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Harman posò la pannocchia. «Ho camminato, Daeman Uhr. Dalla costa orientale del Nord America, la Breccia corre direttamente lungo il quarantesimo parallelo fino a quella che nell’Età Perduta si chiamava Europa. La Spagna era l’ultìma nazione dove la Breccia tocca terra, credo. Le rovine dell’antica città di Filadelfia, forse la conosce come Nodo 124, la tenuta di Loman Uhr, sono solo a qualche ora di cammino dalla Breccia. Se avessi avuto coraggio e mi fossi portato provviste sufficienti, sarei potuto arrivare fino alla Spagna.»

Daeman annuì e sorrise e continuò a non avere la più pallida idea delle cose di cui quell’uomo blaterava. Prima la sconcezza di vantarsi del novantanovesimo anno, poi tutte quelle chiacchiere di paralleli e di posti dell’Età Perduta e di camminate. Nessuno camminava per più di un centinaio di metri. A che scopo? Tutto ciò che poteva interessare una persona sì trovava nei pressi di un nodo fax e le stranezze un po’ più distanti, come villa Ardis di Ada, si potevano raggiungere in calessino o in troika. Conosceva Loman, certo; di recente aveva partecipato alla festa per la terza Ventina di Ono, nella grande tenuta di Loman, ma tutto il resto del monologo di Harman gli era incomprensibile. Quell’uomo era di sicuro rimbambito nei suoi giorni finali. Be’, il fax conclusivo nello spedale e l’Ascensione presto si sarebbero presi cura di lui.

Daeman guardò Ada, la padrona di casa, augurandosi che intervenisse per cambiare argomento, ma la vide sorridere come se fosse d’accordo con ogni parola di Harman. Allora guardò lungo il tavolo, in cerca d’aiuto, ma gli altri ospiti ascoltavano educatamente, perfino con chiaro interesse, come se quelle ciance facessero parte della loro normale conversazione di provinciali a pranzo. «Ottima, la trota, vero?» disse alla donna alla sua sinistra. «La sua com’era?»

Dall’altro lato del tavolo, una donna atticciata dai capelli rossi, piuttosto avanti nella terza Ventina, posò sul piccolo pugno il triplo mento e disse a Harman: «Com’era? Nella Breccia, intendo».

Harman, ricciuto e molto abbronzato, si schermì, ma altri lungo il tavolo (compresa la giovane bionda che aveva maleducatamente finto di non sentire, quando Daeman le aveva chiesto della trota) protestarono a gran voce e lo invitarono a raccontare.

Alla fine, con un garbato gesto della mano, Harman acconsentì. «Per chi non l’ha mai vista, la Breccia è spettacolare anche dalla riva. È larga circa ottanta metri: una fenditura che corre a est a perdita d’occhio e diventa sempre più stretta verso l’orizzonte, fino a sembrare una fetta di luce incastonata dove l’oceano tocca il cielo.» Dopo una breve pausa, riprese: «Camminare nella Breccia è… un po’ strano. Dove termina la Breccia, la sabbia lungo la riva non è bagnata, non è toccata dai frangenti. All’inizio si guarda soprattutto l’uno o l’altro dei bordi; si cammina come a guado e si nota la ripida barriera d’acqua simile a una parete di vetro che separa il viandante dal moto ondoso della marea. Si prova il forte impulso di toccare la barriera, nessuno potrebbe resistervi. Spugnosa, invisibile, lievemente cedevole a una forte pressione, fredda per l’acqua dall’altro lato, ma impenetrabile. Ci si addentra su sabbia asciutta: nei secoli il fondo marino ha sentito solo l’umidità della pioggia, perciò sabbia e terriccio sono compatti, le creature e piante marine lì rimaste si sono essiccate quasi al punto da sembrare fossili.

«Nel giro di una decina di metri, le ripide pareti d’acqua ai lati si alzano di parecchio. Ombre si muovono al loro interno. Si vedono pesciolini nuotare nei pressi della barriera fra aria e mare, poi l’ombra di uno squalo, la pallida luminosità di creature gelatinose galleggianti che non si riesce a identificare. A volte le creature marine si avvicinano alla barriera della Breccia, la toccano con la testa e si allontanano in fretta, come allarmate. Dopo circa un chilometro e mezzo, la parete d’acqua è così alta che il cielo diventa più scuro. Dopo una quindicina di chilometri, le due muraglie d’acqua s’innalzano per più di trecento metri. Compaiono le stelle, nella fetta di cielo che si riesce a scorgere, anche di giorno.»

