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— Come dicevo, le loro menti — ripeté Frobister, allontanandosi dalla porta un po’ scosso. — Forse avete ragione, dottor Opperly, meglio non disturbarli. Gli esperimenti a volte sono alquanto faticosi. — Guardò con aria apprensiva il supposto inviato de La Prensa. — Voglio sperare, señor da Silva…

— Molto bene! — lo rassicurò da Silva entusiasta.

Frobister lo guardò dubbiosamente, si riscosse e disse con rinnovata energia: — Ora, signori, non rimane che mostrarvi il nostro progetto principale: quello sul tetto. Se vorrete precedermi su questa scala a chiocciola…

— Credo che vi aspetterò qui, Hugo — disse Opperly. — Anche le visite possono essere faticose.

— Ma credo che il dottor Garnett sia sul tetto.

— Allora fallo scendere.

Mentre Phil si arrampicava sulla scala di metallo, illuminata da finestrelle circolari che si aprivano nelle pareti coperte di muffa, gli venne da pensare che Lucky quel giorno doveva aver avuto una giornata campale, avvicinando le persone nella comprensione e nell’amore, e tutto il resto. Anzi, si sentiva quasi geloso per il modo in cui Lucky stava distribuendo i suoi favori a tutti.

Dal basso gli giunse la voce cerimoniosa del Rettore Frobister. — Credo che sia utile precisare, per meglio chiarire quanto vedrete, che una delle ragioni principali che indussero J.J. Humberford a dare vita alla sua Fondazione fu la convinzione che l’umanità si sarebbe molto presto autodistrutta se non fosse intervenuta qualche potenza superiore. Perciò noi ci sentiamo in dovere di applicare quel poco che sappiamo sulla percezione extrasensoriale per raggiungere questo fine. Anche se vi fosse una sola possibilità su un milione di mettersi in contatto con una potenza superiore, da qualche parte nell’universo, la posta in gioco è talmente alta che non dobbiamo trascurare neanche questa minima possibilità. Per inciso, signori, fate attenzione al penultimo gradino. Non c’è.

Phil, che stava giusto per appoggiarci il piede, fece appena in tempo ad allungare il passo, e si trovò sul tetto. Lo specchio al sodio in orbita attorno alla Terra rifletteva la luce del Sole, ma certo non in misura tale da spiegare gli occhiali da sole che Frobister porse a lui e a da Silva.

Phil osservò le incrostazioni di verderame sulla superficie inferiore del disco concavo sopra il tetto. Ispezionò il traliccio sottile che lo so steneva e la piccola tettoia al centro del tetto. Ma Frobister li stava invitando a salire una scala che conduceva a una piccola piattaforma vicino all’orlo del disco.

Un volta raggiunta la piattaforma. Phil intuì immediatamente la necessità degli occhiali scuri. L’interno del disco era talmente lucido che perfino la luce dello specchio al sodio vi si rifletteva con un bagliore accecante. Serrò le palpebre e si infilò rapidamente gli occhiali scuri.

— Come sapete — stava dicendo Frobister — la natura esatta delle onde mentali è sconosciuta. Può darsi che esse si muovano istantanea mente, o almeno a una velocità molte volte superiore a quella della luce. Non siamo ancora riusciti a misurarla esattamente, anche se abbiamo cronometrato le trasmissioni di pensiero fra qui e Montevideo. I fattori psicofisiologici non ci hanno permesso di ottenere risultati attendibili. Può anche darsi che non si tratti di onde. E d’altra parte, è possibile che vengano riflesse e rifratte come la luce normale.

— Giusto — intervenne da Silva, che Phil, ancora abbagliato per l’occhiata data allo specchio, poteva distinguere solo confusamente.

— Voi credete che sia così? — chiese Frobister bruscamente.

Il faunesco inviato de La Prensa si strinse nelle spalle muscolose. — Solo suppongo — disse.

— In ogni modo — continuò Frobister — noi stiamo lavorando in base a questa ultima ipotesi. Questa struttura di rame è uno specchio parabolico. Le onde mentali che si originano nel suo centro focale vengono concentrate in un raggio diretto verso l’alto, verso qualunque sistema planetario si trovi in questa direzione.

