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— E come penseresti di entrare, visto che di notte è chiuso? — lo incalzò Carstairs ironicamente.
Per tutta risposta, Phil sollevò le sopracciglia con aria di sfida e spinse la porta del ristorante. Li precedette altezzosamente, mentre Llewellyn esaminava la serratura.
La lunga sala era molto buia. C’era un odore pesante di sudore, di liquore e di cibi vecchi; a Phil sembrava perfino di poter individuare quello del coniglio bruciacchiato di Juno. Otie annusò con aria famelica, tirando il guinzaglio. Phil si diresse con sicurezza fra il bancone e i separé. Si sentiva particolarmente contento di sé, perché Mitzie, durante il tragitto, aveva trovato l’occasione di chiedergli l’indirizzo.
— Va bene, va bene — sentì Carstairs sussurrare a Llewellyn — la serratura era stata forzata. Vuol dire che qualcuno ci ha preceduto. Terremo gli occhi aperti.
Phil aprì la porta delle scale ed esitò. Non era completamente buio.
Sentì un sibilo lieve alle sue spalle e vide un cono luminescente allargarsi. Un paio di secondi dopo i gradini cominciarono a brillare di luce lattiginosa.
Buck ridacchiò nell’orecchio di Phil. — Nebbia luminosa — spiegò con freddezza professionale. — Vai avanti. Io spruzzo.
Phil cominciò a salire, preceduto di due o tre gradini dalla luce lattiginosa che si materializzava a nuvolette. La nebbia si posò su Otie, che si mise a brillare come un fantasma. Un po’ ne rimase attaccata anche al fondo dei pantaloni e alle scarpe di Phil.
— Saremo un bersaglio visibile se dovessimo scappare e nasconderci — osservò Phil, mentre raggiungeva il corridoio che aveva percorso insieme con Juno e iniziava la salita della rampa di scale sconosciuta.
— Invece no — disse Buck ridacchiando — perché spruzzo un neutralizzatore appena siamo passati. — Diresse verso i piedi di Phil una bomboletta nerastra: si oscurarono, insieme a una parte dei gradini. Voltandosi, Phil si accorse che il bagliore lungo le scale svaniva bruscamente. Non poteva vedere né Mitzie né Carstairs né Llewellyn.
— Come fate a maneggiare due bombolette e insieme a tenere Otie? — chiese Phil.
— Diavolo, potrei anche sparare con un fucile e far funzionare una distilleria, oltre a questo — lo assicurò Buck.
Poi si accorse di un vago chiarore sopra di lui, al di là della nebbia luminosa. Anche Buck se ne rese conto e neutralizzò immediatamente la loro nebbia, compresa quella attaccata a Phil e a Otie. Phil salì cautamente gli ultimi dieci gradini, mentre il chiarore si faceva sempre più intenso, e si trovò in un corridoio curvo, immerso nell’ombra. Accorciò ancora i passi, poi si fermò.
Un paio di metri più avanti giacevano tre corpi gonfi e pelosi, ciascuno con mezza dozzina di cosi neri, lunghi e sottili come dardi, infilati nel corpo.
Riconobbe almeno due dei gatti morti. Malgrado il grottesco gonfiore, si trattava di un siamese e di un gatto a pelo corto degli Akeley.
— Attenzione! — sussurrò Carstairs, ma nello stesso istante Otie sfuggì a Buck e si gettò in avanti, per annusare il gatto più vicino, tirandosi dietro il guinzaglio. Mentre accostava il naso, la coda di uno dei dardi cominciò a ruotare con un lieve fruscio, come di piume. Otie si irrigidì, teso, senza curarsi dei richiami ansiosi del suo padrone. Il fruscio divenne sempre più intenso. Improvvisamente Otie cercò di afferrare il dardo, che però nello stesso istante si staccò dal corpo del gatto. I denti di Otie si chiusero nel vuoto. Il dardo restò sospeso in aria, a un metro dal pavimento, come una grossa vespa nera. — Che nessuno si avvicini — ordinò Carstairs raucamente. Buck cercò di raggiungere il guinzaglio, ma questo si allontanò bruscamente quando Otie, che osservava il dardo con spasmodica tensione, cambiò di scatto posizione.
