Dovevo solo fare in modo di scegliere il momento adatto, quando Helen Martin si trovava in cortile, e la signora Parker occupata in cucina, o di sopra, intenta a tingersi i capelli o a fare confidenze al suo diabolico gatto. Non potevo fare a meno di pensare che era una fortuna per lei aver sposato un uomo sufficientemente ricco da mantenerla anche dopo averla lasciata vedova.
Il momento adatto si presentò in un torrido pomeriggio di agosto. Non soffiava un filo d’aria, e là in fondo, di fronte al punto dove io avevo cominciato a dondolarmi, c’era la signora Martin, all’ombra di un cespuglio di lillà, che si faceva ombra agli occhi con le mani, e mi guardava.
Di solito, la gente non si fa ombra con tutt’e due le mani. Così facendo, il bagliore viene completamente attenuato, ma è un gesto che attira l’attenzione. A meno che non lo si faccia apposta per sembrare originali. Provate e vedrete. Un pollice su ciascuno zigomo, e le altre dita che si incontrano a metà della fronte.
È il modo migliore per difendere gli occhi dal sole, questo è vero, ed Helen Martin si sforzava di fare sempre i gesti che le varie circostanze esigono. Così io l’avevo colta ancora una volta in errore, perché quel gesto non viene spontaneo a nessuno, credetemi.
Rimase a fissarmi così un paio di minuti, prima di incamminarsi sul prato per venirmi incontro. Smisi di dondolarmi e aspettai che si fosse avvicinata abbastanza per parlarmi senza dover gridare. In un certo senso, quello fu un momento esaltante per me Mi batteva forte il cuore, e sebbene fosse un gesto sciocco e insensato, diedi una pacca al cancello e sorrisi come un ebete.
Sapevo alla lettera quello che m’avrebbe detto.
— Sei Bobby Jackson, vero? — disse. — Il figlio del banchiere?
Altro piccolo errore. Avrebbe dovuto dire: “Sei il figlio di Jackson, vero? Ti ho visto ieri in banca, che parlavi con tuo padre” o qualcosa del genere. Quel “figlio del banchiere” seguito dal punto di domanda non suonava bene. Forse sottilizzò troppo, ma… be’, è lo stesso che chiedere: “Sei il figlio del fornaio, vero?” Il fornaio, il ciabattino, il fabbricante di candele. Tutti, in città, hanno un determinato lavoro, come nel Medioevo.
Era proprio il tipo di domanda che un visitatore proveniente da Marte o da Venere, e ignaro del modo di vivere americano del ventesimo secolo, avrebbe ritenuto logica, in quanto la maggior parte delle società più complesse hanno attraversato, storicamente, lo stadio delle corporazioni medievali d’arti e mestieri.
Ma, naturalmente, non le feci capire che avevo notato il suo errore. Allargai un po’ il sorriso ebete e dissi: — Sì, signora Martin, sono Bobby Jackson. Io… io non volevo dondolarmi così forte sul cancello.
A questo punto lei sorrise. Il sorriso mi colse di sorpresa perché era tanto amichevole e caldo. Un sorriso senza errori. Un sorriso assolutamente umano. Per qualche istante la sua faccia non mi sembrò più strana.
— Avrei dovuto immaginarlo — osservò. — Sei quel tipo di ragazzo che non sa resistere davanti a un cancello come questo. Te lo si legge in faccia.
— Di solito non lo faccio — risposi. — Ma ero curioso di sentire se cigolava, dondolandomi avanti e indietro, come succede di solito ai cancelli vecchi. E questo è indubbiamente vecchissimo. Arrugginito e molto pittoresco.
Era la risposta giusta… o così almeno speravo. “Pittoresco” è una parola usata raramente dai ragazzi di quattordici anni, ma volevo che mi giudicasse un ragazzo alquanto precoce. Non troppo, ma sveglio e attento. Diverso dagli altri di quel tanto che bastava per destare il suo interesse e farle desiderare di conoscermi meglio.
— Capisco perfettamente — disse. — Non devi scusarti. In verità, quel cancello ha affascinato anche me dal momento che l’ho visto. Sono sicura che anche mio marito ci si dondolerebbe, se non fosse così sciocco da temere di perdere la sua dignità. Bobby, vuoi entrare a bere una limonata fresca? Fa molto caldo, oggi.
