Выбрать главу

La prima di migliaia di palle di fuoco — detriti della città o dell’acceleratore lineare o dell’asteroide frantumato — passò rombando a meno di un chilometro da loro, lasciando una scia verticale di fiamme e di plasma lunga quindici chilometri, rischiando di capovolgere il sonie per la violenza dello spostamento d’aria. Altri meteoriti piovvero rombando verso di loro dal cielo fiammeggiante.

61

PIANA DI ILIO

Mahnmut arrivò al Boschetto sacro proprio mentre nove alte figure nere uscivano dalla nave spaziale atterrata fra i velivoli calabrone e scendevano a grandi passi la rampa, nella turbinante tempesta di polvere creata dall’atterraggio. Le figure erano umanoidi a mo’ d’insetti, ciascuna alta circa due metri, rivestita di una lucente, chitinosa corazza di duraplast e di un elmetto che rifletteva come lucida onice il mondo intorno. Le mani e le braccia ricordarono a Mahnmut le appendici di uno scarabeo stercorario, ricurve, uncinate, munite di barbigli e di nere spine. Ciascuna creatura portava una sorta d’arma complessa, dalle molte canne, che pareva pesare almeno quindici chili.

Il capofila si fermò nel turbine di polvere e puntò direttamente Mahnmut. «Ehi, tu, piccolo moravec, questo è Marte?» La voce amplificata parlò nel linguaggio basico interlunare e giunse via onde sonore e via radio.

«No» rispose Mahnmut.

«No? Dovrebbe essere Marte.»

«No» ripeté Mahnmut, inviando a Orphu la conversazione. «È la Terra. Credo.»

L’alta figura militare scosse la testa coperta dall’elmetto, come se quella del moravec fosse una risposta inaccettabile. «Che tipo di moravec sei? Di Callisto?»

Mahnmut si tese in tutta la sua altezza di bipede. «Sono Mahnmut di Europa, ex comandante del sommergibile da esplorazione Dark Lady. Lui è Orphu di Io.»

«Non è un moravec da vuoto?»

«Sì.»

«Cosa gli è successo a occhi, sensori, manipolatori e gambe? Chi gli ha incrinato il guscio in quel modo?»

«Orphu è un veterano di guerra» disse Mahnmut.

«Dobbiamo fare rapporto a un moravec di Ganimede, Koros III» disse la figura corazzata. «Portaci da lui.»

«Koros è stato distrutto» disse Mahnmut. «Nel compimento del suo dovere.»

L’alta figura nera esitò. Guardò gli altri otto guerrieri di onice e Mahnmut ebbe l’idea che conferissero via radio. Il primo militare si girò. «Allora portaci da Ri Po di Callisto» ordinò.

«Distrutto anche lui» disse Mahnmut. «E prima di andare avanti, voi chi siete?»

Astervec, trasmise Orphu sul canale privato. Poi, sul collegamento comune, chiese: «Non siete astervec?».

Era da tanto che Orphu non comunicava con qualcuno che non fosse Mahnmut, al punto che il piccolo moravec fu sorpreso nell’udire sulla banda comune la sua voce.

«Preferiamo essere chiamati moravec della fascia» disse il capo del gruppetto, girandosi per rivolgersi al guscio di Orphu. «Dovremmo portarti a un centro di riparazioni, Vecchio.» Rivolse un segnale agli altri e alcuni moravec si mossero verso Orphu.

«Fermi» disse Orphu, con un tono sufficientemente autoritario da far fermare le alte figure. «Deciderò io quando lasciare il campo. E se mi chiami di nuovo Vecchio, ti strappo gli ingranaggi e li uso come ciondoli. Koros III era al comando della missione. È morto. Ri Po era il suo vice. È morto. Perciò il comando è rimasto a Mahnmut di Europa e a me, Orphu di Io. Qual è il tuo grado, astervec?»

«Centurione capo Mep Ahoo, signore.»

"Mep Ahoo?" pensò Mahnmut.

«Io sono un capitano di fregata» disse Orphu, brusco. «La catena di comando ti è chiara, soldato?»

«Sì, signore» rispose l’astervec.

