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Una spia telefonica cominciò a lampeggiare sul quadro di controllo Billig l’ignorò. — Dov’è il gatto? — ripeté.

Ma tutto quello che Phil riuscì a pensare, mentre la jeep nera girava a ridosso del muro e Mitzie si voltava per affrontarla, fu che una cosa simile era già accaduta, nell’antica Creta, dove ragazze dalla vita sottile e dai capelli scuri come Mitzie affrontavano un toro nero, lo scansavano o volteggiavano sopra le sue corna crudeli, con il seno nudo come quello di Mitzie: la cosa più tenera del mondo contro la più terribile.

La spia continuò a lampeggiare.

La jeep uscì dalla curva, con Llewellyn e Buck che si sporgevano per bilanciarla come se fosse una barca a vela, mentre Carstairs sedeva immobile come la morte al volante. Si avventò addosso a Mitzie rombando. Lei attese finché non le fu vicino quasi come la volta precedente, poi saltò a sinistra. Immediatamente, quasi fosse sintonizzata sui suoi pensieri, anche la jeep sterzò a sinistra. Ma Mitzie, dopo il primo salto, balzò subito indietro al posto che aveva occupato prima.

Ancora una volta la jeep le passò di fianco.

— Imbecille due volte! — gridò Mitzie.

La jeep sparì sotto il balcone con una stretta curva, che fece stridere le gomme. Si udì uno schianto, poi un rumore raschiante, come se l’auto avesse sfiorato il muro senza fermarsi.

Nello stesso istante una figura dalle spalle nere e con la testa rosea sbucò da sotto il balcone, camminando rapidamente. Portava una valigetta nera. Si fermò, si chinò, appoggiò la valigetta a terra e l’aprì.

La jeep riapparve da sotto il balcone. Aveva un’andatura irregolare, ma stava acquistando velocità.

Qualcosa di verde e di piccolo sbucò dalla valigetta nera e guardò verso la jeep.

La macchina non si fermò, ma rallentò e Carstairs, Llewellyn e Buck saltarono a terra e corsero via, come se la testa verde fosse il demonio in persona. La jeep continuò ad avanzare, lentamente, a singhiozzo, verso Mitzie, simile a un animale cieco e ferito.

La figura dalla testa rosa ritornò con passi rapidi e meccanici sotto la balconata, come se non riuscisse a comprendere quello che aveva fatto, né il perché. In ritardo Phil si rese conto che doveva essere il dottor Romadka.

La spia del telefono continuava a lampeggiare.

Il gatto verde saltò fuori della valigetta e si sedette a fianco di essa.

— Paralizzatelo! — ordinò Billig a Brimstine e ad Harris.

Il gatto girò il capo e guardò curiosamente in alto.

Brimstine e Harris osservarono Billig, poi fecero un passo avanti e sbirciarono in basso, restando come pietrificati. Alle loro spalle Dora era pallida e immobile come un fantasma.

Poi anche Phil la sentì. La stessa, inevitabile onda dorata di amicizia e comprensione che aveva calmato la lotta a casa degli Akeley, ma che ora sembrava salire come una marea.

— Paralizzate quell’animale! — ripeté Billig. Le rughe, ora non più nascoste, del suo viso si stavano contraendo. Si ritrasse dalla balaustra come se non potesse sopportare l’onda d’oro.

Brimstine fece per infilare una mano sotto la giacca, invece prese il telefono. Dopo un momento disse tranquillamente: — L’incursione è cominciata, proprio come aveva detto Greeley. Gli uomini dell’FBL stanno attaccando da tutte le direzioni.

— Paralizzatelo, vi dico! Prendetelo. Può ancora salvarci — ordinò Billig, agitando freneticamente una mano di fronte al viso, come per scacciare l’onda d’oro.

Harris si limitò a guardarlo. Brimstine scosse lentamente la testa, con aria confusa.

Billig rantolando si coprì con la mano libera la bocca e le narici, come se l’onda d’oro fosse qualcosa nell’aria che si potesse respirare, e raggiunse a fatica la ringhiera. Con l’altra mano sollevò la grossa pistola, tenendola ben alta sopra la spalla.

