Выбрать главу

Daeman guardò indietro e vide i voynix superstiti, messi in rilievo dal lontano raggio azzurro, lungo la costa. «Non ci seguono?»

«Nel bacino?» disse Savi. «Nemmeno per sogno.» Rallentò il crawler a velocità più ragionevole, ma prima inforcò le lenti e spense i fari. Daeman vide che seguivano una strada liscia, color rosso argilla, fra verdeggianti campi di messi. Croci di metallo nero sporgevano sulla distesa di grano e di mais e di girasoli e di piante di lino, là fuori nel buio: impalato su ogni croce, si contorceva quello che pareva un pallido corpo umano nudo.

34

COSTA DI ILIO — INDIANA

Achille s’infuriò, ruggì, strappò la parete della tenda dove la dea Atena era scomparsa trascinando il corpo di Patroclo. Poi l’uccisore di uomini divenne pazzo.

Le guardie accorsero nella tenda. Ancora nudo, Achille sollevò il primo e lo scagliò contro il secondo. Il terzo udì un ruggito e si ritrovò a volare in aria, attraverso la parete di tela della tenda. Il quarto gettò a terra la lancia e corse a svegliare i mirmidoni per far sapere che il loro signore e condottiero era posseduto da uno spirito demoniaco.

Achille raccattò le brache, la tunica, la corazza, lo scudo, i lucidi schinieri di bronzo, i sandali e la lancia, avvolse tutto in un lenzuolo e, impugnata la spada, si aprì la strada attraverso tre pareti di tela. Fuori della tenda, rovesciò il grosso tripode lasciato acceso al centro del campo e corse al di là delle tende buie, lontano dagli accampamenti e verso il nero mare, verso sua madre, la dea Teti.

Le onde si frangevano sulla riva, solo il bianco delle creste era visibile nel buio, lì, lontano dai fuochi. Achille camminò su e giù sulla sabbia bagnata. Era sempre nudo: la corazza e le armi erano sparse sulla spiaggia. Mentre andava avanti e indietro, si tirava i capelli e gemeva forte, di tanto in tanto gridava, straziato, il nome della madre.

E Teti, figlia del dio del mare Nereo, il Vecchio del Mare, rispose al richiamo di Achille, comparve dai verdi e salsi abissi, si levò come nebbia dai frangenti e si solidificò nell’alta forma della nobile dea. Achille corse a lei come un bambino ferito e cadde in ginocchio sulla sabbia fradicia. Teti gli cullò la testa contro il seno bagnato, mentre lui singhiozzava. «Figlio mio, perché piangi? Quale angoscia ti strazia il cuore?»

Achille gemette. «Lo sai, non puoi non saperlo, Madre… Non farmelo ripetere.»

«Ero con mio padre nei verdi e salsi abissi» mormorò Teti, lisciando i capelli d’oro di Achille. «Poiché mortali e dèi dormivano, a questa tarda ora, non ho visto ciò che è accaduto. Raccontami tutto, figlio mio.»

E Achille raccontò, piangendo di dolore, soffocato dall’ira. Parlò della comparsa di Pallade Atena, degli insulti e delle parole di scherno della dea. Descrisse l’uccisione del suo amico Patroclo. «Ha portato via il suo cadavere, Madre!» gridò. Era inconsolabile. «Ha portato via il suo cadavere, così non posso nemmeno onorarlo con gli adeguati riti funebri!»

Teti gli diede colpetti sulla spalla e scoppiò in lacrime anche lei. «Oh, figlio mio, mio dolore! La tua nascita è stata amarezza. Ho generato solo sventura. Perché ti ho allevato, se la volontà di Zeus è quella di gettarti nella polvere?»

Achille alzò il viso rigato di lacrime. «Allora è davvero volontà di Zeus? È proprio Pallade Atena colei che ha appena ucciso Patroclo… non una falsa immagine della dea?»

«È stata la volontà di Zeus» pianse Teti. «E anche se non ho visto, so che è stata la dea Atena in persona a schernirti e a uccidere il tuo amico stanotte. Oh, che disgrazia che tu sia destinato a una vita non solo breve, Achille, figlio mio, ma anche rovinata dal crepacuore.»

Achille si staccò da lei e si alzò. «Perché gli dèi immortali mi hanno insultato così, Madre? Perché Atena, che per tanti anni ha sostenuto la causa degli argivi e la mia in particolare, ora mi abbandona?»

