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Perfino allora, con la rotondità dell’infanzia ancora presente nei fianchi e nelle cosce e con i capezzoli in boccio, Ada era uno spettacolo che valeva la pena di fermarsi ad apprezzare. Chiara di carnagione (per quanto a lungo lei s’intrattenesse all’aperto, la pelle le restava sempre di un morbido avorio simile a pergamena), occhi grigi, labbra color lampone e capelli nerissimi, era il sogno di un dilettante cultore dell’eros. La moda del momento imponeva alle donne di depilarsi le ascelle, ma né la giovane Ada né (Daeman lo sperava sinceramente) la sua controparte adulta vi avevano prestato grande attenzione, né a quella né del resto alla maggior parte delle tendenze culturali. Fissati nell’alto specchio allora, e ora spillati e chiusi nella bacheca della memoria di Daeman, c’erano quel corpo ancora fanciullesco, ma già voluttuoso, candidi seni sviluppati, pelle cremosa, occhi vivaci; e tutto quel candore era sottolineato da quattro spruzzi di pelo nero: gli ondulati punti interrogativi dei capelli che lei teneva raccolti con noncuranza a crocchia — tranne quando giocava, ossia la maggior parte del tempo — le due virgole sotto le braccia e il perfetto punto esclamativo, non ancora maturato in delta, che guidava alle ombre fra le cosce.

Viaggiando sul calessino, Daeman sorrise. Non aveva idea del perché Ada, dopo tanti anni, l’avesse invitato a quella festa di compleanno né di chi si festeggiasse la Ventina, ma confidava di sedurre la giovane donna prima di faxarsi di nuovo nel suo mondo reale, fatto di feste e di lunghe visite e di relazioni casuali con donne più navigate.

Il voynix trottò senza sforzo, tirando il calessino, con il solo fruscio della ghiaia sotto i piedi e il lieve ronzio di vetusti giroscopi nella vettura. Ombre strisciarono sulla valle, ma lo stretto viale superò una cresta, colse l’ultimo bagliore del sole (bisecato, come se si trovasse sulla cresta seguente, a ovest) e poi discese in una valle più ampia, dove a destra e a sinistra si estendevano campi di basse colture. I servitori addetti svolazzavano sul campo, pensò Daeman, come tante palle da croquet a mezz’aria.

La strada svoltò a sud (alla sinistra di Daeman) e superò un ponte coperto di legno, poi risalì i tornanti di una collina più ripida ed entrò in una foresta più vecchia. Daeman ricordò vagamente d’essere stato a caccia di farfalle proprio in quella foresta, dieci anni prima, poco dopo avere visto nello specchio Ada nuda. Gli tornò alla mente l’entusiasmo per la cattura di una rara specie di vanessa antiopa nei pressi di una cascata e a quel ricordo associò l’eccitazione nel vedere la pallida carne e il crine nero della ragazza. Ripensò all’occhiata che gli aveva rivolto l’immagine riflessa nello specchio, quando il pallido viso si era alzato dal catino per le abluzioni: uno sguardo disinteressato, né compiaciuto né adirato, impudente ma non sfacciato, vagamente clinico nell’osservare il ventisettenne Daeman, impietrito dalla voglia, nel corridoio… un po’ lo stesso modo in cui Daeman aveva scrutato la vanessa antiopa appena catturata.

Il calessino si avvicinava a villa Ardis. Era buio, sotto le querce e gli olmi e i frassini quasi in cima alla collina, ma lungo la strada erano state disposte lanterne gialle e altre, colorate, si scorgevano nella foresta, forse per segnare sentieri.

Il voynix uscì dal bosco e nel crepuscolo la visuale si allargò: villa Ardis risplendeva in cima alla collina, sentieri di ghiaia bianca e strade di terra battuta si diramavano in ogni direzione e il lungo prato erboso in lieve pendio si estendeva per più di quattrocento metri dalla casa padronale a un’altra foresta; il fiume, più in là, brillava ancora per il riflesso dell’ultima luce nel cielo e a sudovest, da un valico fra le colline, si scorgevano altre alture coperte di foreste, scure, prive di luci, e poi ancora alture al di là di quelle, finché i neri crinali non si fondevano con nubi scure all’orizzonte.

