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Phil stava cercando di farsi coraggio per chiedere a Opperly che cosa ne sapeva del gatto, quando udì dei passi alle sue spalle.

L’uomo che assomigliava alla ragazza con gli zoccoli era fermo al cancello. Proprio in quel momento la porta si aprì e apparve un altro uomo: aveva un’aria da studioso, e il viso che si contraeva per il nervosismo e l’agitazione. Le tasche della giacca e del panciotto rigurgitavano di microlibri, tanto da poterci fare almeno una decina di enciclopedie. Aveva anche un paio di micronotes col loro stilo, e per finire una penna stilografica. I suoi capelli erano grigi e sottili, e portava un antico pince-nez che si contraeva insieme al suo naso.

— Dottor Opperly! — esclamò con voce acuta che tradiva agitazione e contentezza insieme. — Siete arrivato al momento cruciale!

— Mi fa piacere, Hugo — rispose Opperly. — Dov’è Garnett?

Ma l’altro stava guardando Phil, il quale aveva deciso che il suo tic era permanente. In quel momento stava esprimendo una certa inquietudine mista a curiosità.

— Oh — disse Opperly con aria casuale — questo signore è Phil Gish, della stampa. — I suoi occhi ammiccarono. — Di Radioluna America. Phil, questo è il Rettore Hugo Frobister. Rettore di filosofia, il massimo grado accademico, sapete. Io sono solo un misero Dottore.

Frobister rivolse a Phil un sorriso raggiante, come se fosse un benefattore con un assegno da centomila dollari. — Felicissimo di conoscervi, signor Gish — disse. Poi estrasse con un gesto fulmineo il micronotes e appoggiò sulla sua superficie bianca lo stilo, i cui movimenti venivano riprodotti in un decimillesimo dello spazio su un nastro all’interno. — Radioluna America, avete detto?

In quel momento l’uomo al cancello si avvicinò con passi pesanti. Phil sentì una sensazione di disagio; ma il nuovo venuto rivolse loro un largo sorriso innocente che accentuò la bellezza del suo viso da fauno.

— Anch’io stampa — annunciò felice. — Presento me a voi, Dion da Silva. Molto felice.

Frobister parve sul punto di liquefarsi per la gioia, anche se l’allegria di da Silva era indubbiamente contagiosa. — Che giornale? — chiese Frobister.

Phil si accorse che Opperly stava scrutando intensamente il nuovo venuto, il quale sembrava avere delle difficoltà a capire la domanda di Frobister.

— Come che? — chiese, inarcando le folte sopracciglia.

— La Prensa — suggerì improvvisamente Opperly. — Il signor da Silva è un inviato de La Prensa.

— Sì questo. Grazie — confermò da Silva.

Phil avrebbe giurato che Opperly non aveva mai visto prima da Silva e che da Silva non aveva mai sentito parlare de La Prensa.

Frobister tuttavia accettò la spiegazione senza discutere. — Entrate, entrate, signori — disse facendosi da parte. — Immagino che prima vorrete visitare la nostra piccola Fondazione e dare un’occhiata a tutti i nostri progetti. Per avere un quadro d’insieme.

— Sono sicuro che preferiscono vedere subito Garnett e venire al sodo — disse Opperly. — A proposito, Hugo, dov’è Winston?

— A dire la verità non ho la più pallida idea di cosa stia facendo il dottor Garnett — rispose Frobister, tutto soddisfatto. — Sono successe una quantità di cose questa mattina. In tutti i progetti. Comunque dovremo fare il giro della Fondazione per trovarlo.

Opperly gettò a Phil un’occhiata di comica rassegnazione. Dion da Silva passò davanti a Phil, dispensando a tutti ampi sorrisi e dicendo: — Bello, bello. — Phil era sempre più eccitato: sentiva che stava avvicinandosi a Lucky.