Il fruscio si trasformò in un ronzio sinistro. Si udirono due zing in rapida successione, e il dardo tremolò come la fiamma di una candela colpita dal vento. Voltandosi, Phil si accorse che Carstairs stava sparando con una specie di pistola ad aria. Il dardo cominciò a muoversi su e giù, come se danzasse. Otie saltò, azzannando, come un cane a caccia di un’ape, ma il dardo si scansò.
— Torna indietro, Otie — disse Buck disperatamente. Il cane, in piedi sulle zampe posteriori, cercò di colpire il dardo con quelle anteriori. Ci furono altri futili zing della pistola di Carstairs. Il dardo tornò indietro e si fermò sopra il muso di Otie. Quando il cane aprì la bocca per azzannarlo, gli si infilò in gola.
Otie, con gli occhi e le mascelle spalancate, agitò le zampe nell’aria. Poi si rimise a quattro zampe e si lanciò a tutta velocità lungo il corridoio. Andò a sbattere contro una parete, si rialzò a fatica, ritornò tremando da Buck, finché cadde a terra e rimase immobile. A Phil sembrò che la povera creatura tirasse un respiro profondo; poi improvvisamente si sentì venire il voltastomaco, perché il coyote aveva cominciato a gonfiarsi.
— Non toccatelo! — gridò Carstairs, ma Buck si teneva ben lontano. Carstairs si avvicinò a Buck e si chinò con prudenza per osservare l’animale, mentre la frangetta gli cadeva in avanti. — Avevo sempre avuto voglia di vedere una di queste cose in azione — disse sottovoce.
— Sono chiamati missili individuali, vero? — chiese Llewellyn avvicinandosi affascinato. — Antiuomo, cioè.
Carstairs annuì. — Sono stati usati nell’ultima guerra fredda, ma se ne è saputo pochissimo. Servivano per assassinare. L’FBL e i Russi potrebbero raccontarne delle belle. Si dice che siano spinti da una piccola turbina a ioni radioattivi. Mi piacerebbe avere un rivelatore, per controllare. Naturalmente sono attirati dal calore del corpo, e poi vi iniettano un veleno.
Buck mormorò: — Otie. — Gli occhi gonfi del coyote si voltarono ancora dalla sua parte, poi divennero vitrei. Buck si rialzò sbuffando. — Era sempre stato un cane stupido — disse duramente. Mitzie, che si era affiancata a Llewellyn, fissò freddamente l’animale morto.
Phil continuò lungo il corridoio, mentre nel suo stomaco le droghe combattevano contro la nausea, tanto che il corridoio semibuio gli sembrava insieme vivido e irreale.
— Dove stai andando? — gli chiese Carstairs.
Phil alzò le spalle. — A cercare quello per cui sono venuto — rispose confusamente.
— Stai lontano dai gatti, allora — gli suggerì piano Carstairs, ma Phil stava già camminando rasente al muro.
— Come facciamo a sapere che quei missili non ci attaccheranno come hanno fatto con Otie? — Era la voce di Buck, preoccupata.
— Gli altri sono passati, no? — rispose Carstairs, irritato.
— Quali altri? — chiese Buck.
— Quelli che hanno forzato la serratura della porta e che hanno mandato avanti i gatti per attirare i missili — gli spiegò Carstairs impaziente. — A proposito, se qualche missile comincia a ruotare la coda, potete cercare di fermarlo buttandogli sopra la giacca.
Dopo i gatti morti, Phil si imbatté in una rete argentea con parecchi squarci irregolari, tre dei quali formavano un specie di porta. La rete sembrava abbastanza fitta e abbastanza forte da trattenere le vespe. Passò attraverso lo squarcio. Le estremità del filo argenteo erano fuse e arrotondate, come per un calore intenso.
Appena oltre la rete, vi era il corpo di un uomo nell’uniforme grigia della Divertimenti SpA. Stringeva ancora la pistola. Era intatto, solo che la parte superiore della testa era rotolata a mezzo metro di distanza. Era stata tagliata di netto appena sopra il naso da qualcosa di caldo. Phil si ricordò di come il raggio blu aveva tranciato facilmente la trave di metallo. Si allontanò in fretta, ma aveva appena superato un arco che fece un balzo all’indietro vedendo un grosso serpente grigio arrotolato. Poi si accorse che il serpente era un robot portiere simile al Vecchio Bracciodigomma, e alzando lo sguardo vide che era stato tagliato proprio vicino al muro.