«Gli dèi sono volubili» disse Teti, con l’acqua che dai capelli ancora le colava sui seni. «Forse l’hai notato.»

Achille camminava su e giù davanti a lei, stringendo e aprendo i pugni, trafiggendo l’aria. «Non ha senso! Farmi arrivare così lontano… aiutarmi spesso nelle conquiste… solo per essere insultato adesso da Atena e da suo padre.»

«Si vergognano di te, Achille.»

L’eroe si bloccò e girò verso di lei il viso pallido e impietrito. Aveva l’aria di chi è stato schiaffeggiato con forza. «Si vergognano di me? Si vergognano del piè veloce Achille, figlio di Peleo e della dea Teti? Si vergognano del nipote di Eaco?»

«Sì» disse Teti. «Zeus e gli dèi inferiori, Atena compresa, hanno sempre disprezzato i mortali, anche gli eroi. Dal loro punto di vista, tutti voi siete meno che inserti, trascorrete una vita sgradevole, animalesca e breve; la vostra esistenza è giustificata solo dal fatto che con la vostra morte li divertite. Perciò, restandotene imbronciato nella tenda, mentre le sorti della guerra si decidono, hai irritato la figlia terzogenita di Zeus e lo stesso signore e padre Zeus.»

«Hanno ucciso Patroclo!» ruggì Achille, allontanandosi di un passo dalla dea, lasciando sulla sabbia bagnata impronte subito cancellate dalle onde di risacca.

«Ritengono che tu sia troppo codardo per vendicare la sua morte» disse Teti. «Hanno abbandonato il suo corpo a corvi e avvoltoi sulle vette dell’Olimpo.»

Con un gemito, Achille cadde sulle ginocchia. Prese manate di sabbia bagnata e si percosse il petto. «Madre, perché me lo dici ora? Se già sapevi che gli dèi mi disprezzano, perché non me l’hai detto prima? Mi hai sempre insegnato a servire e riverire Zeus. A obbedire alla dea Atena.»

«Ho sempre sperato che gli altri dèi concedessero misericordia ai nostri figli mortali» disse Teti. «Ma il gelido cuore del signore Zeus e i modi da guerriero di Atena hanno avuto la meglio. La razza umana a loro non interessa più. Nemmeno per divertimento. E i pochi immortali che difendono la vostra causa non sono al sicuro dall’ira di Zeus.»

Achille si alzò e si avvicinò di tre passi. «Madre, tu sei una dea immortale, Zeus non ti può fare nulla.»

Teti rise senza allegria. «Il Padre può distruggere qualsiasi cosa e uccidere chiunque voglia, figlio mio. Perfino un immortale. Peggio ancora, può esiliarci nelle tenebre del Tartaro, gettarci in quell’abisso infernale, come ha fatto col suo stesso padre Crono e con la sua piangente madre, Rea.»

«Allora sei in pericolo» disse Achille, tramortito. Barcollò come un uomo che avesse bevuto troppo o un marinaio sul ponte di una piccola nave che beccheggi nel mare in burrasca.

«Sono condannata» disse Teti. «E tu pure, figlio mio, a meno che tu non faccia l’unica cosa che nessun mortale, nemmeno l’impudente Eracle, ha mai tentato prima.»

«Cosa, madre?» Al chiarore delle stelle il viso di Achille rivelava il turbamento, mutava per emozioni che passavano in un lampo dalla disperazione all’ira e a qualcosa più dell’ira.

«Abbatti gli dèi» bisbigliò Teti e le sue parole furono appena percettibili nel fragore della risacca. Achille si avvicinò, piegò la testa come se non credesse alle proprie orecchie. «Abbatti gli dèi» bisbigliò di nuovo Teti. «Assali l’Olimpo. Uccidi Atena. Deponi Zeus.»

Achille arretrò, barcollando. «È possibile?»

«No, se agisci da solo» disse Teti. Bianche onde si arricciarono intorno ai suoi piedi. «Ma se porti con te i guerrieri argivi e achei…»

«Agamennone e suo fratello comandano gli achei, gli argivi e i loro alleati, stanotte» la interruppe Achille. Si girò a guardare i fuochi accesi lungo chilometri di spiaggia e poi quelli, molto più numerosi, dei troiani, che splendevano appena al di là del fossato difensivo. «E argivi e achei sono sul punto di darsi alla fuga, stanotte, Madre. Forse all’alba le nere navi saranno già in fiamme.»