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Ma catturare ostaggi, strombazzare la missione su tutti i notiziari, soprattutto… soprattutto, l’uso pubblico dell’arsenale più privato del Nido Celeste… Questo non era il modus operandi di un agente addestrato. Questo era un maledetto lavoro da dilettante. E i superiori di Miles lo avevano accusato di essere un cane sciolto… ah! Nessuno dei suoi disastri, neanche il più atroce, era mai stato tanto disastroso quanto prometteva di diventare il presente… per entrambe le parti, purtroppo. Questa deduzione sfortunatamente non contribuiva a rendere prevedibile la prossima azione del ba. Anzi.

— Milord? — La voce di Roic emerse inattesa dal comunicatore di Miles.

— Roic! — gridò Miles con gioia. — Aspetta. Cosa diavolo ci fai su questo canale? Non dovresti essere senza tuta.

— Anch’io potrei chiederle la stessa cosa, Milord — replicò Roic. — Dovevo uscire dall’altra tuta per entrare in quella da lavoro. Però adesso posso appendere il comunicatore nel casco. Ecco. — Si sentì un leggero scatto. — Mi sente ancora?

— Sì. Sei sempre nel reparto macchine?

— Sì, sono ancora qui, però le ho trovato una tuta a pressione, Milord. E una quantità di altri strumenti. Il problema è come farglieli avere.

— Stai alla larga dalle porte stagne, sono sorvegliate. Hai trovato qualche strumento da taglio, per caso?

— Sì… qui ci sono delle bombole con gli ugelli. Stavo proprio pensando che potessero servire.

— Allora portati più a poppa che puoi, poi pratica un foro nel soffitto e sali sul ponte centrale. Evita di danneggiare qualsiasi conduttura, la griglia gravitazionale e qualunque altra cosa che possa far accendere delle spie sulla consolle del ponte di comando.

— D’accordo, Milord. Pensavo anch’io che qualcosa del genere potesse funzionare.

Passarono alcuni minuti. Miles udì chiaramente il respiro affannoso di Roic, interrotto da qualche oscenità a mezza voce, mentre scopriva per tentativi come maneggiare delle attrezzature poco familiari. Un grugnito, un sibilo, un rumore metallico bruscamente interrotto.

Se Roic non fosse stato attento avrebbe potuto compromettere la pressione delle sezioni, ma questo avrebbe poi peggiorato la situazione, dal punto di vista degli ostaggi?

— Va bene, Milord — confermò Roic. — Sono riuscito a salire nel ponte centrale. Ora mi sto spostando all’indietro… ma come faccio a sapere dove si trova lei, stando qui sotto?

— Be’, cerca di arrivare al soffitto e segnalami la tua posizione. Ma fallo piano, altrimenti attraverso le paratie il rumore arriva al ponte di comando.

Miles si distese a terra, aprì la visiera del casco, e appoggiò la testa sul pavimento. Poco dopo gli pervenne una serie di leggeri colpi che pareva provenire da destra. — Spostati più verso poppa — gli comunicò.

— Ci provo, Milord. Ma non è facile arrivare al soffitto con tutte queste condutture. — Altri respiri pesanti. — Ecco. Mi sente più vicino adesso?

Questa volta i colpi sembravano provenire proprio sotto di lui. — Sì, ci siamo, Roic.

— Bene, Milord. Stia attento a dove taglio. Lady Vorkosigan sarebbe molto seccata se le affettassi qualche pezzo.

Sorridendo per la battuta, Miles si alzò, sollevò il tappeto antiscivolo, e si allontanò di qualche metro.

Le piastre del pavimento divennero gialle per il calore, poi bianche. Una sottile linea di taglio crebbe ondeggiando in cerchio fino a tornare al punto di partenza. Poi la mano guantata di Roic diede un colpo e rivoltò sul pavimento il cerchio di metallo che aveva tagliato.

Subito dopo apparve il viso preoccupato di Roic che lo guardò attraverso la visiera della sua tuta. Il buco che aveva praticato era troppo piccolo perché potesse passarci la sua possente figura, ma attraverso quella botola l’armiere riuscì a far scorrere la tuta a pressione che aveva preso per Miles.

