— Dimmi, Winnie, non avete per caso trovato un animale un po’ strano alla Fondazione questa mattina?
La mano di Sacheverell si strinse sul braccio di Phil.
Il dottor Garnett si guardò intorno perplesso. Poi alzò le sopracciglia. — Sì — disse. — Ginny Ames ha trovato un gatto verde, uno di quegli animali mutanti che vanno di moda, immagino. Era sulla porta che miagolava, stamattina. Non avevamo molto da dargli, allora lei ha provveduto con della conserva di sambuco, e sembra che gli sia piaciuta. Credo sia ancora in giro.
— Winnie, non hai ricevuto nessuna segnalazione dai servizi di sicurezza? — chiese Opperly incredulo. — O dall’FBL?
Garnett scosse la testa. — Sono almeno dieci anni che non arriva più niente. L’ESP è così poco popolare che perfino il governo si è dimenticato di noi.
— Capisco — disse Opperly con gli occhi che gli brillavano. — In questo caso non hai saputo niente di una creatura mutante, simile a un gatto verde, apparentemente dotata di incredibili poteri parapsicologici, che ha indotto parecchi alti ufficiali a fuggire in Russia, e a fare una quantità di cose altrettanto pazze? La notizia non è stata resa di dominio pubblico, ma le più alte gerarchie scientifiche e mediche hanno ricevuto rapporti sull’argomento, con l’invito a comunicare al governo tutto quello che sanno o che sentono dire. Perfino a me è stato detto qualcosa.
— C’era da scommetterlo — disse Garnett disgustato. — Salta fuori qualcosa che riguarda la parapsicologia, e consultano tutti tranne noi. — Poi guardò Opperly come uno che si svegli in quel momento. — Vorresti dire che questa creatura è la causa di tutti i risultati che stiamo ottenendo?
Opperly annuì. — Proprio così.
— Ma come? Perché…
Opperly si strinse nelle spalle. — Non lo so. Stavo solo facendo una delle mie supposizioni azzardate di cui ho parlato poco fa ai miei amici giornalisti — disse, sorridendo a Phil e a da Silva.
— Supposizioni! — disse Garnett. — Bene, lo scopriremo subito. — E si avviò lungo il corridoio, sollevando nuvolette di polvere dall’antico tappeto. — Daremo un’occhiata a questo animale e vedremo se è vero. Signorina Ames…! — cominciò a chiamare, e improvvisamente il suo viso assunse ancora quell’espressione assente, come se non si trovasse del tutto in questo mondo. Si fermò. — Lei sta pensando la stessa cosa — disse a voce bassa, ma così distante che anche Phil capì che stava usando le sue percezioni. — È d’accordo con te, Op. — La sua espressione si fece ancora più assente. — Anzi, tutti sono d’accordo. Tutti quelli della Fondazione, o quasi. — Dalla sua espressione si sarebbe detto che ormai avesse perso quasi ogni contatto con la realtà. La sua voce divenne un flebile mormorio. — Anzi, hai ragione tu.
La porta all’estremità del corridoio si aprì e apparve una giovane donna con un lungo naso che indossava un camice da laboratorio e che rivolse un cenno gentile a Garnett. Aveva gli occhi semichiusi e la fronte distesa, come se gli stesse proiettando mentalmente qualcosa. Poi si accorse dei visitatori. — Vorresti vedere questo animale verde con gli occhi del corpo? — chiese.
— Certamente, Ginny — disse Garnett e si avviò. Phil avrebbe voluto metterli immediatamente al corrente di tutto quello che sapeva su Lucky, ma da Silva lo prevenne.
— Signori — disse — penso voi capire meglio che io credevo. Spiacente sottovalutato voi. Meglio dire ora…
In quel momento Lucky emerse dalla porta in cui era entrata Ginny. Avanzò pigramente, sicuro di sé come un dio. La ragazza chiuse la porta alle sue spalle. Phil sentì il suo spirito risollevarsi d’improvviso, come sempre all’apparizione del gatto verde.
Akeley gli strinse il braccio. — È Lui!
E quasi nello stesso istante una voce imperiosa parlò alle loro spalle. — Fatevi da parte, tutti quanti.
Phil obbedì, come gli altri.