«Informaci perché siete qui e perché pensate che questo pianeta sia Marte» disse Orphu, nello stesso tono di comando assoluto. Mahnmut pensò che la voce dell’amico, sulla banda radio, scendeva nel subsonico tanto era bassa e profonda. «Immediatamente, centurione capo Mep Ahoo.»

L’astervec obbedì e spiegò più rapidamente possibile, mentre altri velivoli calabrone ronzavano in alto e centinaia di guerrieri troiani uscivano dalla città e, scudo alzato e lancia pronta, risalivano lentamente l’altura verso il gruppo appena atterrato. Nello stesso momento altre centinaia di achei e di troiani attraversavano il portale rotondo, qualche centinaio di metri più a sud, e correvano verso i pendii ghiacciati dell’Olimpo, visibili dalla fetta di cielo e di terreno tagliata via.

Il centurione capo Mep Ahoo fu succinto. Confermò la precedente asserzione fatta da Orphu a Mahnmut (ne avevano discusso mentre passavano sopra la fascia degli asteroidi nel viaggio verso Marte) ossia che, sessant’anni terrestri prima, Koros III di Ganimede era stato inviato nella fascia dal moravec Asteague/Che di base a Pwyll e dal Consorzio delle Cinque Lune. Ma quella di Koros era una missione diplomatica, non di spionaggio. Trascorrendo più di cinque anni nella fascia, saltando da asteroide ad asteroide e perdendo nel processo gran parte della squadra di sostegno moravec gioviana, Koros aveva trattato con i capi dei bellicosi clan astervec e aveva esposto le preoccupazioni degli scienziati moravec dello spazio gioviano circa il rapido terraforming di Marte e i primi segni di attività quantica rilevati su quel pianeta. Gli astervec avevano chiesto chi fosse responsabile di quei pericolosi tunnel quantici… post-umani della Terra? Koros III e i moravec della fascia avevano convenuto di definirli EMS: Entità Marziane Sconosciute.

Gli astervec erano già preoccupati, più per l’evidente (e impossibile) terraforming di Marte che per l’attività quantica, non facilmente rilevabile dalla loro tecnologia. Pronti allo scontro e animosi per indole, avevano già inviato sei flotte di navi spaziali a compiere il salto relativamente breve fino a Marte. Nessuna astronave era tornata né era sopravvissuta alla traslazione in orbita marziana. Qualcosa sul Pianeta Rosso o quello che fino a poco tempo prima era stato il Pianeta Rosso (gli astervec non avevano idea di che cosa fosse) distruggeva le flotte prima dell’arrivo in orbita.

Con diplomazia, astuzia, coraggio e qualche combattimento a singoiar tenzone, Koros III si era guadagnato la fiducia dei capi dei clan astervec. Il moravec di Ganimede aveva spiegato il piano del Consorzio delle Cinque Lune: per prima cosa, nel prossimo mezzo secolo gli astervec avrebbero progettato e bio-prodotto specifici moravec da combattimento, usando come base di riproduzione il loro DNA astervec già irritabile per natura. Sarebbero stati anche responsabili della progettazione e costruzione di progrediti velivoli da combattimento nello spazio e nell’atmosfera. Nel frattempo gli scienziati e ingegneri moravec delle Cinque Lune, dalla tecnologia più progredita, avrebbero spostato tecniche d’avanguardia dal loro programma interstellare alla costruzione di uno scavatore quantico e stabilizzatore di wormhole. Al momento opportuno, quando l’attività quantica su Marte avesse raggiunto livelli allarmanti, Koros stesso avrebbe guidato un piccolo contingente di moravec dello spazio gioviano, con la missione di giungere inosservati sul Pianeta Rosso. Una volta su Marte, Koros avrebbe sistemato lo scavatore quantico al vertice dell’attuale attività TQ, stabilizzando non solo i tunnel quantici già in uso da parte delle EMS, ma aprendo nuovi tunnel per la fascia degli asteroidi, dove altri congegni progettati dai moravec delle Cinque Lune erano in attesa del suo segnale maser per entrare in funzione.

Infine gli astervec avrebbero inviato su Marte, per mezzo dei tunnel quantici, le loro flotte e i loro combattenti e avrebbero affrontato, identificato, sopraffatto, soggiogato e interrogato le Entità Marziane Sconosciute ed eliminato la minaccia al sistema solare derivante dall’eccessiva attività quantica.