— Straordinario — disse da Silva. — Spiega tutto.

— Cosa volete dire? — chiese Frobister seccamente.

— Mi inchino davanti a meraviglie di scienza — gli rispose da Silva.

Frobister annuì. — Avete ragione. Chi può sapere se il messaggio che ora viene trasmesso, questa invocazione d’aiuto di un’umanità ingannata e minacciata dalla guerra, non possa giungere, fra un giorno o fra un secolo, a una razza veramente matura e buona, che accorrerà rapidamente in nostro aiuto? A proposito, signor Gish, state attento alla ringhiera. È rotta.

Phil allontanò di scatto la mano dalla ringhiera arrugginita. — Capisco — disse a Frobister. — Ma come fanno queste onde mentali a originarsi nel centro focale?

— Osservate — disse Frobister. Strizzando gli occhi, Phil studiò la superficie abbagliante dello specchio. Da un buco posto al centro della coppa emergeva una sfera rosso-bruna che indossava un paio di occhiali dalle lenti molto scure. Le labbra della sfera si mossero e Phil udì una voce stranamente familiare che diceva: — SOS Terra. SOS Terra.

— È un medium al di sopra della media — disse Frobister con un risolino — se mi permettete la battuta. Naturalmente sta lanciando onde mentali, npn sonore, ma la voce aiuta la sua concentrazione extrasensoriale. È un tipo piuttosto eccentrico, uno studioso di religioni. Ma quasi tutti i nostri uomini migliori sono un po’ strani.

Nel frattempo gli occhi di Phil si erano finalmente adattati alla luce, e poté così vedere che la testa sudata al centro dello specchio parabolico era quella di Sacheverell Akeley. Nello stesso istante anche Sacheverell riconobbe Phil, e la sua testa abbronzata sparì d’incanto, come quella di un burattino.

— Ma cosa fa? — disse Frobister in tono duro. — Ha ancora venti minuti di lavoro. Comunque, signori, credo che abbiate visto tutto quello che vi può servire per i vostri articoli. Possiamo scendere.

Mentre Phil raggiungeva il tetto, Sacheverell Akeley lo raggiunse di corsa, con la fronte abbronzata coperta di sudore.

— Cosa fate qui? — chiese Phil immediatamente. — Come avete fatto a scappare? Dagli amici di Romadka, voglio dire.

— Se ne sono andati in gran fretta un paio d’ore dopo Romadka — rispose Sacheverell rapidamente. — Dopo una telefonata. Tra l’altro Romadka si è portato via tre dei nostri gatti. Per quanto mi riguarda, io lavoro qui da un’infinità di tempo. Ma la cosa importante — continuò abbassando la voce a un sussurro — è che Lui si trova qui, vero? Il Gatto Verde, voglio dire. Non ho mai proiettato i miei pensieri con tanta intensità, neppure verso le stelle.

Prima che Phil potesse rispondere, Frobister e da Silva li guardarono con curiosità. Phil e Sacheverell li seguirono lungo la scala a chiocciola.

Al piano inferiore trovarono Opperly immerso in una conversazione con un uomo che pareva vivere per metà fuori dal mondo. Era grasso, barbuto, e i suoi occhi sembravano in grado di vedere molto al di là delle cose che guardava. Sacheverell tirò Phil per una manica. — È Garnett. Ha poteri extrasensoriali spaventosi — gli sussurrò in un orecchio.

— Ma come lo spieghi, Winnie? — stava dicendo Opperly. — Come mai questi successi in quasi tutti i vostri progetti, così d’improvviso?

Garnett si accigliò. — Be’, c’è una circostanza insolita. Uno dei nostri tecnici dice di aver trovato degli ormoni, o una molecola proteica particolare, nell’aria del laboratorio.

— Che ormoni? — chiese Opperly.

— Non è stato facile identificarli. — Garnett esitò. — Sono incredibilmente variabili. Come camaleonti.

Opperly sorrise e ammiccò a Phil.