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Daeman annuì. «Come mai non c’è corrente e i nodi fax funzionano ancora? Dove sono i voynix? Che cosa sta succedendo?»

«Non lo sappiamo» rispose Harman. «Ma la pioggia di meteoriti non è… come l’ha chiamato, Prospero?… un evento di estinzione della specie. Di questo dobbiamo rallegrarci.»

«Sì» disse Daeman, ma in realtà pensò: "Allora Prospero e Calibano e la morte di Savi erano reali… non era tutto un sogno?". Mosse di nuovo il braccio destro e il dolore rispose alla sua domanda.

Entrò Hannah, vestita di una semplice camicia da notte bianca. Pareva avere una leggera peluria sul cuoio capelluto. La sua faccia sembrava più umana e più viva sotto tutti gli aspetti.

La ragazza si accostò a Daeman, attenta a non toccargli il braccio, e si chinò a baciarlo con fermezza sulle labbra. «Grazie, Daeman, grazie» disse. Gli porse un piccolo nontiscordardimé raccolto nel prato. Daeman lo prese con impaccio nella sinistra.

«Di niente» disse. «Mi è piaciuto, il bacio.» Era sincero. Come se lui, Daeman, il più zelante tombeur de femmes del mondo, non fosse mai stato baciato prima.

«Ecco una cosa interessante» disse Hannah, svolgendo un lino che teneva nell’altra mano. «L’ho trovato giù, accanto al vecchio tavolo di quercia. Non funziona più. Ne ho provati altri due. Niente. Anche i lini hanno smesso di funzionare.»

«Forse la battaglia fra greci e troiani si è conclusa» disse Harman. Si mise sulla fronte il lino con il ricamo di microcircuiti e poi lo gettò da parte. «Forse la storia del lino è terminata.»

Odisseo, che guardava dalla finestra il cielo azzurro e il prato verde, si girò verso gli altri. «Non credo» disse. «Penso che la vera guerra sia appena iniziata.»

«Sai qualcosa del dramma?» chiese Hannah. «Mi pareva che avessi detto di non avere mai usato il lino.»

Odisseo si strinse nelle spalle. «Savi e io abbiamo distribuito i lini quasi dieci anni fa. Ho portato il prototipo da… da molto lontano.»

«Perché?» chiese Daeman.

Odisseo aprì la mano. «La guerra stava per iniziare. Gli esseri umani qui sulla Terra dovevano imparare qualcosa sulla guerra, il suo terrore e la sua bellezza. E dovevano imparare qualcosa su quei personaggi della storia… Achille, Ettore, gli altri. Perfino me.»

«Perché?» chiese Hannah.

«Perché la guerra sta per arrivare davvero» rispose Odisseo.

«Noi non siamo parte in causa» ribatté Ada.

Odisseo incrociò le braccia. «Lo sarete. Ancora non siete in prima linea, ma la battaglia viene da questa parte. Entrerete in questo conflitto, lo vogliate o no.»

«Come possiamo entrarvi?» chiese Ada. «Non sappiamo combattere. E non vogliamo nemmeno imparare.»

«Una sessantina di ragazzi e ragazze, quelli che si sono trattenuti qui, avranno qualche nozione sul modo di combattere, nel giro di qualche settimana» disse Odisseo. «Toccherà a loro decidere se combattere o no, quando giungerà il momento. Come succede sempre.» Indicò Harman. «Che tu ci creda o no, il sonie può essere riparato. Ci ho lavorato sopra e dovrei riuscire a farlo volare fra una settimana o dieci giorni.»

«Non voglio vedere combattimenti» disse Ada. «Non voglio trovarmi in una guerra.»

«No» disse Odisseo. «Hai il diritto di non combattere.»

Ada chinò il viso, come per resistere alle lacrime. Quando mise sul letto la mano chiusa a pugno, Daeman accostò le dita a quelle di lei e le passò il nontiscordardimé di Hannah. Poi si lasciò scivolare nel sonno.

Si svegliò nel buio rischiarato dalla luna e scorse una figura seduta lì accanto. "Calibano!" pensò. D’istinto alzò il braccio destro, chiudendo il pugno, e per il dolore vide le stelle.

«Calma» disse Harman, chinandosi a sistemargli il braccio bendato. «Calma, Daeman.»

Daeman ansimava, cercando di non vomitare per il dolore. «Pensavo che tu fossi…»

«Lo so, lo so» disse Harman.