Formulai una risposta con estrema cura. I ragazzi di quattordici anni non badano troppo al parlare forbito, e usano spesso qualche espressione di gergo. — Signora Martin, mi sfagiolerebbe proprio. Se non è una scocciatura per lei.
— Nessuna scocciatura, Bobby. Ne ho una caraffa già pronta. Mio marito preferisce il vino chiaretto diluito con acqua, ghiaccio e molto zucchero. Ma la limonata è migliore.
Si voltò, e io la seguii dentro casa. L’interno era fresco e spazioso. Se l’arredo fosse stato scelto da uno specialista del ramo, non avrebbe potuto far meglio.
La seguii in cucina dove c’era la limonata, dentro una grossa caraffa con un doppio beccuccio.
— Siediti, Bobby — mi disse — mettiti comodo.
Mi sedetti al tavolo di cucina, e lei riempì due bicchieri fino all’orlo. Altro errore. Non si riempiono i bicchieri a quel modo, a meno di non essere un po’ nervosi. Ma lei maneggiava la brocca con mani ferme. Il bicchiere era troppo pieno, e nel sollevarlo avrei rovesciato un po’ di limonata, ma, a quanto pare, lei non ci aveva pensato.
Un’idea pazzesca mi balenò nel cervello. Cosa mi avrebbe detto adesso? “Ecco a te, Bobby”? o “Hai un bruscolo in un occhio”?
La sua voce dissolse la ridicola piega che stavano prendendo i miei pensieri. Quando ci si trova in uno stato di tensione, capita di distrarsi e di correre dietro i propri pensieri come si fa quando si ripetono versi privi di senso. Come quelli di “Alice”, per esempio. Ma lei stava dicendo: — Non c’è niente che rinfreschi, in una giornata torrida, come una bibita ghiacciata. Non trovi, Bobby?
Annuii, e lei tornò a riempirmi il bicchiere, ancora fino all’orlo. Ero di nuovo attentissimo, e non le toglievo gli occhi di dosso un istante.
A questo punto devo confessarvi una cosa che forse vi stupirà anche se non ne vedo il motivo. Qualsiasi psicanalista valga i suoi venti dollari all’ora sa che a tredici o a quattordici anni un ragazzo normale comincia a comportarsi come un adulto nei riguardi del sesso. Un ragazzo di quattordici anni non deve avere un quoziente d’intelligenza di 150 punti per sentirsi turbato alla vista di una bella donna che gli sta vicino e si muove con grazia.
È un’età in cui si comincia ad accorgersi del sesso, in cui i sensi si svegliano.
Una donna di trenta, trentacinque anni può sembrar quasi vecchia a un ragazzo della mia età, ma il turbamento rimane comunque. E quando Helen Martin mi venne vicino io lo provai così intensamente come se avessi avuto venticinque anni. Avevo la sensazione che lei non avesse intenzione di sedurmi, anzi, non aveva neanche la minima idea di quel che mi stava passando per la testa. Con uno sforzo, dominai il turbamento, perché se quel che sospettavo era vero, e lei non era un essere umano, sarebbe stato pericoloso per me mischiare il sesso alle indagini che volevo approfondire.
Continuai a fissarla, studiando la sua espressione, perché sapevo quanto fosse importante scoprire cosa mi nascondeva. Se lo spettacolo che avevo dato dondolandomi sul cancello non era riuscito a ingannarla, l’avermi invitato a entrare in casa era stata una mossa molto intelligente da parte sua. L’unico modo per indurmi a parlare liberamente era di convincermi della sua sincerità. Facendomi delle domande in modo amichevole aveva una buona possibilità — così almeno doveva avere pensato — di indurmi ad abbassare la guardia.
Continuai a fissarla, e fu allora che mi resi conto del mio madornale errore: lei stava fissando me.
Non distolse gli occhi dalla mia faccia nemmeno quando sollevò un’altra volta la caraffa per versarmi un secondo bicchiere di limonata. Io non mi resi conto della potenza ipnotica del suo sguardo fino al momento in cui cercai di distogliere gli occhi, e mi accorsi che non potevo farlo.