«No!» esclamò un uomo magro dai capelli biondastri, seduto in fondo, del quale Daeman ricordava il nome, Loes. «Ci prendi in giro.»

«Nient’affatto» rispose Harman. Sorrise di nuovo. «Ho camminato per quattro giorni circa. Dormendo di notte. Sono tornato indietro quando ho finito il cibo.»

«Come sapevi se era notte o giorno?» domandò l’amica di Ada, la giovane e atletica Hannah.

«Il cielo è nero e le stelle si vedono anche di giorno» disse Harman «ma le sezioni di oceano ai lati hanno tutta la gamma di colori, dal blu brillante molto in alto al nero tenebroso lungo il fondo, a livello del sentiero nella Breccia.»

«Hai trovato cose curiose?» domandò Ada.

«Navi affondate. Antiche. Dell’Età Perduta e di epoche anteriori. E una che potrebbe essere… più recente.» Sorrise di nuovo. «Ne ho esplorata una, un enorme scafo arrugginito che sporgeva dalla parete nord della Breccia, inclinato sul fianco. Sono entrato da un buco nello scafo, ho salito scalette, sono andato a nord lungo piani inclinati, usando una piccola lanterna che mi ero portato dietro, finché a un tratto in un ampio locale, credo lo chiamassero stiva, ho trovato la barriera della Breccia, dal soffitto al pavimento in pendenza, una muraglia d’acqua brulicante di pesci. Ho accostato il viso alla fredda parete invisibile e ho visto cirripedi, molluschi, serpenti di mare e forme di vita che incrostavano ogni superficie, che si cibavano le une delle altre, mentre dalla mia parte… solo aridità, vecchia ruggine. Le uniche forme di vita erano rappresentate da me e da un granchietto bianco evidentemente giunto, come me, dalla riva.»

Si alzò il vento, con uno stormire di fronde dell’alto albero sotto cui sedevano. Le lanterne ondeggiarono e la loro intensa luce giocò sulle vesti di seta e di cotone, sulle acconciature e sulle mani e sulle facce accalorate intorno al tavolo. Tutti ascoltavano, rapiti. Daeman stesso si scoprì interessato, malgrado fossero solo sciocchezze. Le fiamme delle torce nei sostegni lungo il vialetto guizzarono e sfrigolarono nell’improvvisa corrente d’aria.

«E i voynix?» domandò una giovane donna seduta accanto a Loes. Daeman non ne ricordava il nome. Emma, forse? «Sono di più o di meno che sulla terraferma? Sentinelle o mobili?»

«Niente voynix.»

Tutti, intorno al tavolo, parvero ansimare. Daeman sentì la stessa scossa provata quando Harman aveva detto di avere novantanove anni. A un tratto gli girava la testa. Forse il vino era più forte di quanto non pensasse.

«Niente voynix» ripeté Ada, in un tono non tanto stupito quanto pensieroso. Alzò il bicchiere di vino. «Un brindisi» disse. I servitori si librarono più vicino per riempire i bicchieri. Tutti alzarono il proprio. Daeman batté le palpebre per scacciare il senso di vertigine e si costrinse a mostrare un sorriso piacevole e cordiale.

Ada non pronunciò il brindisi, ma tutti (compreso, dopo un momento, Daeman) bevvero un sorso di vino come aveva fatto lei.

Il vento si era alzato verso la fine della cena ed erano giunte le nubi a oscurare l’anello-p e l’anello-e; l’aria puzzava di ozono e di pioggia che stendeva cortine sulle scure colline a ovest, perciò gli ospiti si spostarono nella villa e si divisero, per ritirarsi nella propria stanza o per svagarsi nelle varie sale. I servitori misero a disposizione musica da camera nella serra sud; la piscina racchiusa da vetrate, sul retro della villa, attirò qualche persona e un buffet di mezzanotte era già apparecchiato nella terrazza ovale della veranda panoramica al primo piano. Alcune coppie si ritirarono per fare l’amore, altre trovarono un posto tranquillo per dispiegare il "lino" e andare a Troia.

Daeman seguì Ada, che aveva accompagnato Hannah e Harman nella biblioteca del secondo piano. Se voleva portare a termine con successo il progetto di sedurre Ada entro il fine settimana, doveva trascorrere con lei ogni minuto libero. La seduzione, lo sapeva, era scienza e arte insieme: un misto di abilità, disciplina, vicinanza e occasione. In massima parte vicinanza.