Daeman si tirò a sedere. «Credi che lui sia morto?»

Harman scosse la testa. «Non lo so. Mi sono posto domande, ho riflettuto su di lui. Su tutt’e due.»

«Su tutt’e due? Anche su Savi, vuoi dire?»

«No… cioè, sì, a Savi penso molto… ma mi riferivo a Prospero. L’ologramma di Prospero ha detto di essere solo un’eco dell’ombra o una cosa del genere.»

«Che ne pensi?»

«Pensò che fosse davvero Prospero» mormorò Harman. Si sporse più vicino. «Penso che fosse imprigionato in qualche modo nella città asteroide dei post-umani, quella che chiamava "la mia isola", proprio come vi era tenuto prigioniero Calibano.»

«Da chi?»

Harman si appoggiò alla spalliera e sospirò. «Non lo so. Di questi tempi non so un bel niente, maledizione.»

Daeman annuì. «Ci abbiamo messo un mucchio di tempo a capire che nessuno di noi sa un bel niente, vero, Harman?»

L’altro rise. Ma quando parlò di nuovo, in un bisbiglio, era serio. «Ho paura che li abbiamo liberati.»

«Liberati?» sussurrò Daeman. Un attimo prima era affamato, morto di fame, ma ora sentiva nello stomaco un blocco d’acqua gelata. «Calibano e Prospero?»

«Sì.»

«Oppure forse li abbiamo uccisi» ribatté con durezza.

«Già» disse Harman. Si alzò e strinse la spalla di Daeman. «Me ne vado, ti lascio dormire un poco. Grazie, Daeman.»

«Di cosa?»

«Grazie» ripeté Harman e lasciò la stanza.

Daeman si appoggiò ai guanciali, esausto, ma non riuscì a prendere sonno. Ascoltò i rumori della notte che entravano dalla finestra priva di vetri — grilli, uccelli notturni di cui ignorava il nome, rane che gracidavano nel piccolo stagno dietro la casa, il fruscio di foglie nella brezza — e si scoprì a sorridere. "Se Calibano è ancora vivo" pensò "è una vera vergogna. Ma anch’io sono vivo. Vivo."

Allora si addormentò, un sonno tranquillo e senza sogni, che durò finché Ada non venne a svegliarlo, un’ora dopo l’alba, con la prima vera colazione in cinque settimane.

Quattro giorni più tardi Daeman passeggiava da solo nel giardino, in una serata fredda ma bella, quando Ada, Harman, Hannah, Odisseo, Petyr e la giovane Peaen scesero dalla collina a cercarlo.

«Il sonie è di nuovo a posto» disse Odisseo. «Almeno, può volare. Vuoi assistere alla prova di volo?»

Daeman si strinse nelle spalle. «Non particolarmente. Ma vorrei sapere che cosa avete intenzione di fare, col sonie.»

Odisseo lanciò un’occhiata a Petyr, Peaen e Hannah. «Primo, vado a fare qualche giro d’avanscoperta» disse. «Per vedere i danni provocati dai meteoriti qui attorno e scoprire se la macchina mi porterà fino alla costa e ritorno.»

«In caso contrario?»

Odisseo scrollò le spalle. «Tornerò a casa a piedi.»

«Dov’è "casa"?» chiese Daeman. «E quanto ti ci vorrà per arrivarci, Odisseo Uhr

Odisseo sorrise, ma negli occhi aveva una grande tristezza. «Se solo tu lo sapessi» disse piano. «Se solo tu lo sapessi.» Seguito dai due discepoli e da Hannah, risalì la collina verso la villa.

Harman e Ada passeggiarono con Daeman.

«Cosa combina?» chiese Daeman a Harman. «In realtà.»

«Va a cercare i voynix» rispose Harman.

«E poi?»

«Non lo so.» Non aveva più bisogno del bastone, ma diceva d’averci fatto l’abitudine e adesso lo usò per colpire le erbacce tra i fiori.

«I servitori solevano estirpare le erbacce in giardino» disse Ada. «Lo farei io, ma sono troppo impegnata con i pasti e la lavanderia e tutto il resto…»

Harman rise. «Di questi tempi è difficile trovare buoni aiutanti.»

Mise il braccio intorno alla cintola di Ada. La ragazza lo fissò con uno sguardo insistente che Daeman non riuscì a interpretare, ma capì che c’era sotto qualcosa d’importante.