Un’ago di luce blu scaturì dalle due estremità dell’arma, scavando dei solchi fumanti sulle due pareti opposte del garage. Billig cominciò ad abbassare con determinazione la pistola, mentre i solchi si allungavano. L’aria si riempì di un odore aspro, come di ozono. Il raggio blu fece impallidire le luci, e la stanza sembrò immersa nell’ombra.

Il gatto verde continuò a osservare Billig curiosamente, ma l’uomo evitava di guardarlo negli occhi. I muscoli della mascella e delle tempie si erano gonfiati, attorno alla mano che gli stringeva la bocca.

Il solco anteriore raggiunse il pavimento, passò zigzagando vicino a Mitzie e alla jeep sobbalzante, arrivò a tre metri dal gatto ed esitò. Si mosse in cerchio, come se avesse incontrato una barriera magica al di là della quale non poteva passare. Poi si fermò.

Jack mormorò: — Sashy aveva ragione.

Billig emise un rantolo e cominciò a lamentarsi.

Il raggio blu si spense. La pistola cadde a terra. Il lamento si trasformò in un grido strozzato e Billig barcollò. Jack si fece avanti per sorreggerlo.

Phil balzò verso il quadro dei comandi e schiacciò i bottoni che aveva visto premere da Billig. Le grate sulle uscite si sollevarono. Phil raggiunse la scala quasi ancor prima che incominciasse a muoversi, e scese i gradini attraverso strati di ozono e di dorata armonia. La jeep si era arrestata tremando a pochi passi da Mitzie, che la fissava con aria ebete, le spalle curve, come se un soffio di vento la potesse gettare a terra.

Quando le scale toccarono terra, la forza d’inerzia costrinse Phil a fare una decina di passi, ma riuscì a non cadere e a ritornare indietro di corsa. Raggiunse la zona fra il gatto verde e il punto dove i tre avevano abbandonato la jeep, e qui venne colto da un brivido di terrore improvviso e indicibile, che svanì nell’attimo stesso in cui lo provava.

Ebbe appena il tempo di chiedersi se fosse quella la ragione che aveva indotto Carstairs e gli altri a fuggire, ma già stava gridando : — Lucky! — e Lucky gli rispondeva: Prrt! Prese fra le braccia il gatto, che non fece la minima resistenza; toccò con dita tremanti la pelliccia verde, poi ritornò correndo verso Mitzie e la jeep. Al posto dello sguardo ebete, la ragazza aveva sul volto un sorriso stupito, di trionfo e di orgoglio.

La prese per un braccio e la spinse verso la jeep. — Sali! — le gridò in un orecchio. — Usciamo di qui. Guida tu.

Afferrando il volante, parve ritrovare un po’ di vita. Accese il motore mentre lui montava al suo fianco, con Lucky che gli stava aggrappato al petto. — Da che parte? — chiese con voce roca.

— Un’uscita qualunque.

Con un ronzio un po’ affannoso la jeep si avviò verso quella più vicina. Phil sentì la sensazione di pace attorno a loro allentarsi, come se Lucky si riposasse. La jeep, pur acquistando velocità, sembrava lenta come un’automobilina da bambini. Guardandosi alle spalle, Phil vide che il gruppo sul balcone era ancora immobile, come se fossero tanti robot manichini senza corrente. Tutti tranne Billig, che aveva ricominciato a muoversi alacremente.

— Prendeteli — lo udì implorare Phil con voce rotta, rivolgendosi ora all’uno, ora all’altro. — Uccideteli.

La jeep cominciò a salire la rampa.

— Dora! — si sentì Billig gridare. — Prendi il mio ortho e uccidili.

L’effetto dell’onda di pace doveva essersi attenuato, pensò Phil, perché proprio mentre la sommità del portone gli impediva la visuale, scorse la biondo-viola curvarsi e sparare.

Il raggio blu colpì il terreno dietro alla jeep, sollevando una nuvola di fumo e di frammenti di cemento. Il gatto si alzò ma incontrò l’architrave. Dora aggiustò il tiro. Il raggio si avvicinò a loro, poi venne fermato dallo spessore del muro. La rampa fece una curva e Phil vide sei uomini con l’uniforme della Divertimenti SpA. Due avevano la pistola in pugno, gli altri quattro no. Si girarono e videro la jeep. I due con le pistole le sollevarono, mentre gli altri fecero per estrarle.