Daeman rabbrividì. Si era appena ricordato che la casa di Ada si trovava nelle vicinanze delle foreste dei dinosauri, in quale continente non sapeva più. Ricordò d’essere rimasto atterrito, nella precedente visita, anche se Virginia e Vanessa e tutti gli altri lo avevano rassicurato, garantendogli che non c’erano dinosauri pericolosi nel raggio di ottocento chilometri… tutti gli altri, cioè, tranne la quindicenne Ada, che si era limitata a guardarlo con quell’espressione calcolatrice e lievemente divertita che (aveva scoperto presto) le era abituale. Quella volta c’erano volute le farfalle, per farlo uscire di casa per una passeggiata. Stavolta non sarebbero bastate. Anche se sapeva d’essere perfettamente al sicuro in compagnia dei servitori e dei voynix, Daeman non aveva affatto voglia d’essere divorato da un rettile estinto e di risvegliarsi nello spedale, con il ricordo di un simile indegno trattamento.

Il gigantesco olmo sul pendio di villa Ardis era addobbato con decine di lanterne; torce fiancheggiavano il vialetto circolare e i sentieri di ghiaia bianca dalla casa al prato. Voynix erano di guardia lungo le siepi del vialetto e al limitare del bosco scuro. Daeman vide che vicino al grande olmo era stato apparecchiato un lungo tavolo (torce dalla fiamma tremolante nella brezza serale facevano da cornice all’ambientazione festiva) e che alcuni ospiti già si radunavano per la cena. Notò anche, col solito pizzico di snobismo e di compiacimento, che gli invitati per la maggior parte indossavano ancora abiti bianco grigiastro, burnus e soprabiti da sera color terra, uno stile passato di moda da vari mesi nei più raffinati circoli che soleva frequentare.

Il voynix risalì a passi felpati il vialetto fino all’ingresso principale di villa Ardis, si fermò nella pozza di luce giallastra che scaturiva dalla porta e posò a terra le stanghe del calessino, con tale delicatezza che Daeman non sentì nemmeno un piccolo sobbalzo. Il servitore girò a mezz’aria intorno al calesse per prendere il bagaglio e Daeman scese, lieto di avere di nuovo il terreno sotto i piedi, ma sentendosi ancora un po’ stordito per il viaggio via fax di quel giorno.

Ada varcò maestosamente la soglia e scese la scalinata per dargli il benvenuto. Daeman si bloccò e sorrise come uno sciocco. Ada non solo era molto più bella di quanto ricordasse, era addirittura più bella di quanto non si sarebbe mai immaginato.

3

PIANA DI ILIO

I comandanti greci sono raccolti fuori della tenda di Agamennone; c’è una folla di spettatori interessati e la discussione fra Agamennone e Achille già s’infiamma.

Dovrei dire che questa volta mi sono morfizzato in Biante, non l’omonimo condottiero di Pilo, fra le file di Nestore, ma quello al servizio di Menesteo. Questo poveraccio d’ateniese si è appena ammalato di tifo e, anche se sopravvivrà e parteciperà alla battaglia descritta nel Libro tredicesimo, lascia di rado la propria tenda che si trova molto giù verso la costa. In quanto condottiero, Biante ha sufficiente autorità perché soldati e curiosi lo lascino passare, così posso avvicinarmi al cerchio centrale dell’assemblea. Ma nessuno s’aspetta che Biante prenda la parola nell’imminente dibattito, perciò sono tranquillo.

Mi sono perso gran parte della drammatica scena in cui Calcante, figlio di Testore e "il meno oscuro fra tutti gl’indovini" ha rivelato agli achei la vera ragione della collera di Apollo. Un altro condottiero mi mormora che Calcante, prima di parlare, ha chiesto l’immunità: ha preteso la protezione di Achille, nel caso che alla folla e ai sovrani non fosse piaciuto ciò che avrebbe detto. Achille ha accettato. Calcante ha rivelato ciò che la folla più o meno sospettava: Crise, il sacerdote di Apollo, ha supplicato che gli si restituisca la figlia presa prigioniera e il rifiuto di Agamennone ha fatto infuriare il dio.