— Ottimo, Roic — disse Miles. — Aspetta lì. Ti raggiungo.

— Milord?

Miles si strappò di dosso l’ormai inutile tuta anticontaminazione e indossò quella a pressione a tempo di record. Viste le piccole dimensioni, era inevitabile che il sistema di evacuazione dei rifiuti fosse per donne, perciò lo lasciò staccato. D’altro canto non credeva che sarebbe rimasto a lungo chiuso in quella tuta. Non stava molto bene; sentiva crescere in tutto il corpo brividi di caldo e di freddo. Si chiese se fosse l’infezione che avanzava o semplici nervi a fior di pelle.

Come aveva fatto Roic, anche lui appese all’interno del casco il suo comunicatore, poi sigillò la tuta e cominciò a respirare un’aria che nessuno al di fuori di lui poteva controllare. Quindi regolò i circuiti interni sulla temperatura più fredda.

Una volta a posto si avvicinò alla botola e scivolò dentro il buco. — Aiutami a scendere, Roic. Non stringere troppo…

— Bene, Milord.

— Lord Ispettore Vorkosigan — giunse in quel momento la voce inquieta di Vorpatril. — Cosa sta facendo?

— Ricognizione.

Roic lo calò con delicatezza esagerata sul ponte sottostante. Miles si guardò attorno poi disse: — Lì c’è l’ufficio di sorveglianza di Solian. Se c’è una consolle di controllo su questa maledetta nave che possa sorvegliare senza essere a sua volta sorvegliata, sarà lì.

Si avviarono con circospezione, ma nonostante la precauzione, il ponte scricchiolava sotto il peso di Roic.

Giunti davanti alla porta, Miles compose il codice ormai familiare che l’apriva, quindi entrò e si sedette alla consolle del tenente Solian. Prese un respiro e si chinò sui tasti.

Sì, da lì poteva intercettare dai monitor le immagini di ogni camera stagna della nave, se voleva anche contemporaneamente. Chissà se poteva ottenere una inquadratura del ponte di comando per spiare in segreto le mosse del ba?

Roic chiese, preoccupato: — Cosa sta pensando di fare, Milord?

— Sto pensando che non è possibile un attacco a sorpresa, ma dobbiamo arrivarci comunque. Non mi resta molto tempo. — Strizzò gli occhi, poi pensò al diavolo e aprì la visiera per strofinarseli. L’immagine video divenne più chiara, ma sembrava ancora vacillare ai margini. Miles non pensò neppure che il problema dipendesse dalla piastra video. Il suo mal di testa, che era cominciato con un dolore lancinante tra gli occhi, sembrava essersi esteso alle tempie, che gli pulsavano. Aveva i brividi. Sospirò e richiuse la visiera.

— Quella bio schifezza… l’ammiraglio ha detto che lei si è preso lo stesso virus dell’erm. Quella merda che ha sciolto gli amici di Gupta.

— Quand’è che hai parlato con Vorpatril?

— Subito prima di parlare con lei.

— Ah.

— Avrei dovuto essere io a usare quei controlli a distanza. Non lei. — Commentò Roic.

— No, dovevo farlo io. Conoscevo le apparecchiature.

Miles cominciò a scrutare nel monitor di sorveglianza. Okay, se Solian poteva vedere in ogni cabina, sicuramente poteva anche aver accesso al ponte di comando.

— Adesso non è il caso di recriminare, Roic. Le cose sono andate così, e comunque ci saranno per tutti molte occasioni per mostrare il nostro eroismo.

— Non intendevo questo — disse Roic, offeso.

Miles sorrise. — Lo so.

Un leggero segnale del comunicatore lo informò che Ekaterin lo stava ascoltando, senza intervenire.

La voce di Vorpatril risuonò improvvisa, dissipando la sua concentrazione.

L’ammiraglio stava farfugliando: — Quei farabutti smidollati! Quei bastardi quadrumani! Milord, quei maledetti stanno dando a quell’untore asessuato cetagandano un pilota iperspaziale!