Dave Greeley era fermo in cima alle scale. L’ufficiale dell’FBL aveva un’aria efficiente, di chi sa il fatto suo, anche se i suoi capelli sembravano ancora più grigi e la sua espressione ancora più preoccupata della notte prima.
Fece un breve cenno a Opperly e disse: — Scusatemi, dottore — poi abbassò il paralizzatore fra la doppia fila di persone addossate alle pareti e premette il grilletto. Ma i suoi nervi non dovevano essere saldi come Phil aveva creduto, perché il gatto non cadde a terra. Fu invece la signorina Ames a boccheggiare stupita. — La mia gamba… Non la sento più!
Greeley fece una smorfia e riaggiustò la mira, mentre dal tappeto vicino ai piedi della signorina Ames si sollevavano nuvolette di polvere. Ma nello stesso istante Phil avvertì l’onda d’oro che emanava da Lucky. Il viso di Greeley si fece rosso e le sue dita irrigidite lasciarono l’arma, come se una mano invisibile le stesse aprendo e la pistola cadde a terra.
In quel momento un’altra voce parlò alle loro spalle, languida e sprezzante: — Non muovetevi, signori, se non volete finir male.
Dalle scale era apparsa Dora Pannes. La biondo-viola era vestita con un semplice abito grigio, e una grossa borsa le pendeva da una spalla ma sembrava ancora più bella della notte prima. La sua mano delicata stringeva un grosso ortho.
Phil non si sentì minimamente spaventato, anche se un vago ricordo cercava di affacciarsi da un angolo della sua mente. Sapeva che lei non avrebbe potuto far del male a nessuno, finché Lucky era lì. Era molto più interessato alle reazioni degli altri.
Ma, tranne una sola eccezione, non ci furono reazioni di sorta.
L’eccezione fu da Silva. Il suo sguardo era fisso su Dora Pannes con famelica adorazione.
La bionda avanzò con fare deciso, senza neppure guardare da Silva. Mentre passava a fianco di Greeley, raccolse con un gesto fulmineo il paralizzatore, poi ne prese uno ancora più grosso da sotto la giacca dell’uomo, li infilò entrambi nella borsa, e continuò a camminare verso il gatto.
Adesso comincerà a sentirla, si disse Phil.
La bionda continuò ad avanzare. Lucky la osservava con aria indifferente, poi improvvisamente saltò sul davanzale della finestra con il pelo gonfio, le orecchie tese all’indietro, ed emise un lungo sibilo rabbioso.
Nell’istante seguente Phil sentì un terrore innominabile, quale non aveva mai provato prima, come se tutto il mondo stesse per essere stritolato in un solo istante, come se il buio fra le stelle stesse scendendo su di lui per strangolarlo. Confusamente, vide che anche gli altri erano impalliditi. Guardò terrorizzato Lucky, come se il gatto si fosse trasformato in un demonio, e vide Dora Pannes che freddamente allungava una mano per afferrarlo. Il gatto cercò di evitarla, ma lei fu più veloce. Allora le balzò dritto in faccia, con gli artigli tesi. Dora, calmissima, se lo staccò dal viso e lo mise nella borsa, la richiuse e tornò indietro. Era bella e composta come quando era apparsa dalle scale. Neppure una goccia di sangue era ancora scesa dai graffi.
Mentre gli passava di fianco, da Silva la guardò con espressione istupidita. Nei suoi occhi c’era ancora l’ombra del desiderio.
— Povero scemo — disse lei, poi sparì lungo le scale.
Phil sentì il cuore che batteva dieci, undici, dodici volte, come i rintocchi di un orologio, poi si lanciò giù per le scale, mentre qualcun altro correva dietro di lui.
Raggiunse la porta d’ingresso e balzò dai gradini in tempo per vedere un’auto nera allontanarsi rombando. Greeley era al suo fianco, e abbaiava ordini in una radiolina portatile. Dalla direzione opposta spuntò a gran velocità un’altra auto. Delle fiamme rosse sprizzarono da sotto i paraurti, mentre i retrorazzi la facevano fermare di fronte al cancello. Greeley si infilò sul sedile posteriore, e Phil lo seguì.
— Puoi ancora vederli — gridò Greeley all’autista. — Usa i razzi! — Poi si rivolse a Phil. — E voi chi siete?