15

All’interno, la Fondazione Humberford si presentava come una via di mezzo fra una tetra dimora edoardiana e un laboratorio scientifico piacevolmente disordinato. Librerie a vetri piene di libri rilegati in pelle, che non venivano aperti da anni, si trovavano fianco a fianco con moderni scaffali di microfilm. I ritratti anneriti di John Junius Humberford e dei suoi antenati guardavano dall’alto macchine per mescolare le immancabili carte di Rhine e schermi fluorescenti tridimensionali su cui decine di registrazioni di onde cerebrali, prese da diversi angoli, si univano per formare il nebuloso simulacro di un pensiero umano. Imponenti salotti, che facevano pensare a signore in crinolina che prendevano il tè, erano invece occupati da ragazze dall’espressione solenne e sommariamente vestite, con degli elettrodi applicati in una ventina di parti del corpo. Tecnici con larghi camici inciampavano in tappeti vecchi di un centinaio d’anni.

Ma quel giorno si notava un’eccitazione particolare, che faceva dimenticare la metà edoardiana della casa, e perfino il sudiciume delle pareti. Il Rettore Frobister e il suo codazzo di visitatori passavano completamente inosservati. Ragazze che pronunciavano trionfanti i nomi delle carte di Rhine fissavano nel vuoto senza vederli. Chiaroveggenti intenti a disegnare oggetti immaginati da qualcun altro tre piani più sopra, non alzavano lo sguardo dalle lavagne. Un tecnico sbucò con una grossa siringa in mano e prese dei campioni d’aria sotto il loro naso, apparentemente senza accorgersi di loro. Delle macchine collegate fra di loro ronzavano e sputavano carte.

Phil era così occupato a cercare il suo gatto verde che sentì poco o niente delle spiegazioni di Frobister, tranne alcune frasi pronunciate con voce molto acuta: — … Questa è la sua centodiciassettemilatrecentodiciottesima prova con le carte… Comunicazione telepatica con gli animali inferiori… un giorno forse potremo comprendere i pensieri di un’ameba… No, non so proprio dove sia il dottor Garnett, signorina Ames. Ora sono occupato con visitatori importanti… la telecinesi renderà antiquate le sensoradio…

Mentre saliva dietro a da Silva le scale che portavano al piano superiore, Phil cominciò a prestare più attenzione a Frobister. — Nella stanza che ora vi mostrerò — stava dicendo il Rettore — è in corso un esperimento di telepatia totale. Quando questa tecnica sarà perfezionata, sarà possibile per due individui mettere a nudo le rispettive menti, e confrontare i loro pensieri allo stato puro, per così dire.

— Bene! — intervenne da Silva.

Frobister alzò le sopracciglia, seccato per l’interruzione, prima di ricordarsi che si trattava di un giornalista. Poi continuò, sorridendo: — Nel caso in questione, tuttavia, siamo ancora a uno stadio preliminare: due individui, per mezzo di prolungate conversazioni, di scritti, di disegni, di espressioni musicali, eccetera, stanno tentando di scambiarsi i loro più segreti pensieri, fino al punto che tenderanno a diventare telepatici, come pare succeda ad alcune coppie sposate. — Quando raggiunsero il piano superiore, Frobister aveva il fiato grosso. — Per inciso — continuò — il giovanotto coinvolto in questo esperimento è uno dei nostri medium migliori, mentre la signorina è un’attrice della sensoradio, che gentilmente dedica il proprio tempo libero alla causa della scienza.

Fece una pausa, tenendo la mano sopra la maniglia di ottone della porta.

— Forse è meglio non disturbarli, Hugo — suggerì Opperly con voce un po’ affaticata, appoggiandosi al muro, ma senza mostrare altri postumi della salita. — Mi sembra un esperimento piuttosto intimo.

Frobister scosse la testa. — Come ho detto — disse, scandendo le sillabe — questi due ricercatori sono impegnati a mettere a nudo le rispettive menti.

Aprì la porta, guardò dentro, rimase a bocca aperta, e la richiuse rapidamente, ma non prima che da Silva, sbirciando al di sopra delle sue spalle, emettesse un suono di approvazione.