte. Hanno cercato di sottrarci anche il rischio. Ma noi l’abbiamo ritrovato nelle città; noi che abbiamo fegato e odiamo le pecore! Bene, eccoci al 3010 della Opperly — aggiunse, bloccando la macchina.